Il giudizio

Cambiamenti climatici, sondaggio globale: “Governi sono responsabili, pagheranno i più giovani”

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Presentati i risultati di uno dei più grandi sondaggi mondiali sul clima che cambia condotto da Meta e dalla Yale University su 100 mila utenti di 200 Paesi. La stragrande maggioranza degli intervistati considera il tema come una minaccia molto seria alla propria sopravvivenza.

Il sondaggio globale sui cambiamenti climatici, dito puntato sui Governi

Le anomalie climatiche di questi ultimi anni si stanno intensificando in molti parti del mondo. Ondate di calore severe, alluvioni e allagamenti, tempeste sempre più forti, siccità e desertificazione, sono gli scenari terribili con cui un gran numero di esseri umani deve fare i conti periodicamente.

Secondo un sondaggio di grandi dimensioni (un campione di 100mila utenti sparsi in 200 Paesi) condotto da Meta e i ricercatori della Yale University, la questione climatica è da tempo in cima alle preoccupazioni della maggioranza delle persone.

La preoccupazione è palpabile in tutte le risposte e due intervistati su tre non hanno dubbi: sono i Governi i veri responsabili degli effetti peggiori dei cambiamenti climatici sulla vita delle persone, mentre saranno i più giovani a doverne pagare il conto più salato in futuro.

Praticamente, quasi otto persone su dieci considerano il clima una minaccia seria e invitano le Istituzioni nazionali e sovranazionali a prendere maggiormente sul serio il tema e ad agire con maggiore celerità ed efficacia.

Sempre otto intervistati su dieci considerano il cambiamento climatico come già reale, con effetti concreti sulla quotidianità.

In Asia e nel Pacifico la maggioranza delle persone è preoccupata

Ad esempio, in Asia il 62% degli intervistati nello Sri Lanka, oggi in preda a tumulti e proteste di piazza per il caro vita e la crisi energetica, si dice molto preoccupato per l’emergenza climatica, mentre un altro 26% si dice invece abbastanza preoccupato.

In India il 58% degli intervistati è molto preoccupato per il clima che cambia, probabilmente a causa della grande ondata di calore di quest’anno e delle piogge alluvionali in altre regioni, mentre un 26% si dice abbastanza preoccupato e solo il 15% non lo considera un problema.

Anche in Pakistan la stragrande maggioranza (67%) degli intervistati si dice molto e abbastanza preoccupata, contro un 27% di scettici o negazionisti. Anche qui le ondate di calore sempre più dure (con picchi superiori ai +52°C) si abbattono su gran parte del Paese con una frequenza crescente ormai.

In Giappone il 35% è molto preoccupato, mentre la maggioranza (53%) si dice abbastanza preoccupata, ma anche qui solo il 12% non considera il tema come minaccia.

Più bilanciato lo scenario in Australia, dove il 34% è molto preoccupato, il 39% abbastanza preoccupato, il 27% poco o per niente. Situazione simile in Nuova Zelanda (rispettivamente 28%, 44% e 27%).

Hong Kong e Thailandia hanno le medesime percentuali: molto preoccupati il 16%, abbastanza preoccupati il 53%, il 31% poco o per niente.

Colpa dell’uomo, dello Stato, del singolo e delle imprese

Anche in Europa si condividono le medesime inquietudini sui cambiamenti climatici (è ancora forte il ricordo di quanto accaduto nell’alluvione in Europa centrale nel 2021, mentre questa estate si appresta a diventare una delle più calde della storia recente), con Spagna (65%) e Svezia (61%) che percepiscono il clima come una minaccia molto seria frutto dell’impatto delle attività umane sul pianeta.

Il 90% circa degli intervistati dell’America centrale e meridionale vedono questa situazione come una minaccia serissima per il proprio Paese, con gli effetti peggiori già entro il 2040.

43 Paesi su 200 hanno visto la maggioranza degli intervistati indicare come colpevole principale il proprio Governo, per 42 Paesi invece è il singolo individuo il primo colpevole, per 25 Paesi le imprese e le industrie.

Bisognerebbe usare molto meno petrolio e gas nell’economia secondo il 79% dei danesi e il 72% dei britannici e degli svedesi. Gli ungheresi vorrebbero più fonti energetiche rinnovabili nel mix nazionale (91%), come anche portoghesi e spagnoli (entrambi all’89%).

Colpisce la mancanza di informazioni sull’argomento. Se nei Paesi più ricchi le persone hanno a che fare con il clima almeno una volta a settimana tramite notiziari, giornali e internet, in quelli più poveri è esattamente il contrario.