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Cimitero dei feti a Flaminio, 415mila euro di multa in totale per il Comune di Roma e Ama: “No ai nomi delle madri sulle croci”

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Il caso è emerso ad ottobre 2020, quando si è scoperto che a Roma, nel cimitero dei feti a Flaminio, su ogni croce è scritto il nome della mamma. 

Il Garante privacy ha sanzionato per 176mila euro Roma Capitale e per 239mila euro Ama, società in-house cui è affidata anche la gestione dei servizi cimiteriali, per aver diffuso i dati delle donne che avevano affrontato un’interruzione di gravidanza, indicandoli su targhette apposte sulle sepolture dei feti presso il Cimitero Flaminio. Invece l’ammonimento per la Asl Roma 1.

“Non solo i dati sull’interruzione di gravidanza rientrano tra i dati relativi alla salute, di cui è vietata la diffusione, ma la legge 194 del 1978 prevede un rigoroso regime di riservatezza”, ha chiarito il Garante.

Il caso è emerso ad ottobre 2020, quando si è scoperto che a Roma, nel cimitero dei feti a Flaminio, su ogni croce è scritto il nome della mamma. 

Usare il nome di fantasia

Una soluzione, indicata anche dal Garante, è quella già usata in un altro cimitero dei feti della Capitale, a Laurentino il “Giardino degli Angeli”, inaugurato nel 2012, (nel 2018 è andato anche papa Francesco a pregare). 

Dietro le lapidi, tutte uguali, c’è un codice mentre davanti si potranno mettere anche nomi di fantasia. Una soluzione rilanciata anche da Key4biz.

Oltre ad aver applicato la sanzione nei confronti di Roma Capitale e Ama, il Garante ha pertanto ordinato all’Azienda sanitaria di non riportare più le generalità “in chiaro” sulle autorizzazioni al trasporto e alla sepoltura e sui certificati medico legali.

Anche l’oscuramento dei dati identificativi delle donne, la pseudonimizzazione o la cifratura dei dati

Nel provvedimento l’Autorità ha inoltre indicato alla Asl alcune misure tecniche e/o organizzative (come l’oscuramento dei dati identificativi delle donne, la pseudonimizzazione o la cifratura dei dati) che garantirebbero la possibilità di individuare con certezza il prodotto del concepimento e il luogo della sua sepoltura, senza consentire – in modo diretto – di risalire all’identità della donna.

Nell’ottica del principio di responsabilizzazione, la scelta e l’adozione delle misure compete in ogni caso alla Asl, che è tenuta a comunicarle al Garante entro 60 giorni.