Consolidamento tlc: l’Europa continua a prendere tempo mentre gli Usa accelerano

di Alessandra Talarico |

Attesa per la decisione Ue sulle fusioni ePlus-Telefonica e Hutchison-Telefonica. Negli Usa, intanto, negli ultimi mesi, si sono conclusi tre matrimoni che avranno ampie ripercussioni nei settori della telefonia, di internet e della televisione.

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Mentre negli Usa la nuova ondata di fusioni nel settore delle tlc comincia a preoccupare Washington, in Europa c’è il problema opposto e il mercato attende la decisione di Bruxelles su due importanti operazioni su scala nazionale: ePlus-Telefonica in Germania e Hutchison-Telefonica in Irlanda. In Francia, quindi, si attende la decisone dell’antitrust nazionale sull’operazione SFR-Numericable.

Altre fusioni, inoltre, potrebbero profilarsi entro quest’anno: sempre in Francia, infatti, Orange starebbe meditando l’acquisizione di Bouygues Telecom, mentre in Spagna si parla di un interesse di Vodafone per Yoigo e in Svezia Tele2 cerca acquirenti.

 

La Ue, intanto, continua a prendere tempo: sul deal tedesco la decisione, attesa per il 5 maggio, è stata rinviata per ben tre volte e dovrebbe arrivare, infine, il prossimo 3 luglio. Un rinvio che secondo Telefonica rientra nelle ‘procedure’ di Bruxelles, ma che secondo gli esperti riflette le preoccupazioni della Commissione per la riduzione del numero di operatori in Germania da 4 a 3.

Anche sulla fusione in Irlanda tra Hutchson e O2 (Telefonica), la decisione è stata rinviata di tre mesi: prevista per aprile, è ora attesa per il 20 giugno.

Il differimento potrebbe indicare che la Commissione sta lavorando sodo per evitare il blocco dell’operazione attraverso l’imposizione del  maggior numero di rimedi possibile. Come è successo in Austria dove il via libera all’acquisizione da 1,7 miliardi di Orange Austria da parte di Hutchison Whampoa è arrivato dopo un anno di indagini e corredato da una serie di misure tra le quali anche la cessione di un quarto dello spettro radio delle due società combinate nella frequenza dei 1800 Mhz, utilizzata per offrire servizi a banda larga mobile. Spettro che tra l’altro nessuno ha acquistato.

 

Mentre in Europa, ancora più a parole che con fatti concreti, si mira a realizzare un mercato unico delle telecomunicazioni, l’industria attende con ansia queste decisioni, lamentando l’eccesso di concorrenza dovuto alla compresenza sul territorio nazionale di un numero eccessivo di player, da cui scaturisce una feroce guerra dei prezzi che penalizza i ricavi e ostacola la capacità d’investimento e la competitività di fronte agli operatori americani e asiatici, che dal canto loro vengono in Europa a fare shopping a prezzi di saldo.

La Commissione europea, più che la concentrazione sui mercati nazionali, punterebbe alla creazione di grandi player pan-europei ma, in attesa delle imminenti elezioni,  a Bruxelles le posizioni non sono affatto allineate: ultimo a esprimersi in ordine di tempo è stato l’attuale commissario antitrust Joaquin Almunia, che si è detto contrario a rivedere le norme antitrust per favorire le operazioni di fusione tra operatori, come invece chiesto dal Cancelliere tedesco Angela Merkel e dal candidato alla presidenza della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.

 

Negli Usa, intanto, negli ultimi mesi, si sono conclusi tre matrimoni che avranno ampie ripercussioni nei settori della telefonia, di internet e della televisione.

L’operazione più impressionante è la fusione da oltre 45 miliardi di dollari di Comcast e Time Warner Cable: se i regolatori daranno il via libera, nascerà un colosso mondiale capace di gestire un terzo del mercato della pay tv e dei servizi a banda larga negli Stati Uniti, e che lascerà il principale concorrente – AT&T – con una quota di mercato pari a circa la metà (18%).

Oltre alla fusione tra le due principali società via cavo, nel mercato tlc si è registrato poi il progetto di fusione tra il terzo e il quarto operatore mobile: se la combinazione tra Sprint e T-Mobile vedrà la luce, il numero di player a contendersi un mercato da 300 milioni di persone, scenderà da 4 a 3. Una cosa impensabile se si pensa a un’Europa in cui sono oltre 100 gli operatori a contendersi una piazza da 500 milioni di persone.

A queste due alleanze si aggiunge quella da 67 miliardi tra AT&T e Direct Tv annunciata domenica e che darà vita a un gigante del mercato delle tv e delle telecomunicazioni, creando le condizioni per una totale integrazione tra la distribuzione di contenuti tra la telefonia mobile e le piattaforme video e banda larga

 

Operazioni che non hanno mancato di suscitare perplessità tra i regolatori e i membri del governo, che temono che una simile concentrazione possa condurre a un aumento dei prezzi a discapito dei consumatori.

 

Come ha evidenziato la società di analisi HSBC in un report di febbraio intitolato ‘Supercollider’ in riferimento al mercato europeo, l’Antitrust dovrebbe cambiare atteggiamento nei confronti del trend di consolidamento nel mercato delle telecomunicazioni, per valutare – nella formulazione dei suoi interventi pro o contro – non solo la riduzione dell’intensità competitiva ma anche i guadagni in termini di dinamicità comportati da una fusione, e concentrarsi non tanto sui prossimi due o tre anni, quanto sugli effetti sul lungo periodo poiché gli investimenti nelle reti ci mettono un bel po’ prima di portare i loro frutti, anche per i consumatori, che sul lungo periodo potranno godere di servizi migliori.

 

“In Europa, gli investimenti – ha aggiunto l’analista John Strand – sono in calo da 4 anni, mentre negli ultimi 10 anni gli operatori americani hanno investito il doppio rispetto ai colleghi europei” guadagnandone in salute e dimensione, tanto che a confronto loro, i giganti europei appaiono come degli gnomi.

Secondo l’analista bisognerebbe pertanto ‘pensare europeo’ per far ripartire gli investimenti: “Abbiamo bisogno di consolidamento a livello transfrontaliero, di massa critica più che di sinergie“, ha detto, sottolineando che creare dei ‘giganti con le tasche piene’ aiuterebbe a recuperare il gap europeo nel settore della telefonia.