La sentenza

Abuso dati utenti, respinto in appello il ricorso di Facebook contro l’Antitrust

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Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Facebook contro la sentenza del Tar del Lazio che ha parzialmente accolto la sanzione dell'Antitrust contro le pratiche ingannevoli del social network.

Respinto in appello il ricorso di Facebook Ireland contro una sentenza del Tar del Lazio del gennaio 2020 che aveva parzialmente accolto un precedente ricorso del social network contro l’Antitrust italiana. L’Autorità di Piazza Verdi il 29 novembre 2018 aveva sanzionato Facebook per violazioni del Codice del Consumo, irrogando alle società nei confronti di Facebook Ireland Ltd. e della sua controllante Facebook Inc. due sanzioni per complessivi 10 milioni di euro, poi dimezzati a 5 milioni dopo un ricorso al Tar parzialmente accolto.

La sentenza del Consiglio di Stato del 29 marzo 2021

Due pratiche contestate

Due le pratiche contestate dall’Antitrust: la prima per attività ingannevole (confermata anche dal Tar del Lazio). Il claim della gratuità proclamato da Facebook secondo cui l’utilizzo “è gratuito e lo sarà per sempre” è stato tolto da Facebook. La moneta sonante con cui si paga il servizio sono i nostri dati, che hanno un valore eccome per la piattaforma che vive appunto con le informazioni che riguardano gli utenti.

Manca ancora, invece, il riconoscimento esplicito da parte di Facebook del fatto che i dati degli utenti sono usati a scopi di profilazione pubblicitaria.

La condotta ingannevole confermata

Si legge nel comunicato stampa dell’Agcm del 7 dicembre 2018 che “L’Autorità aveva accertato che Facebook, in violazione degli artt. 21 e 22 del Codice del Consumo, induce ingannevolmente gli utenti consumatori a registrarsi nella piattaforma Facebook, non informandoli adeguatamente e immediatamente, in fase di attivazione dell’account, dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti, e, più in generale, delle finalità remunerative che sottendono la fornitura del servizio di social network, enfatizzandone la sola gratuità; in tal modo, gli utenti consumatori hanno assunto una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso (registrazione al social network e permanenza nel medesimo). Le informazioni fornite risultano, infatti, generiche e incomplete senza adeguatamente distinguere tra l’utilizzo dei dati necessario per la personalizzazione del servizio (con l’obiettivo di facilitare la socializzazione con altri utenti “consumatori”) e l’utilizzo dei dati per realizzare campagne pubblicitarie mirate”.

La condotta aggressiva respinta

La seconda pratica aggressiva contestata è stata invece respinta invece dal Tar del Lazio.

Si legge nel comunicato stampa dell’Antitrust che “L’Autorità ha inoltre aveva accertato che Facebook, in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo, attua una pratica aggressiva in quanto esercita un indebito condizionamento nei confronti dei consumatori registrati, i quali subiscono, senza espresso e preventivo consenso – quindi in modo inconsapevole e automatico- la trasmissione dei propri dati da Facebook a siti web/app di terzi, e viceversa, per finalità commerciali. L’indebito condizionamento deriva dall’applicazione di un meccanismo di preselezione del più ampio consenso alla condivisione di dati. La decisione dell’utente di limitare il proprio consenso comporta, infatti, la prospettazione di rilevanti limitazioni alla fruibilità del social network e dei siti web/app di terzi; ciò condizionagli utenti a mantenere la scelta pre-impostata da Facebook”.

Confermata quindi la sanzione di 5milioni di euro.

Nuovo provvedimento per inottemperanza a febbraio 2021

A febbraio di quest’anno, l’Antitrust ha chiuso un nuovo procedimento nei confronti di Facebook reo di non aver ottemperato alla richiesta di esplicitare l’utilizzo commerciale dei dati degli utenti sulle sue pagine. Una nuova violazione per la quale è stata irrogata una ulteriore sanzione di 7 milioni di euro.

La sentenza del Consiglio di Stato del 29 marzo 2021