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Censis: PA Digitale al palo, utenti online cresciuti dell’1% in un anno

Pa digitale

L’Italia è in letargo, non sa progettare il suo futuro, e il processo di digitalizzazione della PA non fa eccezione, inanellando gravi ritardi rispetto agli altri paesi della Ue. E’ questa in estrema sintesi l’immagine del Rapporto Censis 2015 sulla situazione del paese, che fotografa una situazione di stallo e di lentezza a riagganciare la ripresa che investe anche il processo di transizione della Pubblica amministrazione nell’era digitale. In un anno il numero di utenti che interagiscono online con la PA è cresciuto appena dell’1%.

“In Italia il numero di utenti di internet che interagiscono via web con gli uffici pubblici attraverso la restituzione di moduli compilati online è ancora insoddisfacente (solo il 18%), sia nel confronto con la media dell’Ue (che si attesta al 33%), sia perché è cresciuto di appena un punto percentuale rispetto all’anno precedente”, si legge nel rapporto.

Anche se si considera l’intero ventaglio dei portali internet delle amministrazioni pubbliche, il nostro Paese dimostra comunque un ritardo nel panorama europeo: “ha avuto contatti con la Pa il 36% degli internauti italiani, una percentuale inferiore di almeno 20 punti rispetto ai francesi (74%), ai tedeschi (60%) e agli inglesi (56%)”, prosegue il capitolo dedicato al rapporto digitale dello Stato con i cittadini.

Tra le operazioni più frequenti figurano il pagamento delle tasse (26,3%), l’iscrizione a scuole superiori e università (21,4%), l’accesso ai circuiti bibliotecari (16,9%).

Un basso tasso di utilizzo si registra, invece, “con riferimento alle pratiche degli uffici anagrafici, visto che si va dal 10,2% di cittadini digitali che richiedono documenti personali (come la carta di identità o il passaporto) all’esiguo 1,9% di coloro che dichiarano di aver effettuato online il cambio di residenza, mentre la richiesta di certificati riguarda il 6,5% degli italiani che usano internet”.

Il dato non desta grosse sorprese, visto che le 8 mila anagrafi presenti sul territorio nazionale non parlano fra loro e le procedure online per procurarsi certificati e documenti sono quanto meno poco diffuse. Una situazione che il Governo sta affrontando con il piano Crescita Digitale, basato sul progetto SPID (Sistema pubblico di identità digitale) e con la fase pilota dell’Anpr (Anagrafe unica della popolazione residente), per creare un’anagrafe centrale valida per tutti i cittadini entro il 2017.

Una scossa è attesa con la pubblicazione del decreto sul “Pin unico”, annunciato dal ministro per la Semplificazione Marianna Madia entro fine anno, anche se il decollo dell’identità digitale parte già in ritardo rispetto ai piani.

Un’altra misura che potrebbe migliorare il quadro è la progressiva abolizione della carta dagli uffici pubblici entro il 2020, lo switch off dell’analogico chiesto in un emendamento della Legge di Stabilità al vaglio della Camera.

Il ricorso al canale digitale, prosegue il rapporto del Censis, non è significativo nemmeno per la richiesta di prestazioni di previdenza sociale (sussidio di disoccupazione, pensionamento, assegni per figli a carico, ecc.), attivato solo dall’11,9% degli utenti di internet.

Infine, “anche la sanità digitale rimane ancora indietro: solo il 16,7% degli utenti del web ha prenotato online visite mediche e il 10,6% accertamenti diagnostici. E risulta ancora molto limitato anche l’accesso al Fascicolo sanitario elettronico (7,6%)”, aggiunge il rapporto.

Va ricordato che il Fascicolo sanitario Elettronico può essere costituito soltanto con il benestare del paziente, il decreto che ne contiene il regolamento è stato varato da poco, ma per ora le regioni dove questo strumento è operativo sono soltanto quattro.

Secondo il Censis, almeno “sorprende positivamente che l’esperienza di fruizione degli sportelli pubblici online non lascia una impressione negativa nell’utenza. Infatti, solo il 9,9% degli utenti di internet che si sono relazionati online con la Pubblica Amministrazione si lamenta per la mancata assistenza, solo il 19,6% segnala disguidi tecnici, solo il 22,9% dichiara di aver trovato informazioni poco chiare o non aggiornate”.

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