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Chip in Cina. Dopo 50 miliardi in 8 anni d’investimenti, Pechino cambia la strategia per l’autosufficienza

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L'industria cinese della produzione di chip è nel caos, con almeno quattro alti dirigenti associati a un fondo statale per semiconduttori accusati di corruzione. Secondo analisti ed esperti, è una svolta esplosiva di eventi che potrebbe costringere il Paese a ripensare radicalmente a come investe nello sviluppo di chip per essere indipendente da Taiwan, Corea del Sud e Paesi Bassi (alleati degli Usa).

Gli investimenti a pioggia su progetti senza neanche basi commerciali e non solo su società specializzate in semiconduttori hanno portato a una serie di fallimenti la strategia di Pechino per accelerare la produzione di chip in Cina con l’obiettivo di essere indipendente dai fornitori esteri come TSMC di Taiwan, Samsung della Corea del Sud o ASML dei Paesi Bassi. Tutti Paesi alleati degli Stati Uniti… 

Raccolti 50 miliardi di dollari con il fondo statale per la produzione di chip, ma con pochi risultati positivi

In 8 anni, dal 2014, il governo cinese ha raccolto 50 miliardi di dollari per il settore attraverso il China Integrated Circuit Industry Investment Fund. 

L’organizzazione, scrive Reuters, ha raccolto 138,7 miliardi di yuan (20 miliardi di dollari) per il suo primo round di finanziamento e 204 miliardi di yuan (30 miliardi di dollari) per il secondo.

Le indagini per corruzione nei confronti dei big del fondo

Da luglio scorso il “Big Fund” è finito nel mirino della principale istituzione anticorruzione cinese. Dal 30 luglio è sotto indagine il suo numero 1 Ding Wenwu “sospettato di gravi violazioni della legge”.  Anche un ex dirigente dell’istituto di gestione del Big Fund è stato preso in custodia, insieme ad altri due gestori di fondi, secondo l’agenzia di stampa cinese Caixin.

La maggior parte dei media e degli analisti ha associato il caso a un gruppo di indagini sulla corruzione intorno a Tsinghua Unigroup, una società di semiconduttori in cui il Big Fund ha investito negli ultimi anni 2 miliardi, ma ha rischiato di fallire nel 2021. Il mese scorso, tre ex o attuali dirigenti di Unigroup, incluso il suo presidente da 13 anni, sono stati indagati per accuse di corruzione.

Cambia la strategia di Pechino per accelerare la produzione e indipendenza dei semiconduttori?

Queste indagini per corruzione potrebbero rivelarsi positive per l’industria dei semiconduttori cinese, scrive Zeyi Yang su MIT Technology Review, perché mette in evidenza la limitazione dei finanziamenti guidati dalla politica e possono spingere il Big Fund a essere gestito da esperti del settore con un focus sul mercato dei chip.

Istituito nel 2014, il Big Fund ha lo scopo di utilizzare il denaro del governo per costruire una catena di approvvigionamento di chip prodotti in Cina, riducendo così la dipendenza dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Il fondo incarna il modo in cui il governo cinese può sostenere un’industria strategica, in questo caso dei semiconduttori. 

Ma è stato solo nel 2019, quando gli Stati Uniti hanno impedito a Huawei di accedere ai chip realizzati con tecnologie statunitensi, che Pechino ha valuto urgente il caso. 

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