#ddaonline, motori di ricerca dalla parte dei pirati? In due anni 100 milioni di ‘denunce’

di Raffaella Natale |

L’industria discografica fa cinque precise richieste a Google che continua a indicizzare i siti pirata nei risultati di ricerca.

Mondo


Downloading illegale

L’industria discografica non ha intenzione di arrendersi e continua la propria battaglia contro Google, colpevole di offrire agli utenti i link ai siti pirata nei risultati di ricerca.

L’Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry), che da tempo continua a denunciare la condotta del gruppo di Mountain View ritenendo che non faccia abbastanza per fermare il downloading illegale dalla rete di contenuti protetti da diritto d’autore, questa settimana ha posto una pietra miliare per l’industria mondiale della musica, raggiugendo la soglia dei 100 milioni di notifiche antipirateria a Google.

In una lettera aperta, Frances Moore, Ceo di Ifpi, ha ricordato che “negli ultimi due anni e mezzo abbiamo informato più di 100 milioni di volte il motore di ricerca più importante del mondo del fatto che esso continua a fornire link a siti che offrono musica in spregio dei copyright senza pagare nulla ad artisti, autori e case discografiche”.

 

Le denunce riguardano solo una piccola percentuale dei link alle piattaforme pirata forniti da Google ai propri utenti.

“Con la sua capitalizzazione di mercato di oltre 370 miliardi di dollari – ha precisato la Moore – Google continua a indirizzare gli utenti internet verso fonti illegali di musica. Tutto questo danneggia non solo l’industria discografica, i cui ricavi sono crollati del 40% negli ultimi dieci anni a 16,5 miliardi di dollari, ma anche gli oltre 500 servizi legali di musica digitale” attivi nel mondo che arrivano ad offrire agli utenti online fino a 30 milioni di brani digitali.

La Moore si chiede: “Come possono queste aziende che operano nel rispetto del diritto d’autore raggiungere il loro potenziale se il più grande motore di ricerca del mondo li indicizza dopo i servizi pirata?”.

 

Le statistiche dimostrano, infatti, che i motori di ricerca sono il maggiore veicolo della musica illegale. Secondo il Digital Entertainment Survey 2013, realizzato da Wiggins, il 65% degli utenti che accede a contenuti illegali usa i motori di ricerca per individuarli.

Da qui la necessità che Google e altri motori di ricerca svolgano un ruolo più responsabile nel promuovere un uso sicuro e legale di internet.

 

Da queste premesse il Ceo dell’Ifpi ha stilato un elenco di richieste:

 

1. Mantenere la lodevole promessa di degradare quei siti che ricevono il maggior numero di notifiche di pirateria;

 

2. Assicurarsi che il ‘take down’ di un brano sia efficace e non significhi una rimozione temporanea che dopo due secondi viene rimpiazzata;

 

3. Aiutare invece gli utenti a trovare fonti di musica legale utilizzando, per esempio, un’icona per identificare i siti autorizzati;

 

4. Modificare la funzione di ricerca ‘auto-complete’ in modo da non indirizzare gli utenti sui siti pirata;

 

5. Assicurarsi che la politica stabilita a proposito di chi viola ripetutamente la legge sia incisiva: com’è possibile che dopo milioni di notifiche inviate allo stesso sito ciò non abbia un effetto sui risultati di ricerca?

 

Google deve fare di più, ha ribadito la Moore, ricordando che l’industria musicale investe 4,5 miliardi di dollari ogni anno nella scoperta e promozione degli artisti.

“Per poter continuare così – ha concluso il Ceo dell’Ifpi – è necessario che i principali operatori, come Google, mostrino maggior rispetto delle leggi sul diritto d’autore. Questa è la via per costruire insieme un mercato digitale della musica sostenibile “.