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Banda ultralarga, audizione al Senato. Mise-Tim ai ferri corti su aree bianche

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Si è chiusa oggi l’audizione in Commissione Lavori Pubblici e Industria al Senato di Open Fiber e Tim, in attesa del confronto sempre più urgente fra Tim e Governo sulla realizzazione della rete nelle aree a fallimento di mercato.

Si è conclusa questa mattina l’audizione di Open Fiber davanti alle commissioni Lavori Pubblici e Industria del Senato sui recenti sviluppi, alla luce delle polemiche del Governo con Tim sui bandi Infratel per le aree bianche, del piano nazionale per la banda ultralarga. Intanto, dietro le quinte, le diplomazie del Mise e di Tim stanno negoziando per organizzare in tempi stretti un incontro nel tentativo di ammorbidire il muro contro muro fra il Governo (Calenda, Giacomelli e De Vincenti), che accusa Tim di voler ostacolare il suo progetto di rete pubblica nelle aree a fallimento di mercato. Dal canto suo l’amministratore delegato di Tim Flavio Cattaneo rivendica il diritto di impresa e la libertà di investimento dell’azienda, anche nelle aree bianche, in autonomia rispetto al piano di Governo. Dal canto suo il Governo non vuole bloccare gli investimenti di Tim, ma preannuncia che intende difendere in tutti i modi, anche in Tribunale, i fondi pubblici per 3 miliardi di euro destinati alle aree bianche.

 

L’audizione di Open Fiber

Riguardo agli investimenti sulla banda larga nelle aree a fallimento di mercato, oggi il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini ha detto che “il Governo ha fatto una scelta, che credo sia stata approvata dal Parlamento, o comunque non contestata. Questa scelta è stata di prevedere un piano, attraverso risorse pubbliche, fondi europei sostanzialmente, di costruzione di una infrastruttura di rete pubblica di nuova generazione per la maggior parte in fibra ottica. L’idea è che la connettività di nuova generazione rappresenti una sorta di servizio universale, di diritto universale”. 

Dal canto suo, l’amministratore delegato di Open Fiber Tommaso Pompei ha detto che “Ci sono 15-16 banche disponibili a finanziare il piano di investimento, le banche maggiori sono disponibili a farlo anche prima che la Bei abbia concluso il processo. Si tratta di un piano da 3 miliardi e contiamo di metterci meno di un anno per chiuderlo”. “Portare la fibra ottica a tutti” obbedisce non solo “al principio di uguaglianza, ma anche a quello di coesione territoriale e alla garanzia di una concorrenza” ad armi pari. Ha poi detto il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, spiegando che “affidabilità e qualità della rete” attraverso la quale un’impresa trasmette i propri dati sono “un forte elemento di competizione”.

Un investimento da circa 6,5 miliardi di euro, che darà lavoro a 15.000 persone. Sono queste le cifre ufficializzate dall’amministratore delegato di Open Fiber Tommaso Pompei in audizione, precisando che la fibra ottica (di Open Fiber ndr) arriverà in 15,8 milioni di unità abitativa grazie ad “un’infrastruttura nelle infrastrutture. Sia dal punto vista finanziario che da quello dell’impatto occupazionale è uno dei progetti di maggior rilievo del Paese’’.
Pompei osserva che l’aumento della penetrazione della banda larga rappresenta un progetto di fondamentale importanza per lo sviluppo del paese, che secondo alcuni numeri potrebbe portare ad un aumento tra l’1,3 e l’1,4 percento del PIL.
Ad oggi Open Fiber copre 1,6 milioni di unità immobiliari, a cui si aggiungono 9,6 milioni di case uffici del primo bando di gara Infratel. Il cluster C e D porterà la fibra ottica in altre 4,6 milioni di case, per un totale di 15,8 milioni.
Il CEO racconta che sono già stati avviati i cantieri del primo cluster nelle 10 città italiane più grande, ad eccezione di Roma.

Per il secondo cluster, invece, “siamo risultati aggiudicatari (del primo bando Infratel ndr) e abbiamo firmato una convenzione su primi 5 lotti. La prima gara riguarda più di 3.000 comuni; lo Stato ha stanziato 1,4 miliardi di euro e l’impatto occupazionale stimato è di 4.000-5.000 persone. La seconda gara riguarda altri 6 lotti e ci è stata comunicata l’aggiudicazione preliminare’’, ricorda Pompei.

Ieri, nella prima parte dell’audizione, l’amministratore delegato Pompei ha messo in chiaro che: “Non c’è nessun merito di Open Fiber (OF) nell’avere una rete a tutta fibra. Siamo semplicemente arrivati dopo. Ma utilizzare questa tecnologia ha i suoi vantaggi”. Intanto, il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, è pronto al confronto con Tim e gli altri operatori di settore sul piano della banda ultralarga anche se il Governo rimane fermo sulle sue posizioni. Cattaneo non entrando nel merito dei rilievi mossi dall’Esecutivo si è detto “disponibile con piacere a un incontro con il Ministro“.

 

L’audizione di Tim

“Noi riteniamo di essere assolutamente nel rispetto delle regole”. Lo ha detto ieri l’amministratore delegato di TIM, Flavio Cattaneo, nel corso dell’audizione dei vertici del gruppo di telecomunicazioni davanti alle commissioni Lavori pubblici e Industria del Senato. I vertici dell’azienda sono intervenuti in merito ai recenti sviluppi del piano di realizzazione della banda larga e ultralarga nel Paese dopo le ultime accuse da parte del Governo alla società di voler ostacolare il piano governativo di realizzazione della rete pubblica in fibra ottica affidata ad Open Fiber, la società di Enel e Cassa Depositi e Prestiti, investendo nelle aree dove Open Fiber si è aggiudicata il primo bando. “Ci si accusa di aver cambiato repentinamente e senza giustificazioni la nostra posizione rispetto alle aree a cosiddetto fallimento di mercato” e attraverso questo cambiamento “di avere il pensiero di bloccare queste costruzioni di infrastrutture da parte del vincitore della gara Infratel”, ha detto Cattaneo. “Ci sono prove evidenti che dimostrano che sia le accuse dichiarate che quelle sottointese sono destituite di ogni fondamento, non solo giuridico ma anche di sostanza. Nel 2015 è stato chiesto di comunicare dove volevamo investire e non dove non volevamo investire. Nel 2016 abbiamo detto di voler modificare i nostri piani e una mattina di giugno 2017 ci sentiamo dire di aver applicato cambi repentini al piano”, ha sottolineato Cattaneo. Nessuna accelerazione, quindi, ha detto l’ amministratore delegato di Tim: “Quando abbiamo iniziato a sviluppare i nostri piani non esisteva nemmeno il piano banda ultralarga del Governo”. Per Cattaneo, Tim si attiene in pieno alle regole: “La normativa europea prevede che lo Stato ogni anno, anytime, verifichi se vuole cambiare i propri piani, altrimenti è utilizzo improprio di soldi pubblici. Il Gruppo ha comunicato real time i suoi piani – ha spiegato Cattaneo – in quanto alcune aree sono diventate pian piano commercialmente compatibili con il ritorno economico. Per cui riteniamo di essere nel rispetto delle regole. Non c’è mai stato alcun divieto di cambiare idea. La tecnologia è aumentata, si sono abbassati i costi e abbiamo deciso di investire anche nelle aree a fallimento di mercato. E la normativa lo consente. Quello che non consente è che si blocchi un investimento privato a favore di uno pubblico”, Flavio Cattaneo è lapidario nelle sue risposte non lascia spazio all’immaginazione.

La rete in rame non è in vendita

Tim ribadisce che non intende cedere alle pressioni del governo che vogliono limitare lo sviluppo della sua rete nelle aree a fallimento di mercato e dice che il network non è in vendita e se proprio si dovesse fare una valutazione si potrebbe stimare in 20-25 miliardi di euro.

L’esecutivo ritiene che la decisione di Tim di investire in quelle aree, dopo la consultazione in cui aveva detto che non sarebbe intervenuta, possa essere in qualche modo sanzionata.

In gioco c’è la profittabilità di Open Fiber, società controllata da Enel a Cassa Depositi e Prestiti, che ha vinto il bando Infratel per realizzare e gestire la rete pubblica, confidando su alcune condizioni, cioè l’assenza di investitori privati, che non saranno verificate.

Il governo è pronto a un confronto con la società e con tutti gli operatori, anche se Tim non sembra disposta ad accettare soluzioni di compromesso.

Una parte politica punta a creare un unico soggetto, che includa la rete di Tim e Open Fiber, un operatore unico della rete che offrirebbe servizi agli operatori telefonici.

L’amministratore delegato di Tim è invece contrario a qualunque operazione che riduca il controllo sul network, e ieri ha detto che non è in vendita e che se il governo intende “espropriarlo faccia una legge e se ne assuma la responsabilità”.

Poi, sulla valutazione, ha detto: “Vi potrei dire 20-25 miliardi di euro, ma non è una cosa fissa…” ha detto Cattaneo. “Non essendo in vendita è una cifra priva di senso, nessuno ci ha chiesto di venderla”.

La cifra è ampiamente superiore a quanto stimano i tecnici di settore, che parlano per la rete in rame di Tim di 10-15 miliardi, con possibili ulteriori variazioni verso l’alto o verso il basso a seconda dell’evoluzione della tecnologia e soprattutto della possibilità di continuare a usare la rete in rame per la parte che va dall’armadio al singolo appartamento.

Cattaneo è tornato a parlare di nazionalizzazione anche per la controllata Sparkle, che detiene una rete sottomarina in fibra ottica di lunga distanza.

Tim non è disposta a cederla, se quindi lo Stato italiano la deve utilizzare è necessario che la nazionalizzi, ha detto. Lo stesso vale per la rete.

Dopo l’audizione, Cattaneo avrebbe incontrato i sindacati preannunciando che l’azienda intende andare avanti su questa linea.

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