Concorrenza

Causeries. Google vs Facebook: il fronte delle news nuova spina per la Ue

di Stefano Mannoni |

Il contenzioso fra l’Antitrust Ue e Google si complica con l’ingresso di Facebook nell’arena delle news.

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

La scorsa settimana è stata foriera per Google di una notizia buona e di una cattiva.

Cominciamo, come di prammatica, dalla seconda.

Facebook, come doviziosamente riportato da Key4biz entra con tutta la sua potenza di fuoco nel mercato della vendita della pubblicità visuale, esercitando una forte pressione concorrenziale proprio su Google, Lord and Master di questo segmento.

La notizia buona consiste proprio…in questa pressione concorrenziale!

Google non fa che ripetere a chiunque sia disposto ad ascoltarla che la sua posizione non è affatto dominante: né verso i concorrenti, che non trovano barriere insuperabili all’ingresso nel mercato; né nei confronti dei consumatori, i quali esercitano una olimpica facoltà di scelta tra le tante applicazioni disponibili. Donde una difficoltà per l’istruttoria aperta dall’antitrust europeo.

Come dimostrare un abuso se una posizione dominante non c’è, proprio perché insidiata oggi da Facebook, domani da chissà chi?

In America non sussiste dubbio alcuno che il problema nemmeno si ponga: la tempestosa evoluzione tecnologica, unita alla prontezza del consumatore nel coglierne i frutti, non consente la sedimentazione di monopoli.

Dal canto suo l’Europa è più costruttivista, confidando, dal caso Microsoft in poi, sulle capacità dell’antitrust di correggere il legno storto del potere di mercato, schiudendo nuove opportunità a concorrenti e consumatori.

Insomma, non crede nel determinismo e nell’escatologia tecnologica, prestando credito al talento del diritto di rettificare le distorsioni della tecnologia e la violenza del mercato in nome di una superiore assiologia.

E’ anche plausibile che il consumatore europeo sia più pigro di quello americano e debba quindi essere aiutato a svoltare, quando le sue propensione diventano pericolosamente croniche.

Ciò detto non sarei disposto a scommettere che la causa Commissione vs. Google abbia un esito così scontato in una monumentale sanzione.

L’asticella dell’onere della prova della Commissione si alza, dovendo la stessa spiegare bene in cosa si differenzia il paesaggio concorrenziale europeo da quello statunitense.