il convegno

Antonio Preto: il lungo cammino della riforma del regolamento Agcom di risoluzione delle controversie

di Antonio Preto |

L’intervento del Commissario Agcom Antonio Preto in apertura del convegno organizzato dal’Univeristà Roma Tre con il patrocinio di Agcom sul regolamento di risoluzione delle controversie.

Pubblichiamo di seguito l’intervento del Commissario Agcom Antonio Preto in apertura del convegno organizzato dal’Università Roma Tre con il patrocinio di Agcom sul regolamento di risoluzione delle controversie.

Il dibattito, in un’aula gremita, ha visto la partecipazione di accademici, operatori del settore ed esperti della materia.

Dopo gli interventi introduttivi sui vari aspetti della riforma in tema di soluzione delle controversie, come quello del Commissario Preto che ha ripercorso il lungo cammino della riforma, si è tenuta un’interessante tavola rotonda con gli operatori di settore che ha visto un’importante novità fino a qualche anno fa impensabile in un dibattito fra operatori delle comunicazioni elettroniche: la partecipazione di Francesca Valente direttore regolazione e antitrust di ENEL, che testimonia una volta di più il coinvolgimento a di nuovi importanti attori  nel nuovo scenario delle reti di comunicazioni elettroniche.

Il lungo cammino della riforma

Il cammino della riforma è stato lungo e il sentiero da percorrere non privo di ostacoli. Siamo partiti da un regolamento del 2008 che aveva dato buona prova di sé. Il riferimento, dunque, era scomodo: difficile fare meglio. Ma, certo, era d’obbligo intervenire, per le innovazioni normative e per il contesto in continua evoluzione. Tre i profili che riassumono il questo cammino: procedurale, sostanziale e strategico.

Primo: il punto di vista procedurale

L’aspetto procedurale, a mio avviso, è centrale nell’ adozione della delibera n. 226. Esso svela, nel modus, le intenzioni reali.

Con mossa atipica, ho personalmente sostenuto, non senza contrasti, la partecipazione di esperti esterni, professionisti e accademici, in un seminario tenutosi in Autorità. Invece di andare subito a consultazione, ho ritenuto di avviare un previo confronto in una vera e propria tavola rotonda.

Credo, permettetemi l’espressione, di aver visto giusto e aver dato valore aggiunto al percorso di riforma. Le idee emerse in quella sede sono state molte; non di tutte, ma di alcune si è potuto tenere conto nella stesura della bozza del nuovo testo. Molti di coloro che hanno partecipato a quei lavori sono qui oggi a iniziare la fase interpretativa del regolamento ormai vigente. Li ringrazio.

Poi, naturalmente, abbiamo applicato le ordinarie procedure di consultazione pubblica, tipica dei regolatori, che superano, come a tutti noto, il tradizionale modello della legge n. 241 del 1990.

Dalla consultazione abbiamo tratto spunti notevoli. E ne abbiamo tenuto conto, specialmente per i punti più innovativi. Una partecipazione in funzione collaborativa, dunque, e non difensiva, come ricorda la migliore dottrina.

Secondo: il punto di vista sostanziale

Faccio solo alcuni esempi, lasciando ai relatori l’analisi dell’impianto regolamentare.

I soggetti. Abbiamo esteso il campo di applicazione a soggetti non autorizzati ai sensi del Codice, ma interessati alla posa delle infrastrutture: un tema già emerso in ambito di co-ubicazione (delibera n. 622/11/Cons), che potrebbe rivelarsi utile nello sviluppo delle dorsali e nella semplificazione dei rapporti. Una decisione lungimirante, se consideriamo la recente scelta fatta dal governo di attribuire ad Agcom la competenza a risolvere le controversie in attuazione della direttiva 2014/61/UE, ampliando così la platea dei soggetti interessati. La presenza di Enel, oggi, ne costituisce una conferma.

I tempi. Lo sforzo di ricondurre la tempistica entro i quattro mesi previsti dalla direttiva è notevole. Conoscevamo la non perentorietà dei termini ma allo stesso tempo, avevamo la consapevolezza che solo una giustizia celere è vera giustizia.

Cautelare monocratico. Qui l’innovazione è sostanziale. Il rispetto dei diritti degli utenti, necessita di una decisione immediata, che potrebbe rivelarsi cruciale – faccio una mera ipotesi – in caso di interruzione generalizzata del servizio. O in caso di una sua alterazione sostanziale (pensiamo all’impatto di eventuali operazioni ‘occulte’ sulla net neutrality).

Rapporto con la giurisdizione. La norma, per essere capita, deve essere calata nel contesto dei rapporti dell’Autorità con gli  operatori. Una controversia viene avviata, istruita, studiata. Le parti sono messe in contatto, gli uffici approfondiscono la materia. A volte emerge un problematica generale legata alla controversia, che la decisione potrebbe risolvere.

Ora, alla parte è sempre consentito il ricorso alle vie giurisdizionali; se però tale diritto si esercita in uno stadio avanzato della controversia, allora vi è una perdita di risorse, tempi e potere decisorio. Per questo abbiamo considerato importante – e l’impulso è venuto proprio dalla Direzione interessata – consentire all’Autorità di pronunciarsi quando il ricorso alle vie giurisdizionali appaia strumentale e, comunque, intempestivo. Non si tratta, certamente, di definire la controversia nel merito, ma di esprimersi sui “principî generali” del caso (se vi sono) che possono contribuire alla chiarezza del quadro regolamentare (magari in riferimento a istituti complessi o di difficile attuazione pratica).

Il tema è delicatissimo, come si comprende immediatamente. Tocca diritti costituzionali. La dialettica sul punto è stata intensa anche in seno all’Autorità. Alla fine è prevalsa una posizione di equilibrio, per cui il diritto al ricorso giurisdizionale, se esercitato quando lo stadio di trattazione della controversia è avanzato, non impedisce all’Autorità di pronunciarsi comunque, ma, come detto, limitando la pronuncia ai principî generali della materia.

Come si può capire, la soluzione della questione è legata strettamente alla regulation by litigation. E cioè alla “dimensione strategica” del regolamento: aspetto, questo, che mi interessa maggiormente e su cui vorrei soffermarmi.

Terzo: il punto di vista strategico

Il quadro giuridico di riferimento è molto sfidante perché consente ad Agcom di giocare una partita a tutto campo.

Come a tutti noto, l’art. 23 del Codice, al terzo comma, correla la soluzione delle controversie  agli obiettivi generali del settore (tracciati dall’articolo 13). L’art. 42, comma 5, disciplina l’intervento ex officio dell’Agcom in materia di interconnessione. Ecco, sono i principî generali del settore a venire in rilievo: è qui che si gioca un passaggio chiave. L’ampiezza della norma è tale da offrire varie sfaccettature, e una nuova frontiera all’Autorità e agli operatori. Ecco, lo strumento “contenzioso” può essere utilizzato certo per dirimere la controversia, ma anche per indicare criteri rilevanti per l’intero mercato.

Non solo: la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sua sentenza del 16 aprile 2015 (C-3/14) ha statuito che le decisioni di risoluzione delle controversie sono soggette all’obbligo di notifica ai sensi dell’art. 7 della direttiva quadro. La Corte ci dice che le decisioni assunte dalle ANR nell’ambito della soluzione delle controversie non sono “minori”, né questa è una competenza “minore”. Al contrario: ha la stessa dignità dell’attività prettamente regolatoria, poiché può avere lo stesso impatto.

Se avevamo ancora qualche dubbio sull’importanza della funzione di soluzione delle controversie, la Corte di giustizia, con questa sentenza, lo elimina del tutto. Il diritto europeo non tradisce, neanche in questo caso, il suo orientamento funzionalista e va alla sostanza delle cose. Traiamone i necessari insegnamenti.

Prendiamo qualche esempio ricostruttivo, oltre che di case law. Richard Posner qualche anno fa è tornato sulla fondamentale questione della regulation by litigation[1]. Ha ricordato, conformemente alla tradizione statunitense, come la regulation sia demandata alle agencies, ossia alle amministrazioni, e la litigation alle Corti.

Rispetto alla formazione dello ‘stato amministrativo’ nel corso del XX Secolo, oggi il panorama economico è molto cambiato. È vero che a volte può essere considerato più efficiente l’intervento giurisdizionale. Ma in altri casi avviene il contrario: proprio nel settore delle comunicazioni elettroniche può esistere un vantaggio comparativo nell’uso delle amministrazioni specializzate, rispetto alle corti (“Rising information costs because of greater technological complexity may also increase the gain to expertise and hence the comparative advantage of specialized agencies relative to generalist courts”, conclude Posner nel suo articolo).

Certo, questi temi toccano un argomento specifico, ossia quando sono le stesse agiencies a ricorrere alle courts per disciplinare un settore: scegliendo, appunto, la via giurisdizionale, invece di quella regolatoria.

Il tema posto dal regolamento è parzialmente diverso, ma non del tutto. Qui è la soluzione alternativa delle controversie a venire in rilievo. Con l’espressione, come noto, intendiamo tecniche volte a risolvere controversie sia in un’ottica giustiziale (e, cioè, consentendo a terzi di decidere), sia in un’ottica negoziale, attraverso un’opera di facilitazione che conduca alla composizione (attraverso incentivi).

Fino ad oggi abbiamo conosciuto la prima versione, quella giustiziale. La dottrina, amministrativistica e costituzionalistica, si è incentrata su natura e poteri delle autorità indipendenti parlando di funzione “quasi-giurisdizionale”. La Cassazione ha escluso tale natura: o giustizia o amministrazione; tertium non datur, secondo il noto insegnamento della sentenza del 2002, n. 7341.

Forse vi sono più modelli che convivono: alla natura tendenzialmente giustiziale se ne associa una sostanzialmente amministrativa, con l’aggiunta di tratti volontaristici.

Ed è proprio la linea di confine a interessarci, in questo momento storico; per capire il legame tra profili regolatori e decisori. La soluzione del rapporto con la giurisdizione, fatta propria dal nuovo regolamento, al fondo, parla di questo aspetto. Che infatti dà il titolo al Convegno.

Partiamo da questa considerazione. Come detto, in alcuni casi si assiste all’uso, da parte dell’amministrazione, delle vie giurisdizionali, per giungere a definire le regole dell’attività economica e industriale attraverso il case law, invece che con le procedure dell’Administrative Procedure Act. La regulation by ligation, assume quindi un connotato specifico (diverso dal caso Agcom), ma indicativo. Come sostengono Morriss, Yandle e Dorchak, infatti, “Regulation-by-litigation, as this new phenomenon became known, uses litigation and the courts to achieve and apply regulatory outcomes to entire industries[2].

Qual è il problema di fondo? Quello della corretta apposizione, in termini economici, delle regole. Non deve esservi un eccesso di regolazione, ma nemmeno un difetto dovuto a miopia (Jean Tirole ci ricorda che avremo molto da fare con le piattaforme digitali).

Il rafforzamento del ruolo della regolazione e delle controversie, e del loro reciproco nesso con la giurisdizione, può colmare un vuoto. Per fronteggiare le carenze di regolazione delle nuove frontiere, dove ci si muove con più cautela. Regulation by litigation anche per le piattaforme digitali anziché regolazione ex ante? Una domanda che dobbiamo porci.

Insomma, colmare le carenze di regolazione. Questa è la vera sfida che in Autorità ci siamo posti con il nuovo regolamento.

Ho parlato altrove di “proporzionalità inversa”. È proprio questo il senso: i tavoli negoziali che possono aprirsi con il regolamento di soluzione delle controversie sono importanti e influenti. Di grande impatto. Perché in un contesto come quello odierno, in cui la regolazione interviene a disciplinare una vasta gamma di rapporti, ma a volte stenta a stare al passo con i tempi, uno stimolo può venire proprio da una soluzione condivisa, giocando sullo stesso tavolo su questioni centrali per il mercato.

Ecco i termini della sfida. Avviare procedure di litigation “interne” all’Autorità, che conducano, in maniera effettiva, alla soluzione di problemi. Per giungere poi, per induzione, a una definizione generale: di natura regolamentare, appunto.

Il compito non è facile. Ma va tenuto mente da quanti sono tenuti ad interpretare le disposizioni vigenti. Perché la soluzione diviene un criterio teleologico determinante.

Siamo in una zona di confine, in cui il rischio paventato dalla capture theory è presente. Richiamando ancora Posner, vediamo che “[a]gencies are specialized, and this facilitates the development of expertise in technical subjects”; però, come elemento negativo, they “are subject to far more intense interest-group pressures than courts”.

Allora, richiamando la Public Choice, si potrebbe forse cercare il rafforzamento del public interest: la litigation, non solo potrebbe supplire a carenze regolatorie, ma potrebbe ovviare al grande dilemma dell’adeguata rappresentazione degli interessi.

I pilastri del tema sono generali, e sono Politica, Amministrazione, Giudice. Tre poli, da dosare bene. Stimolare il political ladder solo laddove necessario (con la politica industriale, di cui Mark Thatcher ha recentemente preconizzato il ritorno); favorire l’expertise delle amministrazioni, anche per le controversie; ricorrere al Giudice se non si compone una soluzione.

Il nostro regolamento vuole percorrere tutto questo cammino che, come vedete, è ancora molto lungo.

 Le Prospettive

Quella del ruolo strategico è una prospettiva di ampio respiro. Ma la realtà offre sempre nuovi stimoli.

E infatti vi è infatti un altro elemento che indica come il cammino non sia ancora compiuto.

Nell’ambito dell’Agenda Digitale Europea, l’Unione, con la direttiva n. 61 del 2014, ha fissato in capo agli Stati l’obbligo di adottare misure che garantiscano la simmetria informativa e facilitino la posa di infrastrutture. Incidendo su accesso, progettazione e collocazione all’interno delle proprietà.

L’art. 10 della direttiva prevede la creazione a livello nazionale di uno o più organismi indipendenti per la soluzione delle controversie. Questi potranno “imporre” una soluzione alle parti, per evitare rifiuti ingiustificati di negoziare, oppure per eliminare condizioni non ragionevoli.

Il nostro Governo, con scelta saggia ha ritenuto di attribuire tale competenza ad Agcom, autorità amministrativa indipendente, proprio in virtù dell’esperienza e già acquisita nel settore. Una attribuzione confermata dall’art. 9 dello Schema di Decreto Legislativo di attuazione della direttiva.

Una nuova competenza? Un nuovo modo, oltre a quello che stiamo analizzando oggi? Forse sì, ma solo negli ‘accidenti’ (in senso aristotelico), e non nella ‘sostanza’.

L’Autorità sarà chiamata, in linea con la direttiva quadro, ad assumere una decisione vincolante e proporzionale. Da adottare entro due mesi – per accelerare un processo per molti versi ancora troppo lento (da cui rinasce il tema centrale dei tempi).

Questo intervento eventuale di Agcom, ex post, va nella direzione di non incrementare il carico regolatorio ex ante. Una scelta che, in casi come questo, può rivelarsi la migliore per garantire l’equilibrio del mercato.

Ai sensi dello stesso art. 9, occorreranno modifiche ai regolamenti vigenti: la materia è dunque viva, e necessita continui adattamenti.

Conclusioni

È presto per fare un bilancio. L’anno in corso è lo stesso dell’adozione e dovremo attendere assestamenti pratici.

Occorre giocare di sponda, riscoprire l’interesse pubblico anche nel dialogo con gli operatori.

In generale, un punto appare chiaro: il ruolo del regolamento va oltre i suoi confini naturali. Genera un punto di contatto tra controversie, regolazione e procedimenti giurisdizionali. Se è così, allora la via scelta dal regolamento è certo difficile, ma apre prospettive interessanti e forse non del tutto prevedibili.

Le controversie sono una tessera di questo mosaico. Ci apprestiamo ad analizzarlo con le relazioni che seguono. Ringrazio tutti voi che avete accolto l’invito ad intervenire oggi. In particolare Francesca Valente Direttore Regolazione e Antitrust di Enel per aver risposto positivamente a un appello last minute. Ma Enel ormai è uno di noi, volente o nolente.

Ho voluto fortemente questo convegno e ringrazio Giulio Napolitano e Andrea Zoppini per averlo organizzato assieme a me. La partecipazione di qualificatissimi giuristi, degli operatori e dei direttori chiave di Agcom in questa materia sono garanzia di successo.

Anche per questo abbiamo deciso di pubblicarne gli atti, perché rimangano come guida interpretativa, a disposizione di tutti coloro che saranno chiamati, a vario titolo, a dare attuazione alle nuove norme.

Un grazie speciale all’avvocato Bruno Carotti che è l’anima vera di questo regolamento. Forse la persona che meglio lo conosce. Gli sono grato per l’eccellente lavoro che ha fatto anche per preparare questo evento.

[1] R.A. Posner, Regulation (Agencies) versus Litigation (Courts): An Analytical Framework, in Regulation vs. Litigation: Perspectives from Economics and Law, a cura di D.P. Kessler,  Chicago, University of Chicago Press, 2009, p. 11 ss.
[2] A.P. Morriss, B. Yandle, A. Dorchak, Regulation by Litigation, New Haven, Yale University Press, 2012, p. 1.