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Accordo transatlantico Usa-Ue per la Data Protection, imbarazzo diffuso in Europa?  

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Il nuovo accordo transatlantico sul trasferimento dati fra Usa e Ue a Bruxelles ha suscitato non poche perplessità nelle cancellerie europee.

Il nuovo accordo transatlantico sul trasferimento dati fra Usa e Ue recentemente siglato dal presidente Joe Biden e dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen a Bruxelles ha suscitato non poche perplessità nelle cancellerie europee, espresse fra le righe a partire da Francia e Svezia. Oggi sul quotidiano francese Les Echos l’accordo di massima è finito sotto la lente, rivelando che il governo di Parigi è rimasto sorpreso dall’accordo politico fra Washington e Bruxelles sulla nuova cornice regolamentare – che va ancora dettagliata – sullo scambio di dati fra le due sponde dell’Atlantico. I dubbi di Parigi sono malcelati.

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Non c’è due senza tre?

La prospettiva di un nuovo accordo con gli Stati Uniti in materia di trasferimento dati personali, dopo l’invalidazione da parte della Corte di Giustizia Europea dei due accordi precedenti – il Safe Harbor annullato nel 2015 e il Privacy Shield annullato nel 2020 – lascia alquanto perplessi in seno all’Eliseo l’esecutivo francese. Si tratta di un tema considerato molto delicato per il governo che verrà.

A fine marzo Ursula von der Leyen e Joe Biden hanno annunciato a sorpresa un accordo totale in materia. Una notizia che ha spiazzato Parigi, presidente di turno del Consiglio Ue alle prese con l’approvazione del DMA, il testo europeo che dovrà regolare i giganti del tech.

Tanto più che la questione del data transfer fra usa e Ue sembrava insolubile, dopo che un anno e mezzo prima la normativa del Privacy Shiled era stata annullata dalla Corte di Giustizia Ue, per un motivo molto semplice: i diritti dei cittadini europei non sono garantiti quando i loro dati personali vengono inviati ai server di società americane, a causa della massiccia sorveglianza operata dagli Stati Uniti. Ma una volta detto questo, la probabilità che Washington cambiasse le sue leggi sull’intelligence sembrava più che remota. Quella di vedere l’Europa indebolire altrettanto la sua legislazione sui dati.

Difficile, a queste condizioni, estinguere il fuoco scatenato da questa sentenza, nota come “Schrems II”, nonostante il suo grande potenziale esplosivo: quello di mettere in discussione la legalità delle attività in Europa di tutti i maggiori player digitali: Google, Amazon, Facebook, Microsoft… Questa minaccia non è solo teorica: diverse autorità per la privacy europee hanno recentemente ordinato ai siti Web di interrompere l’utilizzo di Google Analytics sulla base di “Schrems II”.

Dati in cambio di gas?

E non a caso lo scorso febbraio, Meta ha avvertito in un rapporto all’autorità di borsa americano che “se non verrà adottato un nuovo quadro di trasferimento transatlantico di dati […], probabilmente non saremo in grado di offrire alcuni dei nostri prodotti e servizi, inclusi Facebook e Instagram, in Europa”.

In questo contesto complicato, Washington ha dovuto sostenere i suoi gioielli. “Gli Stati Uniti stavano esercitando pressioni mostruose sulle autorità europee”, spiega la stessa fonte vicina al governo francese. Al punto, come ha denunciato più di una fonte di monetizzare la consegna del gas americano a fronte di un nuovo accordo sui dati? “Non sarebbe illegittimo da parte loro”, giudica questo buon conoscitore dei misteri europei.

Il problema è che l'”accordo” tra Bruxelles e Washington è ancora molto vago. Quali misure tecniche e legali adotteranno gli Stati Uniti per garantire il rispetto dei dati personali europei? Cosa ne penserà la Corte di giustizia dell’Ue? All’interno del governo francese, e non soltanto, lo scetticismo è chiaramente d’obbligo. La prospettiva di uno “Schrems III”, cioè di una nuova invalidazione tra tre o quattro anni, è addirittura considerata probabile…