Procedimento cautelare contro Meta: perché l’Antitrust italiana accusa il colosso USA di abuso di posizione dominante
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), anche nota come Antitrust, ha ampliato il “procedimento istruttorio avviato nei confronti di Meta Platforms Inc., Meta Platforms Ireland Limited, WhatsApp Ireland Limited e Facebook Italy S.r.l. – indicate come Meta”, avviato a luglio, con riferimento alle “condizioni contrattuali Whatsapp Business Solution Terms”.
Tali condizioni, secondo il giudizio dell’Agcm, “escludono dalla piattaforma Whatsapp, a decorrere dal 15 ottobre 2025, le imprese concorrenti di Meta AI nel mercato dei servizi di AI Chatbot”.
Inizia così la comunicazione dell’Antitrust sull’avvio del procedimento cautelare nei confronti di Meta – il gruppo che controlla Facebook, Instagram e Whatsapp – per presunto abuso di posizione dominante nel mercato dei servizi di intelligenza artificiale (AI) Chatbot.
Una decisione che segna un passaggio cruciale nel difficile rapporto tra Big Tech e concorrenza, non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa: secondo l’Antitrust, le nuove condizioni contrattuali imposte dal Gruppo di Mark Zuckerberg potrebbero danneggiare lo sviluppo del mercato dell’intelligenza artificiale conversazionale, con effetti negativi su imprese e consumatori.
Cosa ha fatto l’Antitrust: ampliato il procedimento e avviata la fase cautelare
L’Agcm ha deciso di ampliare l’istruttoria già aperta nei confronti di Meta includendo le nuove condizioni dei WhatsApp Business Solution Terms, introdotte il 15 ottobre 2025.
Parallelamente, si legge nel testo del provvedimento, l’Autorità ha avviato un procedimento cautelare (ex art. 14-bis della legge 287/1990), uno strumento utilizzato quando si ritiene che un comportamento possa causare un danno imminente e irreparabile alla concorrenza.
Questa fase serve a intervenire rapidamente, anche prima di una decisione definitiva.
Era stato il Codacons, con un esposto presentato lo scorso marzo, a portare a luglio all’apertura di un procedimento da parte dell’Autorità per la concorrenza per presunto abuso di posizione dominante nei confronti di Meta.
Nell’esposto si metteva nel mirino l’introduzione automatica dell’assistente virtuale “Meta AI” all’interno dell’applicazione Whatsapp, senza il preventivo consenso espresso degli utenti e con possibili ripercussioni sul fronte della concorrenza e danni per altre imprese che operano nel settore dell’IA, escluse dall’applicazione.
Una vicenda quella delle funzioni di AI legate a Whatsapp che coinvolge ad oggi 37 milioni di utenti italiani che utilizzano l’app di messaggistica (oltre 2 miliardi nel mondo) e che rischia di avere ricadute negative dirette per gli stessi consumatori.
La condotta di Meta, infatti, secondo l’associazione dei consumatori, potrebbe impedirebbe del tutto ad altre imprese che forniscono servizi di AI Chatbot di utilizzare la piattaforma Whatsapp, facendo venir meno per gli utenti ogni possibilità di avvalersi di servizi di intelligenza artificiale alternativi a Meta AI.
Oggetto del procedimento: le nuove condizioni imposte da Meta su Whatsapp Business
Il punto centrale dell’istruttoria riguarda il fatto che, dal 15 ottobre 2025, le nuove condizioni contrattuali di Whatsapp prevedono l’esclusione dalla piattaforma delle imprese concorrenti di Meta nel settore degli AI chatbot.
In altre parole: i chatbot di aziende rivali non potranno più operare su Whatsapp, mentre gli strumenti di Meta AI verranno integrati nativamente nella piattaforma, aumentando ulteriormente la diffusione dei servizi di Meta.
Una scelta che, secondo l’Autorità, potrebbe alterare in modo significativo l’equilibrio competitivo.
Perché l’Agcm accusa Meta di abuso di posizione dominante
Secondo l’Antitrust, la condotta di Meta sarebbe idonea a limitare la produzione, gli sbocchi commerciali o lo sviluppo tecnologico nel mercato degli AI chatbot.
Ciò rappresenterebbe una possibile violazione dell’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che vieta l’abuso di posizione dominante.
In particolare, l’Agcm teme che:
- Whatsapp è una piattaforma largamente dominante nel mercato della messaggistica, soprattutto in Italia.
- Ridurre o impedire l’accesso ai concorrenti di Meta AI significherebbe tagliare fuori dal mercato molti operatori, ostacolando lo sviluppo di soluzioni innovative alternative.
- L’integrazione dei servizi Meta AI all’interno di Whatsapp rafforza ulteriormente il potere del gruppo, creando un ecosistema chiuso che non lascia spazio alla concorrenza.
Perché il danno sarebbe “grave e irreparabile”
Secondo l’Antitrust, la violazione potrebbe produrre effetti immediati e difficili da eliminare in seguito.
Il motivo principale è il comportamento dei consumatori: gli utenti tendono ad essere poco propensi a cambiare piattaforma, soprattutto quando si parla di servizi di messaggistica.
Questo significa che:
- una volta esclusi i chatbot concorrenti, recuperare terreno diventa quasi impossibile;
- Meta potrebbe consolidare un controllo quasi totale del mercato degli AI chatbot su Whatsapp prima ancora che l’Autorità riesca a decidere sull’istruttoria principale.
La gravità delle accuse
Il cuore dell’accusa è l’abuso della posizione dominante: un comportamento attraverso il quale un’impresa che già domina un mercato utilizza il proprio potere per escludere i concorrenti, non per competere con la qualità del proprio prodotto, ma attraverso vincoli contrattuali o barriere tecniche.
In termini semplici: Meta non verrebbe contestata per avere servizi migliori, ma per impedire agli altri di competere su un canale essenziale come Whatsapp.
Se confermata, questa condotta potrebbe costituire una delle violazioni antitrust più rilevanti degli ultimi anni in Europa nel settore dell’intelligenza artificiale.
L’avvio del procedimento cautelare contro Meta conferma l’attenzione crescente dell’Antitrust verso le Big Tech e i nuovi mercati generati dall’AI.
L’esito dell’istruttoria sarà determinante non solo per Meta, ma per l’intero ecosistema dell’intelligenza artificiale conversazionale.
Se l’Autorità dovesse accertare l’abuso, potrebbe imporre misure immediate per riaprire il mercato, garantendo pari opportunità alle imprese concorrenti e tutelando gli utenti da un possibile monopolio digitale.


