‘Necessario un Patto per l’innovazione nella qualità della PA’. Intervista al Sottosegretario Magnolfi

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A cura di Raffaele Barberio

INTERVISTA


Beatrice Magnolfi

La scorsa settimana sono stati presentati i dati semestrali dell’Osservatorio della Società dell’Informazione. Abbiamo colto l’occasione per porre alcune domande all’On. Beatrice Magnolfi, Sottosegretario per le Riforme e l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione, per sapere quali sono le priorità dell’azione di Governo nel settore.
Ruolo della ricerca, digital divide, innovazione nella PA e nelle imprese, competenze e capitale umano per rilanciare l’Italia, sono solo alcuni dei temi dell’intervista che vi presentiamo.

 

K4B. Sottosegretario Magnolfi, alcuni giorni fa ha partecipato alla presentazione dei dati semestrali dell’Osservatorio della Società dell’Informazione. A che punto siamo?

 

R. Dai dati presentati viene fuori un Paese con luci, ombre e discontinuità. Il che, se da un lato denuncia ritardi e mancanze nelle strategie per l’innovazione, dall’altro rappresenta un dato strutturale: occorre infatti tenere presente che l’ICT è di per sé un fattore di discontinuità. L’introduzione delle tecnologie digitali e delle reti e le complesse dinamiche di convergenza che ne conseguono stanno ridefinendo la società nel suo complesso: dal settore pubblico – dove le amministrazioni, seppure con alcune incertezze, stanno gradualmente adottando il digitale – al settore privato e industriale, che sta vivendo forti e rapidi momenti di cambiamento. Il nostro sforzo deve essere quello di indirizzare, accompagnare e organizzare questo cambiamento: tutte azioni politiche di cui il Paese ha un forte bisogno, come tra l’altro ci mostrano anche i dati presentati qualche giorno fa.

 

K4B. Mi pare si presenti come un piano d’azione complesso…

 

R. Beh, i dati ci dicono che, per quanto riguarda l’innovazione, c’è ancora molto da fare, perché l’Italia continua ad occupare una posizione di retroguardia in Europa. Nel 2005 la spesa in ICT si è attestata al 5,31% del PIL, a fronte di una media europea pari al 6,40%. In particolare, nel nostro Paese la spesa pro-capite in IT è stata nel 2005 di 430 euro, contro gli 800 euro in Germania, gli 877 euro in Francia e i 1.278 euro in Danimarca. Siamo quindi, in termini di spesa, alla metà o addirittura in qualche caso a 1/3 di quanto spendono gli altri Paesi europei. Bisogna quindi riconoscere e affrontare le nostre difficoltà con forte consapevolezza, pur senza cadere nella retorica del declino.

 

K4B. Un quadro, allora, con molte ombre e poche luci?

 

R. Non è del tutto vero. Un altro dato significativo è che il segmento della spesa consumer si attesta su livelli alti ed è ancora in crescita (si pensi, per citare l’esempio più eclatante, alla telefonia cellulare). Ciò mostra un dato fondamentale: che i cittadini italiani sono interessati alle novità tecnologiche e mediamente hanno un approccio positivo all’innovazione digitale. Quindi occorre innanzitutto interrompere le forme di finanziamento al consumo messe in atto nelle scorse legislature: si tratta di misure non necessarie e quindi inefficaci.

 

K4B. Se si guarda ad un obiettivo di successo, molto dipenderà dal quadro di iniziative che saranno promosse. Quali azioni prevede?

 

R. Vedo almeno quattro ambiti fondamentali di intervento. Il primo è relativo alla connettività, infrastruttura essenziale per uno sviluppo concreto della Società dell’Informazione. Nel nostro Paese l’accesso alla banda larga non è ancora distribuito in modo omogeneo. Soffriamo da un lato di un basso livello di investimenti e dall’altro di posizioni monopolistiche che impediscono quella concorrenza tra gli operatori, che invece sarebbe necessaria per un’offerta competitiva agli utenti. Infine, lo sviluppo del Wi-fi e del Wimax deve uscire fuori dai programmi di sperimentazione e diventare linea di azione operativa. Per questa ragione guardo con particolare interesse alle iniziative del Ministro Gentiloni; in particolare, mi sembra molto rilevante il lavoro di censimento delle frequenze, in vista di una loro razionalizzazione e ottimizzazione, in pratica della messa a punto di una sorta di piano regolatore.

 

K4B. Veniamo al secondo…

 

R. Il secondo è quello delle competenze. E’ il problema dei cervelli. In Italia c’è molto da investire in questo settore. Un’indagine di qualche tempo fa illustrava come tra le prime 10 Università al mondo in grado di formare le professionalità più qualificate per l’ICT non ce ne fosse neppure una non solo italiana, ma neanche europea, mentre figuravano quelle asiatiche. Occorre quindi un grande investimento nella ricerca, in sapere, per valorizzare le università e la loro funzione. Uno dei punti importanti del DPEF 2007-2011 è proprio l’investimento sul capitale umano e questo Paese ne ha davvero bisogno.

 

K4B. Cosa si può fare concretamente?

 

R. Come dicevo, è necessario puntare sul capitale umano e allevare le nostre intelligenze. Puntare, quindi, sia a trattenere i cervelli nel nostro Paese, sia, successivamente, ad attirare anche quelli stranieri.
Occorre investire in formazione, a tutti i livelli. Il problema del digital divide si configura infatti anche come il problema della scarsa conoscenza e competenza delle tecnologie digitali e delle nuove routine produttive da parte degli utilizzatori, degli utenti finali e di tutti coloro che faranno uso dei prodotti e dei servizi scaturiti dai processi di innovazione tecnologica e di modernizzazione delle procedure.
La formazione primaria, quella superiore e universitaria e il lifelong-learning, devono essere adeguati ai nuovi paradigmi sociali e economici introdotti dall’Ict. Occorre sdoganare definitivamente la tecnologia dai laboratori in cui è spesso confinata (penso ai personal computer a disposizione delle scuole e cui si accede soltanto in alcune ore e in giorni prestabiliti) rendendola parte integrante delle modalità di insegnamento e apprendimento.

 

K4B. Allora connettività e competenze. E il terzo aspetto?

 

R. E’ quello delle piccole e medie imprese, settore strategico per il Paese ancora in stato di emergenza. Le PMI hanno investito molto in innovazione tecnologica, ma lo hanno fatto senza un contestuale ed adeguato investimento in ricerca. Questo errore strategico porta ad una incapacità di innovare dal profondo le routine produttive delle imprese e ad una mancata comprensione – e quindi messa in atto – del reale potenziale di innovazione delle tecnologie digitali. Occorre che il governo investa in questa direzione, ma attraverso un sistema di investimenti intelligenti e mirati, che eviti qualunque distribuzione a pioggia delle risorse. Bisogna poi privilegiare le imprese che si associano e che fanno ricerca con le università. Perché se diamo delle opportunità solo alle PMI in quanto tali rischiamo di incentivarle, senza volerlo, a rimanere piccole. Si deve risolvere poi il problema del gap culturale attraverso l’incentivazione non solo degli “spin-off” ma anche, e soprattutto, degli “spin-in”, con l’obiettivo di facilitare l’ingresso dei ricercatori nelle PMI, anche con modalità temporanee e flessibili. Occorre poi guardare con attenzione al rapporto tra PA e imprese: se la PA deve sforzarsi di essere un cliente intelligente, esigente e che sa ciò che vuole, l’impresa deve da parte sua investire di più in innovazione, con l’obiettivo primario di qualificare la propria offerta.

 

K4B. Facciamo un esempio…

 

R. Come è a tutti noto, un settore di mercato su cui le PMI devono puntare è quello dei contenuti digitali. Spesso si dice che il nostro Paese e le nostre imprese hanno perso alcuni treni dell’innovazione, che siamo fuori battuta. Non è così: se pure abbiamo mancato alcune occasioni è pur vero che ci sono treni che partono continuamente. Le imprese italiane devono, in questo momento, cercare innanzitutto di recuperare il terreno perso nel settore dell’e-content. Il nostro Paese può fare molto in questa direzione, soprattutto valorizzando il suo enorme patrimonio artistico, naturale, storico. Stiamo parlando di un patrimonio che ha spesso carattere di assoluta unicità. Ed è proprio su questa unicità combinata alla replicabilità del mercato digitale che noi dobbiamo puntare.

 

K4B. Rimane il quarto aspetto e per esclusione non può che riguardare la Pubblica Amministrazione, o sbaglio?

 

R. Non sbaglia. Abbiamo bisogno di un Patto per l’innovazione nella qualità della PA. Più attenzione all’implementazione del back- office che del front-office. Dobbiamo passare dalla cultura del possesso del dato a quella dell’accesso al dato. Dobbiamo riorganizzazione i processi valorizzando i driver del cambiamento. Il Codice dell’Amministrazione digitale esprime la vision del futuro, ma attualmente c’è ancora una forbice tra ciò che dovrebbe essere e ciò che invece è nella realtà. La normativa sulla PA digitale ha corso più velocemente delle pratiche in uso negli uffici. Il nostro compito è ora di accorciare questo divario e puntare ad una PA proattiva, quasi invisibile, che dà informazioni ed accompagna con una presenza costante il cittadino nei momenti principali della sua vita.

 

K4B. Anche qui, cosa fare?

 

R. La parola chiave è “interoperabilità”, cioè scambio di dati tra le varie componenti della PA, con adozione di sistemi aperti, dematerializzazione e progressiva riduzione nell’uso del cartaceo, ma soprattutto semplificazione. Perché la procedura digitale possa affermarsi, è necessario abbattere gli ostacoli burocratici, perché, è il caso di ricordarlo, i costi della burocrazia sulle imprese e sulle PMI hanno un impatto notevole.Per mettere in piedi il sistema della PA digitale occorre intervenire anche con investimenti pubblici. Stiamo lavorando sulla CIE, la Carta d’Identità Elettronica e guardiamo con molta attenzione all’accesso dei cittadini alla PA online. Per quanto riguarda i siti della PA, vorrei ricordare che lo stesso Codice dell’Amministrazione digitale indica anche i contenuti che i siti della PA non possono omettere. Nel cosiddetto Decreto Bersani abbiamo infine inserito l’obbligo di inserire sui siti l’elenco dei consulenti e degli incarichi, perché l’innovazione per crescere ha bisogno anche di trasparenza. Ma attenzione: è necessario che la risorsa umana non venga scissa da quella tecnologica. Nessun blocco del turn-over quindi in ambito PA; agevolare anzi la sostituzione dei dipendenti vicini alla pensione con giovani laureati in discipline tecniche. Fare in modo che si arricchiscano, che diventino più articolati i pacchetti di competenze anche all’interno della PA. E per fare questo dobbiamo conquistare la fiducia dei rappresentanti dei lavoratori.

 

K4B. E se guardiamo con respiro ampio e strategico ai prossimi mesi?

 

R. Coniugare cittadinanza, PA, Internet. Guardando anche all’estero. L’Italia deve giocare un ruolo da protagonista al prossimo appuntamento in autunno ad Atene, quando si discuterà di governance mondiale di Internet. Nessuno ha le risposte pronte sulle questioni ed i problemi che il cambiamento repentino che l’innovazione tecnologica comporta. Se ne deve parlare, si devono scambiare idee e mettere a confronto esperienze. Stiamo pensando ad un luogo di confronto, un Consiglio Nazionale dell’Innovazione o un Forum della Società dell’Informazione come un momento in cui questo confronto e questo scambio avvengano in sede istituzionale.

 

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