Pubblicità mobile: mercato da 13 mld di dollari e un futuro in crescita

di Alessandra Talarico |

Da qui a 5 anni il valore salirà a 39 miliardi di dollari.

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La pubblicità mobile comincia a mostrare il suo potenziale di crescita, grazie all’introduzione di formati innovativi e di nuovi meccanismi di acquisto degli spazi. Fattori che spingeranno la spesa per le inserzioni sui dispositivi dai 13 miliardi di dollari previsti per il 2013 a 39 miliardi nel 2018.

Lo rivela un rapporto di Juniper Research, che sottolinea le opportunità legate alla pubblicità ‘in-app’,  citando il grande successo della strategia di monetizzazione delle app Facebook, con il mobile che ormai rappresenta il 41% dei ricavi pubblicitari globali del social network.

Tra gli altri trend evidenziati dal report, la crescita esponenziale del Real-Time Bidding (RTB), nuovo elemento trainate della spesa in advertising mobile.

 

Il mercato pubblicitario delle aste in tempo reale (RTB), ossia l’acquisto immediato degli spazi sui siti internet, rappresenta la nuova frontiera della pubblicità sui dispositivi mobili consentendo di offrire annunci pubblicitari in tempo reale a un pubblico mirato.

In sostanza, attraverso il RTB, gli advertiser possono acquistare le singole impression all’interno di immensi marketplace (gli Ad Exchanges) pagando un prezzo a seconda del valore effettivo che queste hanno in base a criteri di comportamento, interesse e intento degli utenti. E’ così possibile pianificare campagne display (banner, video, mobile ADS) su milioni di siti, anche in ambienti social, ottenendo impressions, ossia l’attenzione degli utenti, altamente qualificate.

 

Gli analisti Juniper sottolineano però che alcune aziende sono ancora caute verso questo tipo di advertising, per via del fatto che molti utenti potrebbero percepire gli spot sul cellulare come inappropriati o invadenti. Rispetto, quindi, all’alto livello di coinvolgimento degli utenti nei confronti del cellulare, la spesa pubblicitaria resta ancora molto bassa, se confrontata alle cifre spese per gli altri media.

Secondo l’autore del rapporto, Sian Rowlands, è in corso, tuttavia, “un cambiamento nella percezione dei consumatori, dovuto all’uso dei sistemi di opt-in da parte degli inserzionisti e una pubblicità più mirata, basata sui big data e la raccolta di info sulla posizione degli utenti”.