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Agcom e Garante Privacy, eletti gli 8 consiglieri. Un voto “blindato” in occulte trattative tra Governo e opposizioni

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L’elezione tanto attesa si è finalmente concretizzata: Camera e Senato hanno eletto i nuovi componenti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e del Garante per la Protezione dei Dati Personali (Privacy), ieri martedì 14 luglio i risultati sono stati proclamati, alle ore 17:30 a Montecitorio ed alle 19:10 a Palazzo Madama.

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni:

– la Camera ha eletto Antonello Giacomelli ed Enrico Mandelli;

– il Senato Laura Aria ed Elisa Giomi.

Garante per la Protezione dei Dati Personali:

– la Camera ha eletto Guido Scorza e Ginevra Cerrina Feroni;

– il Senato Agostino Ghiglia e Pasquale Stanzione.

Già nella giornata di oggi il collegio dei componenti del Garante Privacy potrebbe riunirsi e scegliere tra di loro chi avrà il ruolo di Presidente: probabilmente sarà Pasquale Stanzione, dato che, allorquando i quattro non esprimono la maggioranza, il più anziano diviene Presidente. Per quanto riguarda Agcom, si deve attendere la nomina del Presidente, di fatto in mano a Giuseppe Conte.

È interessante comprendere alcuni aspetti formali, come segnalato ai “Senatori elettori”, per esempio la dinamica materiale della votazione, che è durata molte ore: “per le operazioni di voto sono state approntate due cabine dinanzi al banco della Presidenza. I colleghi Senatori, chiamati in ordine alfabetico, riceveranno dagli assistenti parlamentari, immediatamente prima dell’ingresso in cabina, le due schede che, dopo il voto, depositeranno nelle apposite urne all’uscita delle cabine stesse”.

In particolare, poi, per la Privacy: “per l’elezione di 2 componenti del Collegio del Garante per la Protezione dei Dati Personali, ciascun Senatore riceverà una scheda di colore giallo, sulla quale indicherà 1 solo nominativo tra coloro che hanno presentato la propria candidatura nell’ambito della procedura di selezione prevista dall’articolo 153, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Saranno proclamati eletti i 2 candidati che otterranno il maggior numero di voti. L’elenco delle candidature pervenute, pubblicate nel sito Internet del Senato, è a disposizione degli onorevoli Senatori”.

Per quanto riguarda l’Agcom: “per l’elezione di 2 componenti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ciascun Senatore riceverà una scheda di colore rosa, sulla quale indicherà un solo nominativo. Saranno proclamati eletti i 2 componenti che otterranno il maggior numero di voti”. In questo caso – ovviamente – nessun cenno a candidature, perché la procedura non ha previsto avviso pubblico per sollecitarle: quindi, nessun elenco di riferimento. A scatola chiusa, a discrezione delle segnalazioni dei Capi Gruppo, secondo messaggi whatsapp o altre forme di… “pizzino telematico”.

La votazione a Montecitorio ed a Palazzo Madama si è tenuta nonostante molti osservatori davano per probabile un’ennesima dilazione temporale, di qualche giorno o addirittura di due mesi (così Sergio Rizzo su “la Repubblica” di sabato), semmai “approfittando” della proroga dello “stato di emergenza”. Alcuni sostengono che vi sarebbe però stato un intervento di sensibilizzazione “dall’alto”, ovvero da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per superare lo stallo che protraeva dall’estate del 2019.

Il tutto è avvenuto in un clima di silenzio totale, come abbiamo denunciato anche su queste colonne (si veda “Le misteriose elezioni per la nuova Agcom e per il Garante Privacy” su “Key4biz” del 3 luglio 2020 e successivi articoli), e come è stato segnalato anche da un paio di parlamentari: in verità, 2 soltanto due, la deputata Alessandra Ermellino (fuoriuscita dal Movimento 5 Stelle ed iscritta al Gruppo Misto), che lunedì scorso ha indirizzato una “lettera aperta” al Presidente della Camera per denunciare l’assenza di trasparenza soprattutto nelle elezioni Agcom (senza ricevere risposta di sorta da Roberto Fico), e Nicola Fratoianni, portavoce nazionale di Sinistra Italiana, che nel pomeriggio di mercoledì, poco prima delle votazioni a Montecitorio, ha dichiarato alla Adnkronos, “il voto avviene nell’oscurità dei criteri che presiedono alle scelte…è abbastanza sconcertante che si stiano eleggendo i consigli dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e del Garante per i Dati Personali come se fosse un mero atto burocratico”.

Effettivamente è più che sconcertante, è… scandaloso, ma va dato atto che soltanto queste due voci sono emerse dalla coltre di silenzio che ha caratterizzato le elezioni di queste due importanti istituzioni.

In effetti, a parte Ermellino e Fratoianni, non è emersa, negli ultimi giorni (e nelle ultime settimane), nessun altro “eletto dal popolo” che denunciasse questo clima di totale passività e di assoluta oscurità.

Un qualche (lieve) conato di dissenso è emerso, un po’ tardivamente, intorno alle 18 di mercoledì (a votazione alla Camera iniziata da un paio di ore), da parte di Italia Viva e di +Europa: la deputata Silvia Fregolent ha spiegato perché Italia Viva non ha ritenuto opportuno partecipare al voto per Agcom e Privacy, per ragioni “sia di metodo che di merito”, precisando che “la nostra decisione è stata dettata dall’atteggiamento degli altri partiti della maggioranza che, invece di confrontarsi sulle questioni da noi sollevate, hanno scelto la strada di un accordo blindato”.

Accordo blindato, la cui gestazione è avvenuto in segrete stanze.

Riccardo Magi, deputato di Radicali +Europa, ha denunciato la “solita lottizzazione politica” dichiarando “in attesa di conoscere i risultati del voto parlamentare, giova ricordare che i termini per le candidature sono stati riaperti per consentire la candidatura di alcuni esponenti politici che, non solo non hanno alcuna competenza specifica né tantomeno l’indipendenza richiesta, ma sembrano essere addirittura i profili destinati ad essere eletti”. E ha precisato oltre: “voglio ricordare a tutti che in occasione delle ultime elezioni dell’Agcom del 2012, gli allora Presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani attivarono un processo di pubblica evidenza”. Magi sembra condividere la questione che abbiamo sollevato più volte su queste colonne, fatta proprio dalla ex grillina Alessandra Ermellino: “oggi mi chiedo come mai Casellati e Fico non abbiano seguito questo iter e mi auguro che il tema delle incompatibilità dei componenti delle Autority sia affrontato direttamente e senza delegare ancora una volta il Governo già nella proposta di legge sul conflitto di interessi attualmente in discussione in Commissione affari costituzionali”. Come mai?

Scambi di favori?! Lottizzazione occulta, trasparenza zero, ed il diktat del blog del M5S

La vicenda Agcom e Privacy è certamente correlata con i sommovimenti in corso in Parlamento, con una maggioranza di governo che vede indebolire i propri “numeri”, soprattutto per il “rimpicciolimento” continuo del gruppo M5S, che soffre di una continua emorragia di parlamentari, tra espulsioni e dimissioni. Al punto tale, che, secondo alcuni analisti, sarebbe stato determinante l’incontro tenutosi la settimana scorsa tra il Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio e lo stratega politico di lungo periodo di Forza Italia Gianni Letta. Si ipotizza una sorta di possibile sostegno esterno (o anche di più…) da parte di Silvio Berlusconi, in caso di indebolimento parlamentare della compagine governativa. Nelle trattative, anche Agcom è stato oggetto di analisi e verosimilmente accordi: il quotidiano “La Verità”, diretto da Maurizio Belpietro, titolava mercoledì, con l’abituale vis polemica: “Scambio di favori. Quell’incrocio pericoloso tra Mes e nomine all’Agcom”.

Nonostante la nebbia assoluta, i risultati “elettorali” erano in buona parte prevedibili, ma è interessante proporre una qualche ricostruzione della dinamica venutasi a determinare.

Senza dubbio emerge vincente il Movimento 5 Stelle, che vede eletti i propri candidati: curiosamente, pochi minuti dopo l’apertura delle votazioni in Senato, un profluvio di dispacci di agenzia (una ventina!) rilanciano un post, non firmato, pubblicato sul Blog dei 5 Stelle, comunicato che è sembrato a qualcuno quasi un “diktat” rivolto ai parlamentari dei rispettivi gruppi M5S in Camera e Senato. Il post è apparso con tempismo eccezionale, proprio una mezz’ora prima dell’inizio delle votazioni, alle 9:20 di mercoledì, col titolo serioso “ll merito è la miglior garanzia di indipendenza”. Le agenzie traducono sinteticamente: “M5Seleggere Scorza e Giomi a Privacy e Agcom”. Precisa il post: “queste candidature arrivano al termine di lungo e approfondito percorso di valutazione dei curriculum che i tanti candidati hanno presentato. Un percorso che il MoVimento ha avviato fin dall’anno scorso, prima che le nomine delle Autorità venissero prorogate fino ad oggi”.

E qui emerge maraviglia: si apprende quindi che quel che non è avvenuto nelle Aule di Camera e Senato (analisi comparativa) sarebbe però avvenuto nelle segrete stanze del partito: “abbiamo dunque istituito un gruppo di lavoro composto da deputati e senatori, che ha avuto modo di esaminare i curriculum presentati e svolgere numerosissime audizioni, fino a ridurre la rosa dei possibili candidati per poi svolgere nuovamente ulteriori cicli di audizioni, così da giungere ad una proposta definitiva”. Sia per Agcom sia per Privacy?!

Qui siamo veramente all’incredibile! Il blog ufficiale del partito al Governo segnala che il M5S ha ricevuto molti curricula (nessun avviso pubblico a presentarli risulta essere stato mai promosso), e che addirittura sarebbero state organizzate “numerosissime audizioni”, che avrebbero portato ad una “rosa”, e alla fin fine ad una selezione definitiva. Interessante, anzi apprezzabile: peccato che tutto questo sia avvenuto a trasparenza zero, non risulta vi sia traccia di questa procedura in alcun documento di pubblico dominio, e nemmeno sulla mitica Rousseau, la piattaforma web del Movimento…

Maiorino (M5S): “una selezione parlamentare indipendente trasparente e aperta” ?!

Nella serata di mercoledì, a votazioni concluse, si registra un’altra dichiarazione interessante, per comprendere “il dietro le quinte”: la Vice Presidente del gruppo parlamentare del M5S al Senato Alessandra Maiorino, rivendica in particolare la qualità della scelta di Elisa Giomi all’Agcom, e precisa (sul proprio profilo Facebook, ripresa dall’agenzia stampa Nova) che “proprio come prevede la legge, la candidatura della professoressa Giomi è giunta alla fine di un percorso di selezione parlamentare del tutto indipendente, trasparente e aperto, condotto da me con l’aiuto di altre colleghe e colleghi di Senato e Camera”. Interessante rivelazione, rinnovata maraviglia.

Sia consentito domandare: di quale “trasparenza” trattasi? 

E cosa intende la senatrice Maiorino con “proprio come prevede la legge”? Di quale legge trattasi, dato che purtroppo nessuna legge dello Stato prevede – ahinoi – una procedura di pubblica evidenza per la scelta dei candidati Agcom, e dato che i Presidenti di Camera e Senato non hanno rinnovato quel che – “motu proprio”, per sensibilità politica individuale, non per previsione normativa – avevano nel 2012 messo in atto Gianfranco Fini e Renato Schifani?! Continua Maiorino con fierezza: “i nostri criteri di selezione sono stati l’effettiva competenza nella materia e nelle funzioni dell’ente, l’onestà intellettuale e deontologica, l’assenza di conflitto di interessi, lo spessore culturale e la terzietà”. Non si nutrono dubbi sulla qualità intellettuale della “candidata”, ma… su come è stata selezionata. Chi l’ha “selezionata”?!

Analisi degli eletti “per quote” di lottizzazione del neo-gattopardismo

Studiamo “autorità per autorità”:

– Agcom

eletto il candidato “in quota” M5S Elisa Giomi (sociologa dell’Università Roma 3), sostenuta anche dal Pd; eletto l’ex Sottosegretario renziano alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, candidato del Partito Democratico – vicino a Dario Franceschini – ma non sgradito a Forza Italia (ed ovviamente deve rinunciare al mandato parlamentare, per incompatibilità; al suo posto subentra Luca Sani, già Presidente della Commissione Agricoltura durante i Governi Renzi e Gentiloni); eletta  Laura Aria, dirigente Mise ed Agcom, candidata sostenuta da Forza Italia; eletto Enrico Mandelli “in quota” Lega Nord. Senza dubbio, il meno noto, della quaterna, è Enrico Mandelli, di cui non si trova traccia di curriculum sul web, ma senza dubbio direttore della tv lombarda Telecity (che nel 2017 avviò una procedura di licenziamento collettivo di 67 dipendenti su 116) e Ceo dell’emittente Gold7.

– Privacy

eletto il candidato “in quota” M5S Guido Scorza (noto esperto di web e già Direttore delle Relazioni istituzionali del “Team per la Trasformazione Digitale” voluto da Matteo Renzi); eletto il candidato sostenuto dal Partito Democratico, Pasquale Stanzione (già Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Salerno; area cattolica); eletto Agostino Ghiglia, candidato di Fratelli d’Italia (amministratore delegato di una società di formazione e consulenza, ex parlamentare di An dal 2001 al 2005, e del Pdl dal 2008 al 2013; preferito da Giorgia Meloni ad Ignazio La Russa); eletta Ginevra Cerrina Feroni (docente di diritto costituzionale all’Università di Firenze, membro del Comitato Scientifico della Fondazione “Magna Charta” di Gaetano Quagliariello, stimata dal Premier Giuseppe Conte; sposata Ricasoli, è figlia di un deputato 1976-1987 del lontano Pci) “in quota” Lega.

In sintesi, volendo “giocare” alle quote lottizzatorie dei partiti “di riferimento”: 

Agcom:

1 consigliere al M5S, 1 al Partito Democratico, 1 a Forza Italia, 1 alla Lega.

Privacy:

1 consigliere al M5S, 1 al Partito Democratico, 1 alla Lega, 1 a Fratelli d’Italia.

Come dire?! Gli 8 componenti dei due collegi rappresentano “in quota” il pluralismo del parlamento italiano?! In parte sì, in parte no. Senza dubbio, si registra un sostanziale equilibrio tra “maggioranza” (M5S + Pd) ed “opposizione” (Lega + FdI + Forza Italia), ma – tra l’altro – nessuno è espressione ovvero “in quota” del partito minore della sinistra rappresentato in Parlamento, ovvero Liberi e Uguali (Leu). 

Un tempo, nella Prima Repubblica, queste (basse) pratiche si chiamavano “consociativismo”. Attualmente, nella Seconda (?) Repubblica, queste (basse) pratiche si chiamano “consociativismo”. Un nuovo gattopardismo domina la scena.

Chi sarà il successore di Angelo Marcello Cardani all’Agcom? Forse una donna?

Assolutamente determinante, per comprendere gli equilibri definitivi, sarà la nomina del Presidente dell’Agcom, ovvero del successore di Angelo Marcello Cardani: si ricordi che viene nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico, sentite le Commissioni riunite di Camera e Senato (che devono essere convocate appositamente). Insomma, la nomina del Presidente è governativa.

In relazione alle questioni di “genere”, ci sono 3 donne su 8 consiglieri. La ex Presidente della Camera Laura Boldrini (iscritta dal novembre 2019 al Partito Democratico) nel pomeriggio di mercoledì, aveva annunciato che non avrebbe partecipato alle elezioni, se non vi fosse stato un minimo di equilibrio: “nelle votazioni per Agcom e Privacy, il Senato ha già indicato 2 uomini e 2 donne. Alla Camera, invece, a meno di un’ora dalla votazione, ancora non si hanno notizie dei nomi che deputati e deputate dovranno votare”. A parte il riconoscere le imminenti elezioni… incredibilmente al buio, preoccupa quel verbo utilizzato: “dovranno votare”? Semmai, potranno votare, ma forse si tratta di un lapsus da psiche partitocratica… A fine votazioni, Boldrini in serata, si dichiara parzialmente soddisfatta: “mi ero espressa perché vi fossero almeno tre donne e cinque uomini, che non è l’ideale (che sarebbe avere quattro uomini e quattro donne), ma il minimo sindacale”. Sostanzialmente soddisfatta anche Valeria Fedeli, capogruppo del Pd in Commissione di Vigilanza Rai. Anche se in verità, non cambia granché, complessivamente, rispetto al passato: in Agcom, prima erano 5 maschi su 5 (ora sono 2 maschi e 2 femmine, in attesa del Presidente), ma alla Privacy prima erano 3 donne ed 1 maschio (ed ora 3 maschi ed 1 donna), ovvero complessivamente 6 maschi e 3 donne… Ora siamo a 5 maschi e 3 donne, e forse la nomina del Presidente dell’Agcom potrebbe andare ad una donna, per cercare in qualche modo di “ri-equilibrare”.

Il dettaglio dei voti: il “caso Carelli”, molte schede bianche e nulle e voti “dispersi”

È interessante anche osservare il dettaglio dei voti, che sono stati resi di pubblico dominio per quanto riguarda il Senato, mentre questa informazione non è ancora disponibile per la Camera (anche qui… incredibile!).

Senato

Per quanto riguarda il Garante Privacy, questi i risultati delle elezioni: senatori presenti 273, senatori votanti 272; il totale dei membri di Palazzo Madama è attualmente di 319, quindi ben 47 non hanno votato (si tratta di circa il 15 %).

Hanno ottenuto voti: Agostino Ghiglia 123 voti, Pasquale Stanzione 121, William Turcinovic 1, Ignazio La Russa 1, Alberto Gambino 1, Umberto Rapetto 1, Giuseppe Stefano Quintarelli 1 voto.

Si segnalano 10 schede bianche e 13 schede nulle.

Per quanto riguarda l’Agcom, questi i risultati delle elezioni: senatori presenti 273, senatori votanti 272.

Hanno ottenuto voti: Laura Aria 123 voti, Elisa Giomi 110, Agostino Ghiglia 2, Pasquale Stanzione 2, Emilio Carelli 1, Vito Crimi 1, Alessandra Maiorino 1, Giuseppe Stefano Quintarelli 1, Angelo Zaccone Teodosi 1 voto. 

Sommando i 9 voti dati ad altri rispetto ad Aria e Giomi, ai 10 voti “bianchi” ed alle 13 “nulle”, si arriva a 32 voti “fuori dal coro”, ovvero oltre il 10 % dei votanti. E si ricordi che il 17 % dei senatori non ha votato.

Camera

Per quanto riguarda la Camera, questi i risultati delle due elezioni: presenti e votanti 523, nessun astenuto. Il totale dei deputati è di 630, quindi ben 107 non hanno partecipato al voto (si tratta di ben il 17 %). 

Hanno ottenuto voti: Guido Scorza: 237, Ginevra Cerrina Feroni 209.

Gli uffici classificano poi – non si sa bene con quale criterio metodologico e tassonomico – 19 voti “dispersi” (?!), e di questi non si sa molto di più. Si registrano 12 schede “bianche”, 46 schede “nulle”.

Per quanto riguarda l’Agcom, hanno ottenuto voti: Antonello Giacomelli 211, Enrico Mandelli 202, Emilio Carelli 42.

In questo caso, gli uffici della Camera classificano 30 “voti dispersi”. Si registrano 12 schede “bianche” e 46 schede “nulle”. Sommando 30 + 12 + 46, si arriva a ben 88 voti “fuori dal coro”, che salgono a 110 contando anche Carelli. In questo caso, si tratta di oltre il 14 % dei votanti. E  si ricordi che il 17 % dei parlamentari non ha votato.

Di fatto, sembrerebbe essersi spaccato il M5s, sul voto alla Camera che ha visto eleggere all’AgcomAntonello Giacomelli ed Enrico Mandelli. Secondo un’analisi di Adnkronos, i 42 voti destinati ad Emilio Carelli (l’ex Direttore di Sky Tg24 è attualmente Responsabile Comunicazione del M5S) proverrebbero infatti tutti o quasi dalle file del Movimento e le 22 schede bianche registrate al termine della votazione che ha visto prevalere Laura Aria ed Elisa Giomi sarebbero riconducibili alle file grilline. Ventidue senatori 5 stelle, dunque, che hanno deciso di astenersi dal sostenere il nome di Giomi, che comunque l’ha spuntata con 110 voti. Si ricordi che nel febbraio del 2020 il senatore del M5S Alberto Airola, aveva dichiarato: “posso annunciare che mi opporrò, nel caso il Movimento scelga come commissario Agcom Emilio Carelli. Noi siamo contro le porte girevoli della politica. E nella legge di riforma della governance Rai che abbiamo proposto, c’è scritto chiaramente che non possono essere indicati come commissari all’Agcom soggetti che nei sei anni precedenti alla nomina abbiano ricoperto cariche di governo o politiche elettive a qualunque livello”. 

Un segnale, quello del voto sull’Agcom, delle divisioni e del malessere che agita i 5 Stelle (c’è chi sostiene che da mesi è in corso una spietata “guerra tra bande”), destinato ad impensierire anche il Governo Conte 2. Soprattutto alla luce dei numeri “traballanti” della maggioranza a Palazzo Madama. 

Il 14 luglio 2020 non passerà comunque alla storia come una bella pagina per la democrazia italiana, ma come una pagina giustappunto “buia”.

Openpolis: “logiche che rimangono nascoste allo scrutinio pubblico”

Come ha scritto il 13 luglio un centro di monitoraggio indipendente qual è la Fondazione Openpolis, le “authority” sono divenute, una volta ancora, una “ennesima pedina nello scacchiere delle nomine pubbliche”: si tratta di “strutture che stentano ad essere realmente autonome, per un processo di nomine purtroppo fortemente politicizzato e poco trasparente”. Openpolis ricorda una presa di posizione del Presidente della Camera Roberto Fico, il 28 ottobre 2018: “rispetto alle procedure di nomina, ritengo inoltre essenziale come regola generale inderogabile quella di un avviso di sollecitazione pubblica che consenta a chiunque ritenga di essere in possesso delle competenze e dei requisiti richiesti di inviare la propria candidatura. È il percorso che assieme alla Presidente Casellati abbiamo seguito per l’individuazione del vertice dell’Antitrust, e che ora intendiamo estendere ad altre nomine di garanzia che la legge attribuisce ai Presidenti delle Camere”. Commendevole intenzione: annunciata, non realizzata. 

Openpolis propone, in sintonia con quel che abbiamo sostenuto anche su queste colonne: “non si vuole contestare il principio per cui sia la politica (governo o parlamento) a fare queste nomine, ma il metodo andrebbe migliorato. Alcuni piccoli accorgimenti potrebbero migliorare il processo di selezione.

(1.) Istituzionalizzare la pubblicazione di avvisi per la manifestazione di interesse per l’individuazione dei candidati alla posizione;

(2.) Messa a disposizione dei cv ricevuti sui siti internet istituzionali;

(3.) Ciclo di audizioni pubbliche (come per la nomina dei Commissari Europei) per una rosa di candidati individuati dalle commissioni competenti”.

Openpolis si associa alla denuncia di deficit di trasparenza ma, ancora una volta, “il voto invece seguirà altre logiche, che rimangono nascoste allo scrutinio pubblico”. E così purtroppo è stato.

Il 6 giugno 2012, la Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi) denunciava: “nomine Agcom: impressionante sordità delle istituzioni rispetto alle richieste di trasparenza”. Son passati quasi 10 anni da allora, la sordità delle istituzioni s’è aggravata.

Al di là del vizio “genetico”, non resta che augurarsi che la eletta schiera dei nuovi membri di Agcom e Privacy sappia comunque dimostrarsi capace ed indipendente: l’augurio di buon lavoro è certamente sincero e non rituale.

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