Telecom Italia, sindacati sul piede di guerra

di Paolo Anastasio |

Salvo Ugliarolo (Uilcom-Uil), Giorgio Serao (Fistel-Cisl) e Michele Azzola (Slc-Cgil) preoccupati per il piano di dismissioni annunciato dall’amministratore delegato Marco Patuano. Confronto con l’azienda previsto intorno il 19 novembre, sul tavolo i det

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Il piano di dismissioni presentato da Telecom Italia preoccupa i sindacati, che aspettano il prossimo incontro con l’azienda, previsto intorno al 19 novembre, per esprimere un giudizio definitivo, che tenga conto anche di eventuali ricadute occupazionali, che ieri non sono state affrontate dall’amministratore delegato Marco Patuano in sede di annuncio. 

 

“Permangono forti dubbi sul piano industriale presentato ieri dall’ad Marco Patuano – dice a Key4biz Salvo Ugliarolo, segretario nazionale della Uilcom-UilNon vediamo prospettive di rilancio per l’azienda, che fino a pochi anni fa era il quinto operatore mondiale e che ora invece si sta progressivamente riducendo ad un player domestico, rinunciando al suo respiro internazionale”.


“La vendita dell’Argentina e l’annuncio di cessione delle torri in Italia e Brasile sono operazioni di dismissione per fare cassa e contenere il debito, che non si discostano da quanto fatto da Telecom negli ultimi 10 anni – continua Ugliarolo – Come Uil non siamo d’accordo con alcuna ipotesi di spezzatino o societarizzazione di rami di business. Come già detto in precedenza, ribadiamo che sarebbe il caso che la Cassa Depositi e Prestiti entrasse in Telecom Italia portando liquidità fresca e una strategia di lungo termine sulla rete”.

 

Più possibilista la posizione di Giorgio Serao, della segreteria Fistel-Cisl, in attesa del prossimo incontro con l’azienda: “Dalle prime indicazioni del piano ci fa piacere che non sia previsto lo scorporo della rete – dice Serao a Key4biz – Se si dovesse andare verso il modello ‘open reach’ si tratterebbe di una decisione condivisibile. Sarà importante capire quali sono gli investimenti previsti per la modernizzazione dell’infrastruttura di rete e le valutazioni dell’azienda sul fronte occupazionale. Dobbiamo ancora verificare la tenuta del perimetro aziendale e sentire dall’azienda in che modo intende riorganizzare le attività dopo l’annuncio della vendita dell’Argentina e delle torri, che immagino prevederà soltanto la cessione dell’infrastruttura di ferro senza eventuali esternalizzazioni, sulle quali non siamo d’accordo”.

 

Netta, infine, la bocciatura del piano da parte di Michele Azzola, segretario nazionale Slc-Cgil: “Se la nuova era Telefonica è questa, si tratta di un déja vu che abbiamo già visto in passato – dice Azzola al nostro sito – Il piano di Patuano implica la svendita di immobili e antenne, che peraltro saranno poi riaffittate dalla stessa Telecom a prezzi maggiorati rispetto al prezzo di vendita, con uno spostamento di denaro in perdita per l’azienda. Anche il bond da 1,3 miliardi di euro collocato dall’azienda, visto lo spread altissimo di Telecom, serve soltanto a girare soldi alle banche che gestiscono il collocamento dell’emissione obbligazionaria. Questo piano è la morte di Telecom Italia, con l’aggravante dell’ignavia del primo ministro Enrico Letta, che non si sa cosa abbia concordato con Cesar Alierta, presidente di Telefonica, nell’incontro riservato di cui non si è saputo nulla. Il recente aumento della quota di Telefonica all’interno di Telco, azionista di riferimento di Telecom Italia, apre prospettive e scenari che rischiano, nel caso si adottassero scelte sbagliate, di determinare la chiusura della compagnia telefonica nazionale”.


In una nota ufficiale, Michele Azzola afferma che “Le decisioni di cedere asset strategici all’estero, di non distribuire i dividendi sulle azioni ordinarie e di emettere un convertendo da 1,3 miliardi di euro sono tra loro collegate e non sono nell’interesse dell’azienda, dei piccoli azionisti nè del Paese. Però gli interessi delle banche vengono comunque sempre tutelati – Il rilancio di una società che ha circa 28 miliardi di indebitamento non può passare infatti attraverso dismissioni di asset che producono risultati finanziari positivi ed un risibile aumento di capitale travestito (il convertendo) finalizzato esclusivamente a proteggere la quota di dividendo delle banche (la cedola per tre anni del 6,125%) che lo hanno sottoscritto”.

“La riduzione dimensionale di una società non potrà infatti che avere inevitabilmente ripercussioni negative sull’occupazione e sul reddito nazionale in cambio di un marginale aumento della profittabilità nel breve termine funzionale tra l’altro a pagare la cedola (ossia un dividendo per pochi) del convertendo – prosegue la nota – Il piano industriale approvato dal CDA del 7 novembre, conferma tutte le preoccupazioni che il sindacato ha manifestato dopo l’accordo intervenuto tra i soci di Telco che assegna a Telefonica il controllo di fatto della società”.

“Un piano industriale tutto ispirato a fare “cassa” nell’immediato, ma che, di fatto, creerà le condizioni per cui fra pochi anni l’Ebidta dell’azienda subirà contraccolpi tali da non consentire la sopravvivenza dell’azienda italiana – continua la nota – Sulla scia di quanto già fatto dai “capitani coraggiosi” si sceglie la finanza “creativa” con la vendita, e il conseguente riaffitto, delle torri e degli immobili perseverando su scelte che hanno defraudato il patrimonio della società lasciandone in eredità canoni di locazione, per il patrimonio venduto, a canoni elevatissimi rispetto le condizioni di mercato. Inoltre, si sceglie di vendere la controllata Tim Argentina, che realizza un aumento dei profitti del 24% nell’ultimo anno, sapendo che la vendita di Tim Brasil è solamente rinviata al momento in cui il controllo di Telefonica sarà operativo e l’antitrust Brasiliano imporrà la dismissione della stessa in considerazione che Telefonica è già presente su quel mercato con il primo operatore”.

Infine, vista l’assoluta indisponibilità di Telefonica a varare un aumento di capitale, che resta l’unica soluzione plausibile per il rilancio degli investimenti necessari al Paese, si aumenta l’indebitamento aziendale con un bond convertibile che, in considerazione del rating di Telecom, sarà collocato a tassi di interesse elevatissimi garantendo i dividendi a pochi “fortunati” che contribuirà a trasferire risorse dalle casse di Telecom a quelle delle banche che gestiranno l’operazione, continuando a spolpare un’azienda che solo quindici anni fa era il quinto operatore mondiale. E’ evidente che tale piano inciderà in maniera molto negativa sul futuro della marginalità dell’azienda creano le condizioni per impedirne la sopravvivenza e, in qualità di salvatori, prevederne l’incorporazione in Telefonica”.

“Resta sconcertante la totale ignavia del Governo che mentre parla di come rilanciare il Paese e risolvere il problema dell’occupazione giovanile lascia morire una grande impresa italiana strategica per il futuro del Paese stesso – continua il sindacalista – In questo modo i ritardi italiani rispetto all’agenda digitale e allo sviluppo delle reti di nuova generazione non potranno che aumentare, condannando l’insieme dell’economia a un lungo declino perché tagliate fuori dallo sviluppo delle nuove tecnologie che cambieranno i mercati nei prossimi anni”.

“E’ sconcertante che il Presidente Letta tratti quest’azienda come un affare personale visto che dopo l’incontro con il Presidente di Telefonica non ha inteso comunicare agli italiani le sue decisioni e volontà e tantomeno convocare le parti sociali per condividere una strategia utile al Paese – chiude Azzola – Lanciamo pertanto un appello a tutta la buona politica: chiunque abbia interesse per le sorti di questo Paese fermi questo scempio e governi un processo di rilancio per un settore strategico.Il sindacato e i lavoratori non staranno inermi davanti al piano di distruzione di Telecom e lotteranno con tutte le forze per difendere il proprio lavoro e gli interessi strategici del Paese”.