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Arera: in un anno raddoppiati prezzi di gas e luce. Draghi annuncia nuove misure, possibile intervento da 5-7 miliardi di euro

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Molto preoccupata l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente: “Prezzi aumentati nonostante intervento del Governo, siamo molto preoccupati”. Già prossima settimana possibile nuovo intervento da parte dell’esecutivo per mitigare l’impatto degli aumenti del costo dell’energia su famiglie e imprese.

Allarme Arera: prezzi energia aumentati nonostante interventi del Governo

Nell’ultimo anno il prezzo di riferimento dell’energia elettrica per il cliente tipo è passato dai 20.06 centesimi di euro per kWh del primo trimestre 2021 agli attuali 46,03 centesimi per kWh del primo trimestre 2022.

Per il gas naturale si invece passati da 70,66 centesimi di euro per metro cubo agli attuali 137,32 centesimi.

Un raddoppio dei prezzi, che secondo l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) è stato riscontrato sia nel mercato a tutele sia in quello libero.

Il problema ulteriore, secondo il presidente di Arera, Stefano Besseghini, ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori, è che questo aumento generalizzato dei prezzi dell’energia sia avvenuto nonostante gli interventi del Governo, che hanno mitigato l’impatto economico e sociale su 6 milioni di imprese e 29 milioni di famiglie.

Seguendo il trend cui si è assistito a partire dall’aggiornamento dei prezzi di tutela per il terzo trimestre 2021 (luglio – settembre) – ha spiegato Besseghini – nel primo trimestre 2022 si è registrato nei servizi di tutela, nonostante gli interventi straordinari del Governo, un aumento del costo per l’energia elettrica per la famiglia tipo pari a +55% per la bolletta dell’elettricità e a +41,8% per quella del gas rispetto al trimestre precedente; considerando come “famiglia tipo” quella con consumi medi di energia elettrica di 2.700 kWh all’anno e una potenza impegnata di 3 kW e con consumi di 1.400 metri cubi annui di gas naturale”.

Chieste misure strutturali, Draghi annuncia azione di “ampia portata”

Da più parti arrivano richieste urgenti di nuove misure per scongiurare i prossimi aumenti almeno fino alla fine del secondo trimestre dell’anno. Altri propongono di trovare soluzioni strutturali alla crisi energetica, perché solo così si potrà favorire la crescita e si potrà stabilizzare la spesa di famiglie e imprese.

L’autorità per l’energia chiede anche al governo di rivedere in modo stabile gli oneri di sistema, eliminando dalla bolletta quelli che non hanno a che fare “con il sistema energetico“.

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, in visita al Porto di Genova ha annunciato al più presto, forse la prossima settimana, un decreto energia “di ampia portata”, che la la sottosegretaria al ministero dell’Economia, Maria Cecilia Guerra, traduce in un intervento da 5-7 miliardi di euro.

Le risorse, stando a quanto riportato da RaiNews, potrebbero arrivare dalle aste delle emissioni di CO2 (ETS), dalla minitassazione degli extraprofitti realizzati dagli impianti a fonti rinnovabili e ulteriori fondi nazionali.

Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, ospite del Tg1, ha lanciato l’allarme per il settore industriale, che “quest’anno pagherà una bolletta di 37 miliardi”, ribandendo il “bisogno di interventi strutturali”, e l’aumento della disponibilità di energia per l’impresa italiana, “sia attraverso l’aumento del gas italiano sia l’aumento delle energie rinnovabili”.

Rinnovabili al palo, tutti vogliono più gas

Per le rinnovabili c’è sempre l’ostacolo burocrazia, che a quanto pare sembra insormontabile. Il vero giacimento energetico illimitato su cui il nostro Paese può contare, il sole, rimane sottoutilizzato per la mancanza di avvio di quel processo di semplificazione amministrativa di cui tanto si è parlato nei mesi scorsi, ma di cui non giunge notizia di miglioramenti concreti in termini di velocizzazione dei passaggi autorizzativi per l’avvio dei lavori nei singoli impianti.

Si punta invece a gran voce all’aumento della produzione di gas nazionale, che all’inizio del secolo assicurava meno di 20 miliardi di metri cubi all’anno, poi scesa a 13 miliardi di metri cubi nel 2004 e quindi a 4 miliardi circa nel 2020. Ovviamente contestualmente è aumentato l’import (70 miliardi di metri cubi l’anno) da Russia, Algeria, Norvegia, Olanda, Libia, Azerbaigian e ora anche dal Giappone (gas liquido via mare).

Si dice: meglio aumentare la produzione di gas nazionale, perché più sicura, subito utile al mercato interno, a disposizione di famiglie e imprese, riducendo a zero le emissioni di CO2 legate ai trasporti necessari per importare la risorsa. Ma si dimentica sempre del costo ambientale, umano e sociale che si paga nelle aree di estrazione. E la tutela ambientale è appena entrata nella nostra Costituzione.