il resoconto

Bonus mobilità, una giornata nell’inferno della trasformazione digitale

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Ho fatto accesso ieri mattina al sito dedicato al buono mobilità alle 9:00 in punto per capire se questa volta, dopo i numerosi episodi di disservizio digitale che si erano verificati negli ultimi mesi, si fosse riusciti a far tesoro dell'esperienza. Speranza delusa.

Ho fatto accesso ieri mattina al sito dedicato al buono mobilità alle 9:00 in punto per capire se questa volta, dopo i numerosi episodi di disservizio digitale che si erano verificati negli ultimi mesi, si fosse riusciti a far tesoro dell’esperienza.

Speranza delusa: questo ne è il fedele resoconto

Il sito risponde lentamente e visualizza solo un testo che spiega che la distribuzione dei posti in coda avverrà a partire dalle 9:30.

Quando si fa la coda di persona in un qualunque posto, tutti sono in grado di “vedere” fisicamente la situazione della coda stessa, capire in che posto si è, magari decidere che non vale la pena attendere. Nel mondo digitale non abbiamo organi di senso che ci forniscono queste informazioni in modo nativo e, nonostante quarant’anni di ricerca e di esperienza nel settore della “interazione uomo-computer” ancora si continuano a realizzare sistemi digitali che non danno visibilità all’utente sullo stato del sistema digitale. Il feedback, come dicono gli anglofoni, è assente, ma a nessuno di quelli che ci raccontano che la “trasformazione digitale” è meravigliosa sembra importare alcunché.

Buono mobilità: le problematiche

Un po’ prima delle 9:30 appare la domanda che chiede se si ha lo SPID. Risposta positiva, poi si inserisce il comune di residenza. A questo punto una scritta rossa, quindi di allerta, distrae un po’, perché intima di avere con sé la ricevuta dell’acquisto, ma il sito dovrebbe servire anche a chi non ha ancora acquistato niente… Passato lo smarrimento, ci si arrischia a cliccare comunque su “Accedi” solo per essere rimandati alla casella di partenza: sei in possesso dello SPID? Momento di straniamento, uno pensa “forse ho saltato un passaggio” e ricomincia. Al terzo giro è chiaro che non hai saltato niente. Allora si clicca sull’altro pulsante disponibile “area esercenti”. Qui c’è un messaggio di benvenuto nella coda degli esercenti che vogliono aderire come fornitori all’iniziativa.

Sono circa 30mila, ma secondo me la stragrande maggioranza di questi di questi sono semplicemente utenti che stanno cercando di capirci qualcosa. Rimango lì e apro un altro browser per un altro tentativo.

Verso le 9:35 circa su questo secondo browser finalmente appare un messaggio che dice che sono in attesa e che la distribuzione dei numeri in coda avverrà in modo casuale entro le 10, e dopo si potrà avere l’accesso, con 20 minuti a disposizione per perfezionare la domanda.

Perbacco, mi dico, questa della distribuzione casuale dei numeri sarebbe stata un’ottima idea per evitare un “assalto alla diligenza” se solo uno l’avesse saputo in anticipo. Adesso sembra un po’ una presa in giro, soprattutto considerando che tutti i media avevano parlato di una distribuzione basata sull’ordine di accesso al sito… Mentre faccio un giro su Twitter alla ricerca di novità scopro che però il messaggio è ancora cambiato e non si parla più di distribuzione casuale dei numeri: sarà perché hanno capito che era meglio evitare di irritare ancora di più chi è in attesa?

Il browser mi dice che ci sono circa 200mila persone davanti a me, e mi consolo pensando che in fin dei conti non va male visto che con le disponibilità complessive stanziate (215 milioni di euro ed un contributo massimo di 500 euro) si possono coprire 430mila richieste.

Però la coda non scorre, senza che il sistema segnali niente. Di nuovo, assenza completa di informazioni per l’utente finale, che non sa che pesci prendere. Ricaricare la pagina? E se poi si perde il posto in fila? Quando riusciranno a capire che gli esseri umani non vedono i bit ed hanno bisogno di informazioni di contesto?

Intorno alle 10:50 (vado a memoria) finalmente il contatore degli utenti in coda comincia a scorrere. Faccio una prima valutazione di velocità e il tutto sembra procedere bene. Smaltiscono circa 3.000 utenti al minuto, quindi 180mila l’ora, il che vuol dire per me poco più di un’ora di attesa. Fortunatamente sono via rete, quindi posso fare altro nel frattempo, diversamente da quando si è in coda fisicamente in un certo posto. Segno mentalmente un punto a vantaggio del digitale. Però, dopo una mezz’oretta, mi accorgo che la velocità è notevolmente diminuita. Adesso siamo a circa 30mila utenti l’ora, il tempo di attesa previsto ritorna quello di una giornata, e la trasformazione digitale perde tutti i suoi vantaggi.

Mi dedico ad altro, buttando di tanto in tanto l’occhio sul browser. Finalmente, circa alle 14:10, mi fanno entrare, ma me ne sono accorto un po’ in ritardo ed ho solo una quarto d’ora a disposizione. Vabbé, penso, mi ero comunque dotato di SPID associato alla mia PEC, il tutto sarà veloce, perché i miei dati li hanno già tutti.

Inserisco le credenziali di SPID e qui casco dalla sedia: il sistema mi chiede un OTP (che non è un parolaccia ma una password “usa e getta”: benedetti tecnici, ma volete imparare a parlare come le persone normali?) generato sulla mia app legata allo SPID. Oddio, ma non ho mai usato l’app per la PEC, la leggo sul PC! Sconsolato, guardo comunque sul mio smartphone e scopro che invece ho l’app del mio fornitore di PEC. Probabilmente l’avrò installata quando ho chiesto SPID, mi consolo, e penso che, meno male, il problema è risolto. Apro l’app e questa però mi chiede, per generare un OTP, di inserire il mio codice di sblocco. Di nuovo grandi punti interrogativi si annuvolano sulla mia testa. Che sarà mai? Faccio un po’ di ricerca nella mia posta elettronica e sul sito della PEC per cercare questo codice di sblocco, ma nulla. A questo punto, interrogo la rete, mentre già penso che non farò mai in tempo. Capisco che il codice di sblocco viene generato all’atto dell’installazione della app, ma per qualche motivo non devo averlo annotato insieme alle altre credenziali.

Alla fine mi decido al gesto estremo: scollegare la app dall’identità elettronica legata alla mia PEC e riconnetterla. Hic terra incognita: non so quali possano essere le conseguenze e quanto tempo ci vorrà, ma non ho scelta e mi butto. Mi chiede di nuovo username e password della PEC (provate ad inserire una password molto robusta tipo D4HALs~RVepw.aV& – tranquilli, non è quella vera – con uno smartphone che dopo 2 secondi ti nasconde il simbolo digitato, poi parliamo di stress…), successivamente il codice di conferma inviato via SMS e poi posso finalmente generare questo codice di sblocco. Questa volta me lo annoto gelosamente, esco e rientro dall’app ed ho finalmente il mio OTP.

Di nuovo al browser, inserisco l’OTP sperando di essere ancora nei 20 minuti: ho tenuto d’occhio l’orologio e, come in un film, sono proprio agli sgoccioli. Clicco per entrare e come un pugno nello stomaco mi appare una schermata da sviluppatore che in gergo inglese da programmatore mi comunica che un certo servizio non funziona. Ma porc… eppure sono ancora nei tempi… Vabbé ormai è andata, ma provo comunque a ricaricare la pagina pensando che magari il sistema è stato un po’ “duro d’orecchi” al primo tentativo. Il sistema, tornato in sé, mi avvisa gentilmente che “c’è stato un errore” (ah sì? ma guarda un po’, non me n’ero accorto!) e mi intima di non cliccare né su ricarica né su avanti né su indietro. Sono un po’ testardo e penso che peggio di così non può andare e quindi con i pulsanti di navigazione provo ad andare qualche passo indietro. Per un po’ il sistema risponde sempre nello stesso modo, ma quando rientro nella schermata di accesso mediante SPID invece mi ripropone la scelta del fornitore di SPID con cui accedere. Timidamente speranzoso ci riprovo, username e password, ok, mi chiede l’OTP, lo genero sullo smartphone e lo digito, poi premo invio e resto in attesa del verdetto… un attimo di suspense…. sono entrato!

A questo punto la strada è abbastanza in discesa: mi chiedono di nuovo il mio comune di residenza. Non capisco bene perché dal momento che si tratta di un’informazione che dentro SPID posseggono e me l’hanno già chiesta all’inizio della procedura, ma a questo punto uno non sta tanto a sottilizzare. Poi – ma solo a fini statistici – per quale tipologia di bene/servizio voglio il buono e le caratteristiche del bene/servizio per cui intendo usarlo. Alla fine ce l’ho fatta.

È chiaro che così non può funzionare. Il mio livello di esperienza e conoscenza con questi servizi è assolutamente al di là di quanto gran parte della popolazione possiede.

La trasformazione digitale condotta in questo modo sarà la più grande emarginazione di massa della storia o la più grande manipolazione di massa della storia. O tutt’e due insieme. Cambiamo strada prima che sia troppo tardi.

(I lettori interessati potranno dialogare con l’autore, a partire dal terzo giorno successivo alla pubblicazione, su questo blog interdisciplinare.)