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AI e automazione, 12 milioni di posti di lavoro vacanti negli USA entro il 2030. Sempre più grande il problema delle competenze

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Il mondo del lavoro entrerà presto in crisi negli Stati Uniti per competenze professionali troppo datate e difficoltà di utilizzo delle nuove tecnologie, secondo un nuovo studio pubblicato da Boston Consulting Group e Faethm.

Il documento, dal titolo “The Future of Jobs in the Era of AI“, stima che mancheranno tra 600 mila e 12,5 milioni di figure professionali negli USA considerate dalle imprese adeguate all’utilizzo di tecnologie come l’automazione e l’intelligenza artificiale entro i prossimi dieci anni, circa il 4,5% della forza lavoro nazionale.

Lavoro in crisi: mancano le competenze e crescono i posti di lavoro vacanti

Alcuni settori come architettura e ingegneria potrebbero soffrire una mancanza di nuove figure professionali tra le 60 mila unità del 2020 e 1,3 milioni stimati per il 2030, mentre contemporaneamente cresceranno le assunzioni tra gli informatici e i matematici, che potrebbero aumentare dai +571mila del 2020 ai +6,1 milioni attesi entro i prossimi dieci anni.

Altre figure professionali a rischio per mancanza di competenze sono gli operatori sanitari e gli addetti al supporto tecnico. In questo caso il deficit dovrebbe oscillare tra le 1,1 milioni a 1,7 milioni di unità.

Colletti blu e bianchi impiegati in aree come il supporto amministrativo e il lavoro di ufficio vedranno cambiare drasticamente il proprio ruolo a causa dell’introduzione di tecnologie per l’automazione e dei software per l’intelligenza artificiale.

L’innovazione tecnologica già di per sé favorisce la riduzione dei costi e del numero di occupati in un determinato settore, migliorando nel contempo efficienza e produttività, ma potrebbe anche avere effetti diretti ed indiretti crescenti sul mercato del lavoro, sull’offerta e la domanda di lavoro.

La tecnologia non è sinonimo di disoccupazione

Ovviamente, gli esseri umani saranno sempre presenti accanto a queste tecnologie innovative, come appunto l’intelligenza artificiale e l’automazione o la robotica, perché dovranno favorirne lo sviluppo in termini di software impiegati, di analisi dati, di controllo e monitoraggio, anche per quel che riguarda la sicurezza informatica e la cybersecurity.

Le abilità umane e le caratteristiche fondamentali dell’essere umano quali l’empatia, l’immaginazione, la creatività e l’intelligenza emotiva non possono essere replicate al momento e con il passare del tempo diventeranno sempre più preziose – ha spiegato Stephen Farrell, vicepresidente di Faethm – ecco perché la forza lavoro degli Stato Uniti deve essere riqualificata e migliorata in termini di competenze proprio per favorire l’integrazione del lavoro umano con quello delle macchine tipico dell’era digitale”.

L’automazione e l’impiego di tecnologie software avanzate necessarie all’impiego dell’intelligenza artificiale portano comunque anche nuove opportunità lavorative, nuove possibilità per gli specialisti del settore, tutto sta nel ridurre al minimo l’attrito economico e sociale rintracciato nel Rapporto e legato all’eventuale disallineamento tra domanda e offerta in questa fase di transizione digitale, ha spiegato Kelsey Clark, amministratore delegato di Boston Consulting Group.

L’innovazione che crea lavoro

Un esempio delle nuove opportunità professionali legate alla crescita dell’impiego delle tecnologie software in tutti i livelli dell’economia e dell’industria degli Stati Uniti lo troviamo in un Rapporto di Software.org, che stima per il 2020 più di 15,8 milioni i posti di lavoro nell’industria americana del software.

L’incremento di posti di lavoro in questo mercato è stato del +6% rispetto a due anni fa.

Un settore strategico in grado di apportare valore aggiunto al PIL nazionale valutato attorno a 1.900 miliardi di dollari sempre nel 2020, in aumento del +17% rispetto al 2018.

L’industria del software ha così contribuito direttamente con 933 miliardi di dollari all’economia statunitense nel 2020, crescendo del +15,1% sul 2018. Il rapporto ha infine rilevato che in tale comparto sono stati investiti più di 103 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo nel 2018, cioè più del 27% della spesa nazionale in R&D a livello di imprese

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