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Azienda saudita di AI lancia un fondo di venture capital da 10 miliardi di dollari

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La nuova società saudita di AI, Humain, interamente controllata dal Public Investment Fund (PIF) del regno, si propone di attrarre investitori tecnologici statunitensi e di diventare un attore dominante nell’infrastruttura globale dell’AI.

La nuova società saudita di AI, Humain, interamente controllata dal Public Investment Fund (PIF) del regno, si propone di attrarre investitori tecnologici statunitensi e di diventare un attore dominante nell’infrastruttura globale dell’AI.

Con un fondo di venture capital da 10 miliardi di dollari e una strategia di investimento che tocca USA, Europa e Asia, Humain mira a consolidare una posizione centrale in tutto l’ecosistema dell’intelligenza artificiale: dall’hardware ai data center, fino alla progettazione di chip.

Tareq Amin, CEO della società e già a capo di Aramco Digital, ha dichiarato che Humain è in trattative con importanti nomi come OpenAI, xAI di Elon Musk e il fondo Andreessen Horowitz. L’ambizione è creare, entro il 2030, una capacità di elaborazione pari al 7% del ‘training’ e ‘inferencing’ globale di modelli AI, con una potenza di data center che raggiungerà i 6.6 GW nel 2034.

A supporto di tale visione, sono già stati stipulati accordi per 23 miliardi di dollari con colossi come Nvidia, AMD, AWS e Qualcomm. La società prevede inoltre un impianto pilota da 50 MW alimentato da 18.000 chip Nvidia, con espansioni successive fino a 500 MW. Il progetto complessivo potrebbe valere 77 miliardi di dollari.

Humain ha già firmato una joint venture da 10 miliardi con AMD e un investimento da 2 miliardi con Qualcomm per la creazione di un centro di progettazione chip a Riyadh. Amin sottolinea la rilevanza strategica della collaborazione con partner americani, anche alla luce del ritiro di restrizioni statunitensi sulla vendita di chip AI a paesi come l’Arabia Saudita.

Per attrarre ulteriormente operatori globali, il regno offre elettricità a prezzi ridotti e infrastrutture dedicate. La normativa saudita prevede che i dati ospitati nei data center siano soggetti alle leggi del paese d’origine del cliente, tentando così di allinearsi ai criteri di ‘data sovereignty’ internazionali.

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Meta perde la maggior parte del team originale di LLaMA AI a favore dei concorrenti

Meta sta affrontando una significativa emorragia di talenti nel settore AI: 11 dei 14 creatori originari del modello LLaMA hanno lasciato l’azienda, molti dei quali per unirsi a rivali emergenti come Mistral. Questo esodo solleva seri interrogativi sulla capacità di Meta di mantenere una posizione competitiva e di proseguire l’innovazione in un panorama AI sempre più competitivo.

Il modello LLaMA, considerato il fulcro della strategia open-source di Meta, è ora privo della maggior parte dei suoi sviluppatori iniziali, tra cui spiccano Guillaume Lample e Timothée Lacroix, ora ai vertici di Mistral AI. La partenza del team coincide con i ritardi nello sviluppo del modello ‘Behemoth’ e un’accoglienza tiepida della community verso LLaMA 4.

Inoltre, le nuove destinazioni degli ex-dipendenti – tra cui DeepMind, Microsoft AI, Anthropic e Cohere – rafforzano la concorrenza diretta. Anche la figura di Joëlle Pineau, leader storica del FAIR di Meta, ha lasciato un vuoto strategico, accentuando la fragilità interna del colosso tech.

La situazione è ulteriormente complicata da pressioni interne e controversie legali: tra esse, una causa per violazione di copyright riguardo l’uso di libri piratati nel training dei modelli LLaMA. A peggiorare il quadro, Meta ha interrotto il suo programma di fact-checking esterno negli Stati Uniti, segno di una ridefinizione delle priorità aziendali.

Nonostante ciò, Meta continua a investire in AI e ha lanciato nuove iniziative come il LLaMA API e la diffusione di LLaMA 4 su Amazon Bedrock. Tuttavia, il successo futuro dipenderà dalla capacità dell’azienda di attrarre nuovi talenti, consolidare il know-how interno e gestire efficacemente le sfide etiche, legali e finanziarie del settore.

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