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Antitrust: “Tim ha ostacolato l’ingresso di Open Fiber”. Il Gruppo rischia forte multa

Tim ha ostacolato l’ingresso sul mercato di Open Fiber. È quanto ha accertato l’Antitrust al termine del procedimento, avviato nel 2017 e poi esteso nel 2018, per abuso di posizione dominante (violazioni all’art. 102 Tfue), nel mercato all’ingrosso e al dettaglio dei servizi a banda larga e ultra larga, volta a ostacolare l’ingresso del nuovo concorrente infrastrutturale (che fornisce servizi di comunicazione a banda ultra larga). Il Gruppo Tim rischia una multa salata, “fino al 10% del fatturato”.

In questo caso il valore delle vendite da considerare per il calcolo della sanzione sarà dato per le condotte wholesale da vendite di servizi all’ingrosso (in un range di 0,7-1,2 miliardi) e da 3-5 miliardi per il retail. Ovviamente è poi da considerare che l’Antitrust, nel caso decidesse per la sanzione, valuterà diversi fattori e potrebbe scegliere una linea meno dura. Si potranno cioè considerare delle attenuanti.

Nel documento dell’Autorità, riportato dal Messaggero e dal Sole24Ore, si legge che “dall’analisi della documentazione raccolta nel corso del procedimento, emerge una strategia anticoncorrenziale complessa, composta di condotte differenti, attuate nelle aree bianche e nella restante parte del mercato nazionale. Le condotte sono tutte indirizzate a preservare ingiustificatamente il potere di mercato wholesale (all’ingrosso) e retail detenuto da Tim, a ostacolare l’ingresso sul mercato di Open Fiber, scongiurando una trasformazione del mercato secondo condizioni di concorrenza infrastrutturale, e a impedire un regolare confronto competitivo tra gli operatori attivi nel mercato dei servizi al dettaglio nella fase di passaggio dalle connessioni a banda larga alle connessioni a bandaultralarga”.

Il Sole 24 Ore aggiunge che il procedimento dell’Antitrust si concluderà il 30 settembre, con Tim che ha tempo fino al 27 giugno, giorno in cui è previsto un Cda, per presentare memorie scritte e documenti con cui far valere le proprie ragioni, contro quelle dell’Autorità, secondo cui la decisione di Tim di realizzare una rete Fttc (Fiber to the cabinet) nelle aree bianche sarebbe stata presa solo per ostacolare i piani di Open Fiber. Contro la quale già a dicembre 2015, dopo l’approvazione da parte di Enel, (che controlla il 50% di Open Fiber insieme a Cdp che detiene l’altro 50%), in un documento interno “Tim afferma che l’insieme delle ipotesi di reazione” dovrebbe “concretizzarsi in una complessiva azione di disturbo“. Si legge ancora che “a dicembre 2015 si propone un avvio strumentale della negoziazione con Metroweb”.

Abuso di posizione dominante sul progetto Cassiopea, ora sospeso da Tim

La posizione dominante accertata dall’Antitrust giunge a conclusione del procedimento che ha anche fatto luce sul progetto Cassiopea di Tim.

Il progetto Cassiopea, elaborato dall’azienda per portare la banda ultralarga in Fttc (tramite upgrading della rete in rame) nelle aree bianche a fallimento di mercato, è stato congelato da Tim dopo l’addio dell’ex amministratore delegato Flavio Cattaneo. Proprio il progetto Cassiopea, in concorrenza con Open Fiber, è stato fra i motivi scatenanti del muro contro muro ingaggiato da Flavio Cattaneo con il Governo sui bandi Infratel, che secondo l’ex ad sarebbero stati disegnati per far vincere la società controllata da Enel e Cdp.La successiva nomina di Amos Genish è stata voluta da Vivendi, primo azionista di Tim, proprio per rasserenare il clima nei rapporti fra l’azienda e il Governo italiano.

Ora, secondo quanto accertato dall’Antitrust, “Tim ha deciso di effettuare un investimento non remunerativo con Cassiopea, volto a scoraggiare l’entrata di Open Fiber nella prospettiva di potere recuperare in futuro con maggiore tasso di profittabilità, una volta conseguito il disegno escludente”. Nello stesso periodo l’Autorità imputa a Tim di aver adottato una serie di comportamenti per fare “pre-emption”: limitare la capacità dei suoi concorrenti di conquistare fette di mercato giocando sul mix di più offerte con l’abbassamento dei prezzi dei servizi wholesale fibra nelle aree contendibili (che Agcom vorrebbe deregolamentare) per abbassare anche il prezzo dell’offerta retail adottando allo stesso tempo un meccanismo per costringere i clienti a rimanere per periodi molto lunghi. Il risultato distorsivo sarebbe così visibile in quello che è successo fra 2016 e 2017 nell’ultrabroadband: da 42,6% a 48% la quota di mercato di Tim; da 22,1% a 20,7% quella di Vodafone e da 27,3% a 20,3% quella di Fastweb.

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