Il commento

Bot, Chatbots e Artificial Intelligence. Strumenti buoni e proficui o spietati e dannosi?

di Rachele Zinzocchi, Digital Strategy R&D - laboratorio Digital Education |

Una domanda, che già vale per tutto il digitale è quanto mai all’ordine del giorno. Ma questi sono semplici strumenti, in sé neutri: dietro ci siamo noi e, dunque, tutto sta nel come li si usa.

I pro

Da un lato assistiamo, infatti, quasi a bocca aperta, a fenomeni come il progredire dei successi di Chatbots e Intelligenza Artificiale nel campo dell’Healthcare, col fiorire di Bot e Chatbots come MD, Ada, Babylon Health, che sembrano davvero aiutarti come medici nel monitoraggio dello stato di salute, nella prevenzione delle malattie, quando non addirittura nella loro cura, come mostra già l’efficacia di Cancer Bot, di un’App come Vodafone-SaveLIFE Road Safe o l’impegno dei Big Players nel settore, come Facebook, Google col suo progetto DeepMind e con Waze, o ancora di Microsoft e IBM Watson Health.

A dimostrarlo ulteriormente, anche un recentissimo studio degli scienziati dell’Università di Nottingham che, pur non nascondendo le possibili criticità in termini di privacy nella gestione di tanti e tanto sensibili dati personali, riconferma la «bontà» dell’avanzamento della ricerca per il bene dell’umanità.

Potremmo andar avanti all’infinito con esempi analoghi in altri settori, quali l’educazione – dall’eLearning di Carnegie, Third Space Learning, Thinkster, a un Christopher Bot che ti aiuta a far i compiti a casa – o la legge – vedasi DoNotPay, che ti fa da avvocato in controversie come le multe nei parcheggi o, oggi, si adopera pure per dar asilo ai rifugiati – o infine anche «solo» il saperti regalare un sogno, un sorriso. Come cerca di fare Google con Project Magenta, Deep Dream o il nuovissimo AutoDraw.

I contro

Dall’altro lato però, appunto, non mancano i problemi. Se già qui così ne abbiamo lasciato intravvedere il primo – la spinosa questione della privacy, della trasparenza, della fine che fanno le informazioni «riservate» date in pasto ad algoritmi (e a chi dietro li governa) – l’orizzonte delle criticità è assai ampio. Qui Bot, Chatbots, Artificial Intelligence possono divenire «spietati (e dannosi)». Basterebbe citare il caso ormai di scuola di Tay, il Chatbot di Microsoft che, in sole 24 ore, da strumento di aiuto si trasfigurò in troll, in una sorta di «cyberbullo sessista e razzista».

Anche qui, però, gli esempi sono sterminati. Dagli assistenti virtuali «sorridenti» e che sembrano volerti aiutare in tutto, come Amazon Echo con Alexa, con Lex, o col nuovissimo Echo Look, per consigliarti l’abbigliamento migliore mentre ti «ruba i dati» come i suoi fratellini, o il suo cuginetto Google Home per cui si pone lo stesso problema, fino ad arrivare agli Smart Toys, persino alla Barbie e a bambole, giochi pensati proprio per bambini – nuovo fronte dell’Artificial Intelligence, doppiamente delicato dato che di mezzo vi sono, appunto, minori – che mentre appaiono un sogno per i piccoli, accendono la miccia di una possibile violazione della sicurezza nostra e dei nostri figli, che non può che portare improficuità e danni alla società in ogni suo aspetto: economico, politico, istituzionale, educativo, culturale, della crescita e del miglioramento dello «stato di benessere» di ciascuno di noi sul piano personale e professionale.

La privacy è il prezzo del gratis. Anche una semplice App come Unroll.Me ha dato da pensare, non tanto né solo per lo scandalo emerso sull’abitudine ormai consolidata di vendere i dati personali dei propri utenti a aziende terze per scopi pubblicitari, quanto per il candore con cui l’azienda ha dichiarato: «Per noi meglio le conversioni che l’affidabilità». Insomma, «se non paghi, sei tu il prodotto»: regola del marketing da sempre ma, ancora di più, anche e proprio in quei nuovi «mercati conversazionali» che del Digitale rappresentano non il domani, ma l’oggi.

Normale dunque che si finisca col parlare dell’#AI come di una Alien Knowledge: «Le nostre macchine hanno una conoscenza che noi ancora non capiamo».

La domanda

La domanda che, infatti, da tempo mi pongo è proprio questa: siamo forse dinanzi a un rischio implosione? Al pericolo di un ritorno al Big Bang originario? Rete, Web, Social, Digital, ci stanno forse esplodendo in mano? E in particolare con Bot, Chatbots, #AI: rischiamo forse il corto circuito?

Andando ancor più a fondo e riprendendo la prima celebre tesi del Cluetrain Manifesto: i mercati sono ancora conversazioni? Rete, Web, Social, Digital sono ancora strumenti utili, proficui, luogo di dialogo, colloquio autentico, di condivisione, scambio, arricchimento reciproco che ti aiuti, per il tuo business – gli affari, il tuo lavoro, la professione – la tua vita?

Come usare Chatbot e Ai

A questa domanda, che ogni volta pongo e mi pongo in ogni mio speech, articolo, contributo, cercherò stavolta con ancora più forza di dare risposta nel convegno che ho il piacere e l’onore di organizzare con CrowdM e che si terrà venerdi 12 maggio a Milano, dalle 9 alle 13 nello Spazio Copernico. Il tema? Bot, Chatbot, #AI: come usarli al meglio per farti vivere un’esperienza davvero memorabile. Vi parteciperò anche come Keynote Speaker, insieme al numero 1 degli esperti sul tema, Francesco Piersoft Paolicelli, nonché Silvio Stafuzza, Founder & Ceo di CrowdM, e Edoardo Ramella, Strategic Planning Director di CrowdM. Non il «solito convegno» su Chatbot & Customer Experience, uguale ai mille sul tema negli ultimi mesi: bensì un evento, un incontro partecipativo e costruttivo all’insegna dell’innovazione. Qui ogni info e il form per registrarsi: attenzione, però – mica solo via classica email o sito! Anche, e soprattutto, via Chatbot: sia per Messenger, qui, quanto qui per Telegram, da me come noto amatissima (col mio TG #Digital #Education ogni giorno attivo).

La risposta, data l’alta qualità degli esperti presenti, sarà sfaccettata e declinata secondo i differenti punti di vista, le esigenze di ciascuno, onde colmare per quanto possibile ogni dubbio in ogni settore: o almeno provarci. La mia risposta, comunque condivisa da tutti e, dunque, un po’ fil rouge dell’incontro, sarà molto semplice, all’insegna di un imperativo: «Basta Chiacchiere: Aiuta!». I mercati, cioè, possono essere ancora «conversazioni», luogo di dialogo, condivisione, scambio per il business e per la vita. Il Digitale può e deve essere ancora strumento utile, colloquio proficuo: purché la «conversazione», la parola detta e scambiata in rete, sia non chiacchiera vana, buzz, bensì Parola «Utile-Per-Te» – la Parola «Utile-Che-Salva», in quanto Ama e Aiuta.  Sia cioè dialogo, colloquio autentico, condivisione di Esperienze Utili-Per-Te.

Aziende e digitale

Se vogliamo allora un Digitale Utile che esplichi tutto l’Utile del Digitale – per Bot, Chatbots, #AI «belli, buoni e proficui», non «spietati, dannosi», e dunque improficui per gli affari di aziende e liberi professionisti, per la vita di ciascuno di noi – urge un percorso di rinnovamento radicale: una autentica Educazione Digitale, che sia anzitutto Educazione Civica Digitale e, in primis, Educazione.

All’insegna di 3 Keywords: una nuova consapevolezza, responsabile, etica, del Digitale come strumento, non buono o cattivo in sé ma tale in base all’uso che se ne fa e che, perciò, è da usare bene per il bene. Per Aiutare, Aiutarci nel e grazie al Digitale – per un Digitale Utile, Etico, proficuo per il business e la vita di tutti noi: Bot, #AI e Robot in primis!

Per loro – e per il loro uso – vale a mio avviso quanto mai la mia più globale vision, l’individuazione della nuova «chiave del successo» in quello che chiamo #HelpMarketing, #HelpFullNess: un Essere Utile per Avere l’Utile, Fare l’Utile con l’Utilità, all’insegna del motto «Aiuta, avrai successo, nel business e nella vita». Forse una… «scoperta dell’acqua calda» in questi nostri tempi di crisi, ove la sola cosa di cui abbiamo davvero bisogno è ciò che, o chi, ci aiuti, ci risolva la vita. Per capire, basta una parola (anzi 3!): «Vuoi vendere? Aiuta!» «Sell? Help!». Qui ROI è Responsabilità, Fiducia: Autenticità, Affidabilità, Amicizia vera verso il proprio network, il proprio cliente-amico.

Un nuovo modello di business, una nuova vision tattico-strategica per raggiungere i propri traguardi e obiettivi nel lavoro e nella vita, che vale in generale ma, appunto, ora tanto più per questa nuova forma di comunicazione, marketing, realtà della nostra vita che non possiamo più permetterci di ignorare o trascurare, tanto fa parte ormai della nostra quotidiana esistenza personale e professionale – senza forse che neppure ce ne siamo accorti.

«Usiamoli bene allora questi bot!», sarà dunque la mia esortazione, la mia risposta. Usiamoli come strumento di Aiuto, a 360 gradi. Anch’essi sono, infatti, semplici strumenti, in sé neutri: dietro ci siamo noi e, dunque, tutto sta nel come li si usa. «It is all about the service». E proprio i possibili usi buoni e proficui di Bot, Chatbots, #AI – il loro «bello» – sarà il focus della mia riflessione. Questa peraltro è la loro mission: come dichiarato da una delle prime «Bibbie» sul tema, The Bot Rulebook: «Rendere migliore la vita umana, offrire sempre una mano che aiuta e farlo con efficienza e cortesia». Pensiamo a Bot e Chatbots non come «star dello show», ma come «helpers»: per Bot «Utili, Etici» – ribadisce ancora un’altra «Bibbia», il «Botifesto» – che «servano», aiutino. Così anche le aziende, i manager, la società tutta, otterranno strumenti davvero proficui, che regaleranno una «esperienza» davvero «memorabile», «da sogno», garanzia di successo per il cliente e la sua satisfaction come per il Brand e il suo ROI. Così si potrà giungere a «vendere un sogno»: anche e proprio via robot.