LIMEWIRE: violazione copyright, accordo con le major per 105 mln di dollari

di Flavio Fabbri |

VINTI

Sono tanti i casi giudiziari di violazione della legge federale sul copyright, negli Stati Uniti, che si chiudono con un accordo finanziario tra le parti. È accaduto anche per LimeWire, la popolare piattaforma di file sharing chiusa nell’ottobre del 2010, che ha pattuito un mega risarcimento con le major discografiche americane di oltre 105 milioni di dollari.

Dopo cinque anni di confronto legale Sony, Vivendi, Warner Music Group e EMI Group hanno accettato l’offerta di Lime Wire e hanno messo fine al contenzioso. A emettere il verdetto è stato il giudice Kimba Wood, del distretto di New York, che ha inoltre condannato al pagamento anche altre due aziende del gruppo LimeWire, LimeGroup e LimeWire LLC.

Le etichette danneggiate da LimeWire sono Arista, Atlantic, BMG Music, Capitol, Elektra, Interscope, Laface, Motown, Priority, Sony BMG, UMG, Virgin e Warner Brothers, mentre i danni calcolati dai legali delle majors americane sono stati valutati, ad inizio processo, intorno a 1 miliardo di dollari relativi alle mancate loyalties per 10.000 prodotti musicali.

Mitch Bainwol, CEO della RIIA (Recording Industry Association of America), l’Associazione Americana dell’Industria Discografica, ha commentato la sentenza in maniera positiva: “Siamo contenti di aver raggiunto un accordo economicamente remunerativo, una vittoria della musica e della legalità“. Il 26 ottobre 2010 proprio la RIAA ottenne, da parte della Corte Distrettuale di New York, una sentenza di cessazione della “ricerca, download, upload, scambio di file e/o funzionalità di distribuzione dei file” di LimeWire, in violazione della legge sul copyright. Da quella sentenza ebbe inizio la richiesta milionaria di risarcimento danni al portale di file sharing. Il problema è che dopo circa un mese dal blocco del servizio, è stata rilasciata da un gruppo sconosciuto di programmatori una nuova versione della piattaforma, perfettamente funzionante e gratuita, chiamata “LimeWire Pirate Edition“, con le stesse caratteristiche della versione LimeWire originale.

A marzo scorso, invece, è giunta notizia che LimeGruop ha firmato un contratto con 50 editori musicali negli USA per la distribuzione online di canzoni e album. Non è stato reso pubblico il documento nei suoi dettagli, ma questa notizia non è per niente piaciuta alle major che hanno gridato allo scandalo. La sentenza di ieri ha almeno ribadito il concetto che i diritti di autore si pagano, per consumare contenuti audiovisivi, anche se non ha liberato il campo dai dubbi e le incertezze che circondano le modalità (‘lecite vs illecite’) di consumo degli stessi su Internet.