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Antitrust Ue indaga su Meta, ha favorito la sua AI su WhatsApp a scapito dei rivali. Commissione pronta a colpire

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Nuovo scontro tra Bruxelles e Big Tech. L’Antitrust europea sospetta che la società di Zuckerberg stia ostacolando le AI rivali per favorire il proprio assistente virtuale sulla piattaforma di messaggistica. L'Autorità italiana si era già mossa. Ora possibili misure lampo da parte della Commissione.

Abuso di posizione dominante? Meta nel mirino dell’Antitrust europea, avrebbe favorito la propria AI a discapito dei concorrenti

Guai in vista per Meta Platforms. La Commissione europea ha aperto ufficialmente un’indagine antitrust nei confronti del gigante tecnologico americano. Al centro della contesa c’è WhatsApp e, più nello specifico, il modo in cui l’azienda sta integrando le funzionalità di Intelligenza Artificiale (IA) all’interno della sua celebre app di messaggistica.

Secondo Bruxelles, Meta potrebbe aver abusato della sua posizione dominante per “chiudere le porte” ai concorrenti, favorendo il proprio sistema, Meta AI, a discapito delle startup innovative europee.

L’accusa: WhatsApp come “recinto chiuso”?

Tutto nasce dalle lamentele presentate da alcune aziende più piccole, tra cui la startup californiana (ma fondata da tedeschi) The Interaction Company (creatrice dell’assistente Poke.com) e la spagnola Luzia.

Il nocciolo della questione è semplice: da marzo, Meta ha iniziato a integrare il proprio chatbot AI direttamente nell’interfaccia di WhatsApp. Tuttavia, una nuova policy che dovrebbe entrare pienamente in vigore dal 15 gennaio 2026, rischierebbe di bloccare l’accesso alla piattaforma per i fornitori di AI concorrenti.

In parole povere: se vuoi usare un assistente intelligente su WhatsApp, Meta vorrebbe che tu usassi il suo, rendendo difficile o impossibile l’utilizzo di quelli creati da altri.

Mark Zuckerberg, presidente e amministratore delegato di Meta Platforms (proprietaria dal 2014 di WhatsApp)

La linea dura dell’Europa: possibili “misure cautelari”

La risposta dell’Unione europea non si è fatta attendere. Teresa Ribera, Vicepresidente esecutiva della Commissione europea e Commissaria europea per la concorrenza, ha dichiarato che la Commissione potrebbe non aspettare la fine dell’indagine per agire.
Si parla infatti di una sorta di “misure cautelari”: un provvedimento d’urgenza che obbligherebbe Meta a cambiare rotta immediatamente, prima ancora che venga emessa una sentenza definitiva, per evitare danni irreparabili alla concorrenza.

“Dobbiamo affrontare ciò che sta accadendo  e potrebbe essere necessario adottare misure provvisorie”, ha detto Ribera, sottolineando la necessità di garantire che i cittadini e le imprese europee possano beneficiare di un mercato dell’IA aperto e non monopolizzato dai soliti noti.

Cosa rischia Meta?

La posta in gioco è altissima, come spiegato da Reuters e Financial Times. Se al termine dell’istruttoria Meta dovesse essere trovata colpevole di violazione delle norme antitrust europee, rischierebbe una multa salatissima: fino al 10% del suo fatturato globale annuo. Parliamo di cifre a nove zeri.

Non è solo Bruxelles a muoversi: anche l’Antitrust italiano aveva già acceso un faro sulla questione a luglio, indagando se l’integrazione dell’AI su WhatsApp non fosse una leva per schiacciare il mercato.

La difesa di Meta: “Accuse infondate”

Da parte sua, l’azienda di Zuckerberg respinge ogni addebito. Un portavoce di Meta ha definito le accuse “prive di fondamento”, spiegando che l’apertura della piattaforma a chatbot di terze parti ha messo “sotto sforzo i nostri sistemi, che non erano progettati per supportarli”. La limitazione, secondo l’azienda, sarebbe quindi dovuta a motivi tecnici e di sicurezza, non alla volontà di eliminare la concorrenza.

Il portavoce ha inoltre aggiunto che il settore dell’AI è “altamente competitivo” e che gli utenti hanno molti altri modi per accedere ai servizi che preferiscono.

Questa indagine segna un nuovo capitolo nel braccio di ferro tra l’Europa e le Big Tech (come Google, Amazon e Apple). L’UE vuole evitare che i giganti che già dominano i social media e la messaggistica usino la loro forza per conquistare senza sforzo anche il nascente e ricchissimo mercato dell’intelligenza artificiale.

Teresa Ribera, Vicepresidente esecutiva della Commissione europea e Commissaria europea per la concorrenza

Ribera contro le Big Tech

In un’intervista a Politico, la vice presidente della Commissione europea Ribera ha definito “un ricatto” la richiesta degli Stati Uniti all’Ue di “ammorbidire” le norme sulle Big tech per avere in cambio “dazi più bassi sull’acciaio”.
Il fatto che questa sia la loro intenzione, non significa che accettiamo questo tipo di ricatto“, ha aggiunto, ribadendo che le leggi europee sul digitale non dovrebbero avere nulla a che fare con i negoziati sui dazi essendo una questione di sovranità.

Il Digital market act (Dma) e il Digital services act (Dsa), secondo gli Stati Uniti, penalizzerebbero troppo Google, Microsoft, Meta, Amazon, Apple, Oracle, OpenAI e altre grandi società tecnologiche americane.

Alla domanda sul perché avesse preso una posizione così dura, Ribera ha risposto che le osservazioni del segretario al Commercio USA, Howard Lutnick, in occasione dell’incontro dei ministri per il Commercio dei 27 Stati dell’Unione europea, erano “un attacco diretto contro il Digital Markets Act (Dma)”. Ha aggiunto: “è mia responsabilità difendere un mercato digitale funzionante in Europa”. 

In vista del Consiglio Telecom degli Stati membri in programma domani a Bruxelles, dove si discuterà la proposta della Commissione Ue sul Digital Omnibus, il settore Tech chiede ai governi nazionali di agire con decisione a favore di una semplificazione normativa che non ostacoli la loro presenza ed espansione nella Ue. Lo scrive la Computer & Communications Industry Association (CCIA Europe), l’associazione che rappresenta le principali Big Tech globali.

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