FAPAV/Ipsos Doxa presentano la prima ricerca in Italia sui comportamenti illegali dei giovani nella fruizione di contenuti audiovisivi
Il 56% dei ragazzi italiani compie atti di pirateria online perché non ha maturato ancora la percezione che tali comportamenti possono generare, essendo dei veri e propri reati, conseguenze e rischi reali a carattere individuale.
La propensione a compiere questi atti illeciti nella fruizione di contenuti audiovisivi, da parte dei giovanissimi (10-14 anni) e della fascia adolescenziale (15-25 anni), non deriva solo da motivazioni anticonformiste, di ribellione o di trasgressione nei confronti della società, neppure dalla consapevolezza generalizzata che la pirateria danneggia l’industria e l’economia del nostro Paese, con forti ripercussioni occupazionali.
Per capirne a fondo le origini e le motivazioni, FAPAV-Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali e Ipsos Doxa hanno realizzato la ricerca “Stili di vita dei giovani italiani e pirateria audiovisiva”, realizzato da.
I dati dello studio, unico nel suo genere, sono stati illustrati presso l’Associazione Civita di Roma, attraverso un’analisi quali-quantitativa focalizzata su una forbice di età giovanile molto ampia (dai 10 ai 25 anni), da cui emerge un quadro comportamentale alquanto interessante da parte delle nuove generazioni rispetto alla pirateria audiovisiva.
Bagnoli Rossi (FAPAV): “Uno dei pilastri della lotta alla pirateria è la comunicazione, ne serve di più”
“Siamo molto contenti di questa indagine che, per la prima volta, approfondisce più nel dettaglio, con una nuova metodologia, la fascia di età tra i 10 e i 25 anni. Dai risultati emerge chiaramente la necessità di lavorare in modo ancora più deciso su una narrazione che metta in luce ciò che può accadere piratando un contenuto audiovisivo. La nuova normativa italiana, tra le più evolute a livello europeo, unitamente all’innovativa procedura di AGCOM con il blocco in 30 minuti di tutti i contenuti illeciti, rappresenta certamente una frontiera nuova ed efficace in termini di contrasto. Ma non è sufficiente”, ha dichiarato Federico Bagnoli Rossi, Presidente FAPAV, nei saluti istituzionali.
“Serve maggiore comunicazione e al tempo stesso occorre promuovere campagne di sensibilizzazione e di educazione alla legalità. Per FAPAV uno dei pilastri della lotta alla pirateria è proprio la comunicazione. Ad esempio – ha proseguito Bagnoli Rossi – la nostra campagna “We Are Stories”, arrivata alla terza edizione, racconta le storie dei giovani che hanno realizzato o desiderano realizzare il sogno di lavorare nelle industrie audiovisive, sostenendo che scegliendo la legalità si possono proteggere questi sogni. In sostanza per combattere qualunque forma di pirateria occorre agire su più fronti coinvolgendo sinergicamente Istituzioni, Industrie e Forze dell’Ordine”.
Mollicone: “C’è poca informazione tra i ragazzi sul reato di pirateria”
“I dati raccolti da FAPAV e Ipsos Doxa ci offrono uno spaccato molto chiaro, che richiede la massima attenzione e un’ulteriore riflessione, proprio perché sono dedicati alla platea più importante, cioè quella dei ragazzi e delle ragazze”, ha affermato Federico Mollicone, Presidente VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati.
“Il 56% dei ragazzi italiani non ha ancora sviluppato la piena percezione che gli atti di pirateria sono veri e propri reati e possono avere conseguenze e rischi reali a livello individuale e penale. Sono pochissimi coloro che dichiarano di aver ricevuto informazioni chiare e specifiche sui rischi della pirateria audiovisiva, sia a scuola, che in famiglia. Per cui, numeri come questi mostrano in modo inequivocabile che la battaglia si vince prima di tutto sul fronte della consapevolezza, della sensibilizzazione e dell’educazione, non si tratta solo di reprimere. Per questo sono importanti la prevenzione e la sensibilizzazione, ma anche formare cittadini consapevoli del valore del lavoro altrui”, ha aggiunto Mollicone.
“Ho chiesto alla Presidenza del Consiglio di estendere anche all’editoria la protezione offerta dalla legge antipirateria, che ha più di 800 milioni di danni all’anno a causa degli atti di pirateria. Dobbiamo portare il concetto di legalità e di rispetto del diritto d’autore anche tra i giovanissimi, soprattutto oggi che ormai è assolutamente prassi per tutti, compresi i ragazzi, di vedere contenuti alterati e creati dalla intelligenza artificiale, perché non siamo luddisti digitali, non pensiamo che l’innovazione non vada utilizzata, sarebbe antistorico, ma è certo che va governata”, ha precisato Mollicone.
Durante la mattinata sono stati anche annunciati i Premi FAPAV/ACE (Alliance for Creativity and Entertainment), assegnati al Nucleo Speciale Beni e Servizi della Guardia di Finanza e alla Polizia Postale per il significativo impegno profuso sul piano professionale, sociale e culturale a tutela e a sostegno del Diritto d’Autore, della Proprietà Intellettuale e della creatività.
A consegnare i Premi al Colonnello Fabio Marco Vetrano, Comandante del Gruppo Radiodiffusione ed Editoria della Guardia di Finanza, e a Luigi Rinella, Direttore Centrale per la Polizia Scientifica e la Sicurezza Cibernetica, il Presidente FAPAV, Federico Bagnoli Rossi, e Larissa Knapp, Executive Vice President & Chief Content Protection Officer MPA.
Giardinetti (Associazione Civita): “Pirateria sfida globale”
“Condividiamo un metodo, quello dell’analisi dei fenomeni complessi che vanno compresi prima ancora di trovare azioni e strumenti efficaci per risolvere i problemi, assieme ad istituzioni, associazioni e mondo della cultura. Il tema che affrontiamo oggi si è incrociato con un lavoro che abbiamo portato avanti e che ha sempre al centro i giovani. Con cui bisogna parlare per capire la loro condizione emotiva, per comprendere come cultura, partecipazione sociale e attività educative possono favorire il benessere dei nostri ragazzi. Gli effetti della pandemia hanno determinato contraccolpi non ancora indagati a fondo, compresa l’innovazione tecnologica così rapida e repentina con cui sono venuti rapidamente a contatto, occasione di conoscenza, ma anche causa di isolamento e fragilità emotiva. Esiste una difficoltà oggettiva di distinguere reale e fittizio. La pirateria si inserisce proprio qui. Nel nostro studio, l’audiovisivo è l’attività che i ragazzi fanno più volentieri e si avvicina ad un modello culturale più diretto e percepito come libero nella scelta. Le ricette sono sempre le stesse: da parte dei giovani c’è la necessità di conoscere, approfondire, di avere accanto adulti credibili che li ascoltino e li educhino al fallimento e alla crisi, la necessità di occuparsi della salute mentale e del benessere fisico ed emotivo. La ricetta più importante è un approccio corale ed integrato tra stakeholders, con la voglia di capire e creare proposte, partendo dal basso e operatori di settore e istituzioni che sono pronti e preparati. La sfida è globale e questa è la strada per risolvere problemi e guardare con fiducia al futuro”, ha detto Simonetta Giordani, Segretario Generale CIVITA.
Knapp (MPA): “L’educazione è alla base di qualsiasi strategia di protezione dei contenuti”
“Le attività educational sono lo strumento più potente a lungo termine che abbiamo per plasmare abitudini digitali responsabili e rafforzare il rispetto per la creatività. L’Italia è un leader globale in questo ambito, dal quadro pionieristico di blocco dei siti dell’AGCOM all’eccezionale lavoro della Polizia Postale e della Guardia di Finanza nello smantellamento di sofisticate reti di pirateria. La MPA e l’ACE sono orgogliose di affiancare la FAPAV e questi partner, e non vediamo l’ora di ampliare la nostra collaborazione per proteggere l’economia creativa e salvaguardare i consumatori in un mondo digitale sempre più complesso. Oggi presentiamo per la prima volta uno studio dedicato a una fascia d’età storicamente associata a tassi elevati di pirateria, ma che finalmente viene analizzata sulla base di dati concreti e di un’analisi approfondita delle motivazioni. I giovani sono al centro del futuro dell’ecosistema creativo e proprio per questo il focus di questo rapporto è tanto attuale quanto essenziale. La vera sfida è garantire l’accesso ai contenuti, proteggerli e allo stesso tempo favorire l’innovazione. Viviamo in un contesto in cui infrangere la legge è diventato normale, quasi quanto scorrere un feed su Instagram. Per milioni di giovani, in Italia come negli Stati Uniti, questo scenario è già realtà. La pirateria non è più un’attività nascosta: è a portata di clic, è un’abitudine e, sempre più spesso, una norma culturale”, ha spiegato nel Keynote Speech Larissa Knapp, Executive Vice President & Chief Content Protection Officer, MPA.
“Ma dietro quel clic non c’è solo contenuto gratuito. Ci sono malware, furti di identità e reti di criminalità organizzata che traggono profitto da queste scelte. I dati mostrano che quasi due terzi dei giovani italiani tra i 15 e i 25 anni utilizzano fonti pirata per accedere a film, serie televisive e contenuti sportivi. L’Italia non è un’eccezione, ma è proprio su questo contesto che abbiamo deciso di concentrare la nostra analisi.
Oggi l’intrattenimento non è solo consumo di contenuti, ma identità e senso di appartenenza, e in questo scenario la pirateria viene spesso percepita come qualcosa di normale.
A spingerla contribuiscono diversi fattori: i costi elevati, la frammentazione delle piattaforme e l’influenza del gruppo dei pari. Se “lo fanno tutti”, allora sembra accettabile farlo anche per sé. Ma si tratta di una percezione sbagliata. Il 57% delle applicazioni pirata contiene malware, con danni economici rilevanti e profitti che alimentano fenomeni come il riciclaggio di denaro e, in alcuni casi, il finanziamento del terrorismo. Nonostante questi rischi, giovani e adulti tendono a sottovalutarli. Le conseguenze legali appaiono lontane, le minacce informatiche astratte, soprattutto perché la pirateria avviene spesso in un contesto domestico percepito come sicuro.
Per questo l’educazione è il pilastro fondamentale di qualsiasi strategia di protezione dei contenuti. Molti comportamenti illegali nascono da una scarsa consapevolezza, ed è quindi essenziale intervenire presto per formare una cultura digitale che rispetti la creatività. Le campagne attuali, tuttavia, spesso non funzionano perché non parlano il linguaggio dei giovani”, ha suggerito Knapp.
Spadaccini (Ipsos Doxa): “Tra i giovani italiani permane una diffusa inconsapevolezza dell’impatto della pirateria”
“Cosa spinge i giovani italiani a ricorrere a canali illeciti per fruire di contenuti audiovisivi? Quali leve sfruttare per diminuire un fenomeno che coinvolge complessivamente il 56% dei ragazzi dai 10 ai 25 anni? Sono state fatte 600 interviste online, tra ragazzi in età compresa tra 10 e 25 anni, ma anche ad adolescenti e preadolescenti, tra i 10 e 14 anni, per capire meglio il peso e l’incidenza di questi specifici comportamenti illegali”, ha detto Lucia Spadaccini, Direttore Ipsos Doxa.
“Il dato principale è quello del 2024 e abbiamo registrato un 56% di giovani che ha avuto, almeno una volta, l’occasione di entrare in contatto con contenuti piratati: il 40% tra i 10-14ennni, il 63% tra i 15-25enni. I giovanissimi preferiscono guardare Youtube e intrattenersi con il gaming, guardare serie in streaming e ascoltare musica online, nonché navigare sui social. I pirati qui appaiono diversi, perché fanno cose più simili agli adulti. A livello di contenuti sportivi il calcio è il più seguito, ma anche tennis e Formula Uno, qui il popolo giovanile è più omogeneo. Lo sport e il cinema attraggono maggiormente i giovani, perché rappresentano un elemento chiave per la loro crescita, emotiva, culturale e sociale.
La pirateria cosa rappresenta per i più giovani? Vedere film serie e sport live è considerato trasgressivo solo dal 32% dei giovani. Peggio è considerato rubare in un negozio, camminare nudi per strada, ma molto meno piratare. La normalizzazione socio-culturale dell’atto di piratare è vissuta come un atto passabile, “lo fanno tutti, quindi non può essere così grave”. C’è poi l’oggettiva percezione del danno e del rischio, poi c’è il tema del relativismo morale, la violenza della società in cui viviamo tende a rimodulare la scala della gravità morale di certe azioni.
Il contesto in cui si muove il fenomeno illegale è caratterizzato da numerose barriere nel tempo abbattute. Commettere un furto online assume connotazioni ben distinte rispetto ad un atto fisico, con la percezione che si può sfuggire facilmente alla sanzione. C’ è poi la progressione tecnico digitale, chi sta al passo con la velocità dell’innovazione è motivo di ammirazione. C’è poi la frammentazione dell’offerta, con il boom delle piattaforme si vede un tentativo di sfruttamento economico da parte delle imprese del settore. C’è infine la giustificazione della difficoltà di distinguere online tra lecito e illecito”, ha sottolineato Spadaccini.
“Tra le motivazioni date dai ragazzi (età 10-14 anni) troviamo: il risparmio (33%), “io pirato perché lo fanno tutti” (31%), “perché è giusto così” (31%). Tra chi ha 15-25 anni: per il 41% è giusto piratare, sia a livello economico, sia personale, anche perché c’è l’idea che si tratta di grandi aziende che fanno enormi fatturati, quindi la pirateria non è un gran danno; nel 39% dei casi si fa per emergere nel gruppo; nel 33% per risparmiare. Si tratta di una generazione che si affaccia alla pirateria come un atto di rivendicazione, di ribellione al sistema, che è percepito come insieme di lobby al lavoro. Hanno l’idea di vivere in un sistema che ha difficoltà a sanzionare e comunque non conoscono bene le pene. C’è l’assenza di vittime visibili di ogni atto di pirateria, non si vede il danno, quindi non se ne comprende la gravità. A lo sesso modo, l’impatto sull’occupazione non si vede, mentre è forte la normalizzazione cultural dell’atto di piratare, perché lo fanno in tanti anche in famiglia. A livello di rischi personali, il 40% dei 10-14enni ritiene che le minacce informatiche siano meno gravi di quel che si dice. I 15-25enni invece dichiarano di aver subito attacchi informatici nel 62% dei casi.
Pochi sono i giovani informati – ha detto la Direttrice Ipsos Doxa – solo un terzo tra i più grandi si sente informato su tali rischi, soprattutto in famiglia e a scuola tra i giovanissimi. È interessante il 41% di non informati che invece vorrebbe sapere di più sul tema, quindi c’è spazio per comunicare e sensibilizzare, soprattutto sui rischi informatici, le multe e le sanzioni possibili. I giovani inoltre vogliono esempi concreti, vogliono vedere casi chiari di cosa può accadere se si compiono atti di pirateria. Vogliono capire cosa accade dietro le quinte di un film, una serie e un evento sportivo. Cercano testimonial credibili e famosi, anche tra gli ex-pirati, vogliono essere coinvolti, dalla scuola ai social, fino ai contest in ambiti sportivi.
Se le conseguenze sono lontane dal proprio vissuto, o considerate improbabili, manca una narrazione collettiva e mass mediatica. Bisogna parlarne a scuola e in famiglia anche da piccoli, dopo tutti devono collaborare, anche le Istituzioni, le associazioni di settore e il mondo dele imprese, per sensibilizzare sul tema e contrastare in maniera credibile il fenomeno criminale”.
“Lo studio presentato da Fapav e Ipsos dimostra, ancora una volta, come i giovani tra i 10 e i 25 anni non abbiano sufficiente consapevolezza della gravità e dell’illegalità dei comportamenti legati alla pirateria informatica e del danno che creano al paese e al loro stesso futuro. È infatti particolarmente significativo che oltre il 60% di loro ammette di aver subito a propria volta attacchi informatici. La lotta alla pirateria non può essere risolta solo attraverso misure sanzionatorie, ma passa necessariamente attraverso un percorso di crescita educativa e culturale di cui dovrebbero farsi maggior carico le famiglie, la scuola e le istituzioni per formare una coscienza civica e digitale nelle nuove generazioni“, ha affermato l’amministratore delegato della Lega Calcio Serie A, Luigi De Siervo, commentando i risultati dell’indagine promossa da Fapav-Ipsos Doxa.
Chi c’è dietro la pirateria? Il panel con le imprese, le associazioni e le Forze dell’Ordine
È poi seguito il panel di interventi con le imprese, le Forze dell’Ordine e le associazioni di settore, moderato dal giornalista Il Sole 24 Ore, Andrea Biondi.
“Noi siamo particolarmente esposti alla pirateria. Il consumo delle opere audiovisive e cinematografiche avviene lungo una catena di finestre di sfruttamento, i nostri prodotti sono costosi, in particolare quello cinematografico, il ritorno sull’investimento, a differenza di alcuni eventi sportivi e della tv lineare che si concentrano sul live, avviene in mesi. Per noi è importante proteggere il contenuto non in un momento specifico, ma nell’arco di mesi, dove ogni finestra rappresenta occasione di ricavo per le imprese del settore. Grazie a Cinetel, che ci dice come vanno tutti i film in cartellone, sappiamo che l’anno scorso l’aumento della propensione di andare al cinema era più elevato tra i giovani, gli stessi che hanno maggiore propensione a piratare. Non è un dato contraddittorio, perché la correlazione tra l’illegalità e la legalità, soprattutto via streaming, è alta. C’è una fascia di popolazione appassionata di film e serie, che consuma questi contenuti in ogni modo. L’educazione e la scuola sono fondamentali, ma dobbiamo anche essere consapevoli che modelli comportamentali dannosi vanno sanzionati per ridurne gli effetti sull’industria audiovisiva, sulle sue imprese e quindi sui lavoratori del settore. Capire chi c’è dietro la pirateria è un primo passo in avanti per cambiare il comportamento dei giovani. Le mafie che esercitano violenza sulla popolazione, nella vita reale, sono le stesse che creano i sistemi di pirateria audiovisiva a cui si rivolgono questi giovani e sarebbe il caso che qualcuno glielo spiegasse bene”, ha dichiarato Alessandro Usai, Presidente di ANICA.
“Diciamo ai più giovani che questo settore potrebbe essere il loro futuro, il loro mondo lavorativo. Piratare significa distruggere anche delle opportunità future, auto-precludersi delle strade di crescita formativa e professionale. Un film inoltre è anche una testimonianza storica, un’opera che racconta storie di vita e pezzi di memoria collettiva. Tutelare un film è proteggere ricordi che vanno condivisi con tutti. Condividere un film significa condividere emozioni. La pirateria rovina tutto questo”, ha affermato Luciana Migliavacca, Presidente UNIVIDEO.
“Internet è un’opportunità immensa per muoversi in questo mondo, in maniera rapida e capillare. Qui si sviluppano un gran numero di attività lecite, ma anche illecite. Anche gli investigatori si sono adeguati, oggi sono operatori specializzati che intervengono in questo mondo sempre più liquido e multistrato. La nostra azione di contrasto si esplicita durante eventi dal vivo e trasmissioni di contenuti audiovideo streaming, intervenendo in tempi rapidissimi.
Ma non solo, identifichiamo anche negozi fisici che fungono da base operativa per la pirateria online. Seguendo il denaro, tra cui le criptovalute, si identifica più facilmente il pirata. Serve una cooperazione internazionale, poter lavorare in maniera sinergica per un contrasto efficace di questi fenomeni. Si aggrediscono questi sodalizi criminali soprattutto colpendo il profitto accumulato, togliendogli la possibilità di arricchirsi a danno del settore audiovisivo.
L’elenco degli utenti che viene acquisito tramite indagine è decifrato in dati anagrafici e divulgato ai reparti sul territorio, che poi vanno presso l’utente per condurlo in caserma e per presentargli il conto delle proprie azioni. Spesso sono ragazzi, che vengono accompagnati dai genitori, che poi devono dare conto delle proprie azioni e in quel caso comprendono la gravita dell’atto di pirateria. C’è l’esigenza di una maggiore collaborazione tra Paesi a livello internazionale, perché dall’estero vengono divulgati nel nostro Paese un gran numero di contenuti senza autorizzazione. Si tratta di contenere un segnale che parte da lontano e attraversa intere nazioni”, ha sostenuto Crescenzo Sciaraffa, Comandante Nucleo Speciale Beni e Servizi Guardia di Finanza.
“Parliamo di fenomeni che hanno un elevato livello di criminalità, strutturate a organizzata, quindi transnazionale. Abbiamo di fronte organizzazioni in grado di muovere capitali, costruire infrastrutture illecite a livello internazionale. Le operazioni “Perfect Storm”, “Gotha” e “Gotha 2”, rappresentano casi di successo in cui le forze dell’ordine globali hanno aggredito capitale illecito mosso a livello internazionale, frutti di attività è in grado di piratare contenuti audiovisivi, arrivando fino a casa degli utenti, per permettere di vedere film e serie, offerti sotto il falso profilo della gratuità, o a prezzo basso. La vera domanda è, ma come fanno? Come si muovono? Dove prendono le risorse per offrire tutto questo? La risposta è che queste organizzazioni sono le stesse che fanno profitti sul traffico di droga, la prostituzione, sulla vendita di armi e anche sul controllo violento del territorio. Bisogna avere la giusta percezione di chi c’è dietro ad un app o un sito che offre gratuitamente un film, una serie o una partita. Aprire la propria casa, con una connessione internet, a queste organizzazioni, significa fornirgli accesso ai dati personali, alle nostre informazioni sensibili, ai nostri conti correnti online. Piratando si contribuisce ad una filiera criminale senza confini e dalle enormi possibilità economiche. Fondamentale è anche cambiare il linguaggio. Pirateria, pezzotto, sono termini che vengono dai romanzi, dal mondo dell’immaginazione, che fa sembrare queste persone meno pericolose di quello che sono. Chiamiamole per quello che sono: organizzazioni criminali, violente e mafiose”, ha spiegato Ivano Gabrielli, Direttore Servizio Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica.
All’inizio qualcuno ha creduto che internet fosse gratis e oggi abbiamo l’AI, il percorso culturale mancato verso legalità online
“Storicamente il comitato ha sempre spinto per avere norme di legge più avanzate possibili. Negli ultimi 20 anni, l’Italia ha rappresentato sempre una best practice, grazie all’Agcom, a leggi all’avanguardia, a strumenti estremamente efficienti, come il Piracy Shield. Crediamo molto nell’aspetto comunicativo, nella sensibilizzazione dei più giovani alla legalità. Bisogna ricordarsi che all’inizio di tutto questo c’è un’idea sbagliata, che internet è gratuito e tutto quello che vi gira sopra è accessibile senza pagare. Il problema non è solo legato alle generazioni più giovani, ma anche ai loro famigliari, che per primi non comprendono la gravità della pirateria online. L’educazione civica oggi si fa a colpi di campagne comunicative. Se è vero che il danno economico è enorme, bisogna agire. Oggi c’è la pirateria, domani avremo anche l’AI. Forse, tra bastonate in aula e forme di altro convincimento, i giganti della tecnologia potrebbero iniziare a fare accordi con chi sviluppa contenuti, vedi l’accordo tra Disney e OpenAI. Così si svuota il polmone della pirateria online e si gonfia quello della legalità. Le grandi aziende tecnologiche potrebbero dare una grande mano in questa battaglia. Sono 65 i contenziosi aperti su questo. Vanno convinti che la strada giusta sia quella della legalità”, ha detto Paolo Marzano, Componente Comitato Consultivo permanente per il Diritto d’Autore (Mic) e docente LUISS.
“La pirateria non si sconfigge totalmente, ma si possono contenere maggiormente i danni. Venti anni fa abbiamo iniziato a sostenere che la violazione del diritto d’autore partiva dall’upload di contenuti protetti su piattaforme popolari come Youtube. Da li siamo arrivati ad avere una giurisprudenza che ci ha spiegato che queste piattaforme non erano irrilevanti in questo fenomeno, ma diffondevano contenuti illegalmente perché senza consenso. La protezione del diritto d’autore oggi è implementata sia a livello tecnologico, sia normativo e oggi su Youtube le cose vanno molto meglio. Le condanne al risarcimento e le pene da infliggere sono due temi chiave, chi ruba va punito, sia offline sia online. Il 90% della pirateria da noi monitorata passa da Cloudflare. Siamo riusciti ad ottenere che le partite di calcio piratate siano oscurate in meno di 30 minuti. Le battaglie sono tante e continue e si va avanti ad erodere sempre più lo spazio d’azione dei pirati.
L’assalto alla diligenza della creatività adesso arriva con l’AI. L’AI non è il male, ma è uno strumento che se mal utilizzo diventa una grande minaccia per l’industria dei contenuti e per il diritto d’autore.
Nel mentre che si lottava per l’articolo 17 per le piattaforme di condivisione, l’articolo 4 diceva che l’AI poteva usare un’opera protetta se nessuno si opponeva in maniera manifesta. La legge oggi dice che si tratta però di un’eccezione, i dati di terzi non possono essere sfruttati senza consenso e la legge italiana ci viene in aiuto. Non si può usare tutto gratis e le piattaforme che vogliono procedere in questo modo non accettano accordi di nessun tipo. Per questo purtroppo dobbiamo seguire la strada dei contenziosi e abbiamo fatto causa a Perplexity. L’AI deve essere uno strumento creativo, non per compiere reati”, ha detto Stefano Longhini, Direttore Gestione Enti Collettivi, Protezione Diritto d’Autore e Contenzioso MEDIASET.
“Rispettiamo la creatività” è un progetto che portiamo avanti da 15 anni. Portare una campagna nelle scuole è difficile, ma insieme si è riusciti a proporre un progetto credibile. Sullo stesso tavolo sono confluite le principali organizzazioni di difesa del diritto d’autore, che tutte assieme partecipano a questa campagna. Abbiamo scelto un taglio educativo, più che punitivo. Son due lati che devono coesistere, ma bisogna prima dare consapevolezza sulle conseguenze che arrivano dall’accedere a piattaforme pirata. La legalità parte dall’esperienza diretta legata al diritto d’autore e ai lavori da esso protetti. Molti giovani hanno acquisito competenze sul campo, hanno dato spazio ai propri talenti, anche nella creazione di film e opere audiovisive di altra natura. Hanno compreso così quanto lavoro e qualità c’è dietro le quinte di un contenuto audiovisivo. È un lavoro lungo, ma dobbiamo favorire la crescita di consapevolezza nei ragazzi, investendo su di loro. Solo così si riesce a comprendere davvero che cos’è un film e perché bisogna difenderlo dalla pirateria”, ha detto Simona Frassone, Presidente Scuolattiva Onlus.
Maccanico (Associazione CIVITA): “Ripartire dall’educazione”
“Noi, come Associazione Civita, abbiamo rilevato come per voi giovani il rapporto con i contenuti audiovisivi e con il mondo dei media sia, prima di tutto, una relazione emotiva. È una relazione che riguarda il tempo libero, ma che può diventare anche parte delle vostre ambizioni professionali. Proprio per questo è fondamentale che vi sentiate coinvolti in questo mondo, perché il coinvolgimento contribuisce direttamente al vostro benessere. Se portiamo questo ragionamento sul terreno della pirateria, credo emerga con chiarezza ciò che risulta anche dalla ricerca Ipsos, come sempre realizzata in modo particolarmente accurato. La ricerca ci dice in maniera inequivocabile che esistono due livelli distinti: la percezione della pirateria e le ragioni per cui i giovani piratano.
Le motivazioni emerse sono note e ricorrenti: è normale, lo fanno tutti; non ci sono vittime visibili; la soglia morale si abbassa; di fronte a tragedie come Gaza o l’Ucraina, vedere un film piratato sembra irrilevante; il tema delle opportunità lavorative è percepito come lontano; e infine c’è un elemento molto interessante, quello della lobby, cioè l’idea di un sistema di potere economico rappresentato dal cinema e dallo sport. Onestamente, se osserviamo certi dibattiti sul mondo dei media e dell’audiovisivo, a volte siamo noi stessi a raccontarci come una lobby. Questo è il pensiero dei ragazzi. Ed è quasi inevitabile che questa percezione produca un impatto sulla loro sensibilità.
C’è poi un ultimo punto, apparentemente banale ma decisivo: “Non conosco nessuno che abbia piratato e abbia avuto problemi”. Tutto questo è vero. Tutto questo è reale. Ed è la fotografia perfetta del perché la pirateria sia un nemico estremamente complesso e per questo insidioso. Nel confronto con i relatori sono emerse, in sintesi, due direzioni di intervento: da un lato l’educazione, dall’altro la repressione, intesa come sanzione, deterrenza, creazione di un meccanismo di preoccupazione rispetto all’attività illegale.
Alla domanda posta ai giovani – “Come si risolve il problema della pirateria?” – le risposte convincono meno, non perché la ricerca sia carente, ma perché è naturale che i giovani non dicano: “Puniteci” o “Venite a prenderci a casa”. Dicono però anche: “Bisogna comunicare meglio, usare testimonial, spiegare di più”. Tutto vero. Ma tutto, in qualche modo, già fatto. E quindi, pur essendo un aspetto da non sottovalutare – e la FAPAV in questi anni lo ha fatto meglio di chiunque altro – non può essere considerato la soluzione definitiva. Durante il confronto è però emerso un principio molto più profondo: un’idea di educazione diversa, che non faccia eccessivo affidamento sull’altruismo. Non basta dire: “Non pirato perché qualcuno perde il lavoro”. È un messaggio giusto, ma lungo, astratto, difficile da interiorizzare. Molto più forti sono invece i valori familiari, l’esempio quotidiano. Come ricordava Paolo Marzano, i quarantenni di oggi piratavano, compravano cassette. Se oggi trasmettessero un messaggio diverso in famiglia, questo ha un valore enorme nella relazione con i bambini. E soprattutto conta la comunicazione del pericolo reale. Perché, come ricordava Alessandro Usai, qui non abbiamo a che fare con un ragazzo che arrotonda: abbiamo a che fare con strutture criminali organizzate, con mafia e camorra. L’elemento educativo, secondo me, è quello che può avere il maggiore impatto reale”, ha dichiarato nelle conclusioni Nicola Maccanico, Vicepresidente CIVITA.
