‘Caso Vividown, la Cassazione conferma la tesi del Garante Privacy’. Intervista a Francesco Pizzetti (Alleanza per Internet)

di a cura di Paolo Anastasio |

Le motivazioni della Cassazione sull’assoluzione di Google per il video del disabile picchiato finito online, sotto la lente del presidente di Alleanza per Internet e già Garante per la Privacy.

INTERVISTA


Francesco Pizzetti

Google non è responsabile dei contenuti dei video caricati dagli utenti sulla sua piattaforma Youtube. Non è configurabile una responsabilità penale di un internet host provider nel caso di violazione della privacy realizzata con un video diffuso sul web. Lo ha sancito la Cassazione, che ieri ha depositato le motivazioni dell’assoluzione lo scorso dicembre dei manager di Google finiti sotto processo per il video, diffuso nel 2006, in cui un ragazzo disabile veniva picchiato e schernito da alcuni compagni di classe. Il caso è conosciuto con il nome dell’associazione che ha fatto denuncia, la Vividown, sostenitrice di una violazione della privacy della vittima di bullismo. Delle motivazioni della sentenza abbiamo parlato con Francesco Pizzetti, costituzionalista, presidente di Alleanza per Internet, già Garante della Privacy nel settennato 2005-2012, che su questo tema è intervenuto ripetutamente negli ultimi mesi.

 

 

KB. Professor Pizzetti, ci può spiegare le motivazioni giuridiche che hanno spinto la Cassazione ad assolvere Google nel caso del video del disabile pubblicato sulla sua piattaforma?

 

Francesco Pizzetti. La Cassazione ha confermato la tesi sostenuta da sempre dal Garante Privacy italiano e da tutti coloro che si sono occupati di questi temi, e cioè che gli host provider non sono responsabili del contenuto dei dati pubblicati sulla loro piattaforma. Gli host provider non sono i titolari del trattamento. I titolari del trattamento, cioè coloro che decidono che uso fare del dato, non è l’host provider, ma l’utente della piattaforma. La piattaforma è uno strumento per diffondere i dati. Il concetto di titolare del dato si applica a colui che utilizza la piattaforma dell’host provider, non a colui che gestisce questa piattaforma. Per il fatto ovvio che altrimenti si imporrebbe all’host provider un’attività di controllo e quindi di potenziale censura  dei contenuti veicolati. E’ una sentenza che merita apprezzamento. Tutto il caso poteva benissimo non nascere.

 

 

KB. Ma nell’opinione pubblica ha fatto scalpore che il video sia rimasto online per un paio di mesi.

 

Francesco Pizzetti. L’host provider ha il dovere di rimuovere un contenuto quando ne faccia richiesta un’autorità pubblica o l’utente titolare del contenuto, che ne chiede la rimozione. Lo studente che ha postato queste immagini è stato condannato penalmente, quindi la responsabilità penale è stata fatta valere. Non è che c’è stata un’assoluzione generalizzata. Il responsabile è stato individuato e punito in base alle leggi italiane.

 

 

KB. Quindi Google si è comportata in modo corretto.

 

Francesco Pizzetti. Da tutte le carte processuali risulta che non appena l’autorità di Polizia italiana ne ha fatto richiesta alla sede legale di Google Europa, che si trova in Irlanda, nell’arco di 24 ore il video è stato tolto nei tempi tecnici necessari per la rimozione.   

Il tema era tutto incentrato sul fatto se l’host provider abbia o meno la responsabilità dei contenuti veicolati. La tesi sostenuta è che non sia responsabile, per evitare un fenomeno potenzialmente molto pericoloso, vale a dire di far carico all’host provider di un’attività di controllo sui contenuti veicolati.

 

 

KB. Un altro problema sollevato nel dibattimento era se potesse essere considerato penalmente responsabile il Privacy officer di Google.

 

Francesco Pizzetti. Il responsabile Privacy di Google Italia non aveva certo fra le sue mansioni quella di controllare il contenuto dei messaggi o dei dati pubblicati sulla piattaforma. Ciò è legato alla tesi, lo ribadisco, che l’host provider non è responsabile dei contenuti pubblicati. Questo è un principio da tener fermo perché altrimenti cambia la natura dei social provider, in altre parole quello che la Cina vorrebbe.  

 

 

KB. Quali sono in Italia i casi in cui c’è responsabilità oggettiva sui contenuti pubblicati?

 

Francesco Pizzetti. La responsabilità oggettiva sui contenuti pubblicati in Italia ce l’abbiamo per i direttori dei giornali. Poi il problema si pone in relazione ai blog e ai giornali online. Ma i social network non fanno parte sicuramente di questo tipo di attività in Rete.

 

 

KB. Per quanto riguarda i blog com’è la situazione in Italia?

 

Francesco Pizzetti. Sui blog il problema è sempre stato molto delicato, perché ci sono dei blog che funzionano spesso come Facebook o Youtube. Cioè sono delle piattaforme messe a disposizione di chi voglia postare una sua opinione sul blog. E allora, di nuovo, caricare l’editor della responsabilità del contenuto significa imporgli una forma di controllo o censura che cambia la natura del blog. Diverso è quando l’editor richiede e autorizza l’inserimento dei post sul blog. Ma su questa fattispecie la giurisprudenza italiana è estremamente ondivaga. Abbiamo sentenze che hanno assimilato l’editor del blog al direttore del quotidiano e delle sentenze che lo hanno escluso.