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Canone Rai in bolletta, stop del Consiglio di Stato

Rai

Potrebbero slittare i tempi per il canone Rai in bolletta. Il Consiglio di Stato ha, infatti, sospeso il parere sul decreto attuativo indicando al Ministero la necessità di alcuni aggiustamenti.

Come sappiamo dal prossimo luglio gli italiani dovrebbero pagare il canone Rai nella bolletta elettrica. Secondo quanto introdotto dalla Legge di Stabilità ci saranno dieci rate, da gennaio a ottobre, per versare il canone che da quest’anno sarà di 100 euro (Solo per il 2016, per i necessari aggiustamenti tecnici, si partirà tra due mesi).

I tempi però rischiano di slittare ulteriormente vista la sospensione del parere del Consiglio di Stato sul decreto attuativo

Intanto il Premier Matteo Renzi ha nuovamente parlato di canone. Alcuni giorni fa aveva rilanciato sull’argomento, annunciando la possibilità di abbassare ulteriormente gli attuali 100 euro previsti a partire dal prossimo anno.

Adesso parla di evasione durante il #Matteorisponde su Facebook e Twitter.

Il canone era obbligatorio anche l’anno scorso, anche prima, ma non lo pagavano tutti, non è che lo devono pagare solo gli onesti e gli altri no”, ha dichiarato il Premier, aggiungendo: “Mi fa morire questa cosa, che ora il canone è obbligatorio… Era obbligatorio anche prima, ma non lo pagavano tutti”.

Ora invece “…si paga meno se si paga tutti…”

“Il canone Rai – ha sottolineato – prima costava 113 euro, ora costa 100 euro, e arriva in bolletta. Chi faceva il furbo ora paga, mi sembra una cosa sacrosanta“.

Sono stati decisi i contributi alle imprese elettriche per adattare tutti i sistemi al cambiamento e l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato il modello di autocertificazione da compilare per chi non possiede il televisore.

A margine della consultazione Rai, il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli ha annunciato pure un possibile slittamento dei tempi per le autocertificazioni a metà maggio.

La dichiarazione sostitutiva per essere esonerati dal pagamento del canone per tutto il 2016 dovrebbe, infatti, essere presentata, con raccomandata senza busta, entro il 30 aprile, oppure in via telematica entro il 10 maggio. Adesso però si potrebbe concedere più tempo a chi vuole dichiarare il mancato possesso dell’apparecchio televisivo.

Adesso però potrebbe esserci un ulteriore allungamento dei tempi in attesa che sul decreto vengano apportati gli ‘aggiustamenti’ richiesto dal Consiglio di Stato che spiega: “…l’adozione del decreto non è avvenuta nel rispetto del termine previsto dalla norma di riferimento” e “…non risulta espresso il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze… con la conseguenza che, al fine di evitare che la suddetta omissione si rifletta sulla regolarità formale del provvedimento normativo in esame, l’Amministrazione proponente dovrà provvedere ad acquisire il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze”.

Si evidenziano inoltre nel decreto “alcuni profili di criticità che dovrebbero trovare soluzione prima della sua definitiva approvazione, anche al fine di non condizionare il grado di efficacia di tale strumento normativo”.

“Sotto un primo profilo la Sezione rileva che nel testo del regolamento manca un qualsiasi richiamo ad una definizione di cosa debba intendersi per apparecchio televisivo, la cui detenzione comporta il pagamento del relativo canone di abbonamento e al fatto che il succitato canone deve essere corrisposto per un unico apparecchio, prescindendo dall’effettivo numero di apparecchi posseduto dal singolo l’utente. Ciò assume un particolare rilievo atteso che lo sviluppo tecnologico dei dispositivi di comunicazione ha reso disponibili sul mercato molteplici “device” che consentono funzioni di ricezione di programmi televisivi, pur essendo destinati a finalità ed usi strutturalmente differenti (smartphone, tablet, ecc.). Precisare, dunque, nel regolamento che il canone di abbonamento è dovuto solo a fronte del possesso di uno o più apparecchi televisivi in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare direttamente o tramite decoder costituirebbe un elemento informativo particolarmente utile per i cittadini sia in relazione agli obblighi contributivi che i medesimi devono assolvere sia in riferimento all’autodichiarazione concernente il mancato possesso di apparecchi che gli stessi devono effettuare e alle conseguenze di carattere penale che possono derivare da una dichiarazione mendace, in base alle norme vigenti in materia”.

Altre criticità riguardano la protezione dei dati degli utenti: l’addebito e riscossione del canone, spiega il Consiglio di Stato, presuppone “…uno scambio di dati e d’informazioni fra gli enti coinvolti nella succitata attività (Anagrafe tributaria, Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, l’Acquirente unico spa, il Ministero dell’interno, i Comuni e alcune società private), che necessariamente implica profili di rispetto e tutela della privacy”.

“Nelle norme in esame – si legge ancora nel documento – non si rinviene alcun riferimento alla succitata problematica che, viceversa, potrebbe trovare soluzione quantomeno con la previsione di una disposizione regolamentare che espliciti che le procedure ivi previste avvengano nel rispetto della normativa sulla privacy, sentito il Garante per la protezione dei dati personali”.

E ancora, “…un ulteriore profilo di criticità del regolamento in esame concerne il fatto che non tutte le norme ivi previste risultano formulate in maniera adeguatamente chiara, tenendo conto dell’ampia platea di utenti cui le medesime si rivolgono”.

Si rileva pure che “…nel regolamento in esame non sono previste forme adeguate di pubblicità, rispetto all’elevato grado di diffusione raggiunto dal mezzo televisivo. Ciò trova riscontro, in particolare, negli adempimenti previsti per la collettività degli utenti nell’ambito nel nuovo procedimento di riscossione del canone – come ad esempio la dichiarazione richiamata dall’art. 3 dello schema o la richiesta di rimborso di cui all’art. 6 – che necessiterebbero di una diffusione più ampia, al fine di agevolare la conoscenza di tali adempimenti da parte della cittadinanza e, conseguentemente, una più efficace applicazione delle norme de quibus”.

Il Consiglio di Stato sospende pertanto il parere in attesa che il MiSE ‘integri il testo trasmesso’.

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