Il fisso torna di moda, le telco Ue virano su cavo e fibra per sostenere il 4G

di Alessandra Talarico |

Le ultime acquisizioni di Vodafone, l’offerta di Numericable su SFR sono operazioni che fanno pensare a un cambiamento di rotta delle telco europee, alle prese con un mercato troppo frammentato per consentire una competizione ad armi pari con i rivali Usa

Europa


Fibra ottica

Molti osservatori del settore delle telecomunicazioni hanno definito la nuova ondata di avvicinamento tra operatori mobili e società del cavo una sorta di ‘ritorno al futuro’: dopo anni a concentrarsi sul wireless, infatti, gli operatori europei sembra abbiano riscoperto il valore delle infrastrutture via cavo come strumento per risparmiare sui costi e offrire servizi migliori.

Gli operatori come Vodafone – che ha appena sborsato 7,2 miliardi di euro per la spagnola ONO e lo scorso anno aveva acquisito Kabel Deutschland per 7,7 miliardi – devono far fronte al boom di smartphone e tablet e stanno quindi virando sul controllo dei cavi ‘fisici’ che trasportano i dati. Stanno insomma comprendendo che “il mobile non è tutto”, come ha spiegato l’analista Chris Barraclough.

Anche in Francia è in corso una fase di consolidamento, anche se in senso ‘inverso’, visto che è l’operatore via cavo Numericable ad aver presentato un’offerta da oltre 11 miliardi di euro per acquisire SFR, secondo operatore mobile del Paese.

 

L’interesse verso le società via cavo è forte anche negli Usa, dove Liberty Global nel 2013 ha acquisito Virgin Media per 23 miliardi di dollari e quest’anno, in Olanda, ha messo le mani su Ziggo per 10 miliardi.

 

A differenza degli Usa, dove il mercato è molto concentrato, con 2 operatori a spartirsi il grosso dei clienti (Verizon e AT&T), l’Europa è caratterizzata da una forte frammentazione e c’è ampio spazio per fusioni e acquisizioni. La frammentazione del mercato tlc europeo ha offerto vantaggi soprattutto ai consumatori – i servizi mobili sono tra il 50% e il 75% più economici che negli Usa – un po’ meno agli operatori, che vedono margini e ricavi contrarsi ormai da diversi anni.

 

E così, il vantaggio accumulato dall’Europa nelle reti 3G sembra essere irrimediabilmente sfumato, con gli Usa che ora primeggiano nella nuova generazione mobile: le connessioni dati 4G disponibili oltreoceano sono il 75% più veloci rispetto alla media europea (dati GSMA Intelligence). E, mentre il ricavo medio per utente di Verizon è cresciuto del 21% dal lancio dei servizi 4G nel 2010, in Europa l’Arpu è crollato o, nella migliore delle ipotesi, stagnante. In Francia, ad esempio, dal dirompente arrivo di Free – il quarto operatore mobile attivo sul mercato – nel 2012, il ricavo medio per utente è sceso del 13,2% nel quarto trimestre dello scorso anno.

 

Una frenata legata anche a questioni prettamente politiche, vista la frammentarietà che caratterizza anche l’assegnazione dello spettro in Europa, regolata da norme diverse per ciascun paese. Una complessità a cui la Commissione sta cercando di porre rimedio, ma la cui soluzione non sembra vicinissima, visto che molti Stati membri non vogliono cedere potere sullo spettro radio, essendo la vendita delle frequenze un’occasione per ‘fare cassa’.

Il nuovo pacchetto telecom, che ha ricevuto nei giorni scorsi il primo via libera del Parlamento europeo ha suscitato reazioni contradditorie: consenso unanime sulla proposta di abolire il roaming entro il 2015, ma forti divisioni sul tema della net neutrality, anche tra i diversi rappresentanti della catena di valore. È scontenta l’EBU, l’associazione dei broadcaster, che avrebbe voluto più salvaguardie a tutela dei loro servizi online contro eventuali discriminazioni da parte delle telco, e sono scontente le telco, che ritengono alcune delle misure troppo vincolanti e impossibili da applicare praticamente.

Divisioni anche tra i fornitori di contenuti: Open Forum Europe, che vede Google tra i suoi membri, ritiene troppo poco chiara la distinzione tra servizi specializzati e open internet.

Una riforma, insomma, che in alcune parti pone più problemi di quanto ne risolva, notano alcuni e che dunque fa presagire che la strada verso il consolidamento e il mercato unico digitale – che dovrebbe apportare un ‘tesoretto’ da 100  miliardi di euro l’anno all’economia Ue – è ancora lunga, nonostante le sollecitazioni dell’industria e la solerzia del Commissario Ue Neelie Kroes, madrina del pacchetto.