Rai: scoppia il caso Crozza, bagarre in Vigilanza per i super-compensi

di Raffaella Natale |

Gubitosi: ‘Lasciateci competere senza interferenze’. Il Pdl rilancia: ‘Dimentica che la Rai è di proprietà pubblica’.

Italia


Maurizio Crozza

Scoppia il caso Crozza in Commissione di Vigilanza. In audizione il direttore generale Luigi Gubitosi ha dichiarato di non aver potuto chiudere il contratto con il comico genovese “per le polemiche sui compensi che hanno creato forte tensione”. (Leggi Articolo Key4biz)

Il Dg ha parlato di “intromissioni nelle normali regole della concorrenza che rappresentano un’anomalia italiana. Lasciateci competere senza interferenze”.

Gubitosi, parlando poi della richiesta di pubblicazione dei compensi di star e dirigenti (tra l’altro prevista dalla bozza del Contratto di servizio 2013-2015, ndr), avanzata dal Pdl in Commissione di Vigilanza, ha citato le parole di Antonio Catricalà, da presidente Antitrust: “Un’eventuale imposizione alla Rai dell’obbligo di rendere noti i compensi non sarebbe priva di implicazioni di carattere concorrenziale. Solo la Rai avrebbe l’obbligo di trasparenza a livello di dettaglio disaggregato. La pubblicazione dei compensi potrebbe ridurre la capacità della Rai di trattenere risorse“.

 

“Un paese che ha paura della satira – ha proseguito Gubitosi – è un paese in difficoltà morale. Non mi risulta che in altri paesi dove esiste il servizio pubblico sia successo quello che è successo nel caso Crozza, è un peccato che sia successo in Italia. Si sono sentite molte cifre, ma io posso dirvi che il costo di una serata di Crozza sarebbe stato completamente ripagato da pubblicità”.

 

“C’è stata un’intromissione nelle normali regole della concorrenza che rappresenta un’anomalia italiana – ha proseguito Gubitosi -. Cairo, rinnovando il contratto con Crozza, ha detto: preferiamo non rivelare il suo cachet, lo teniamo riservato. Io non so quanto paghi Cairo, lui sa quanto l’avremmo pagato noi. La Rai ha già dato, lasciateci competere nel mercato senza interferenze”.

 

Non si è fatta attendere la reazione del Pdl. Renato Brunetta ha rilanciato: se il contratto a Maurizio Crozza non è stato stipulato è perché la Rai ‘ha semplicemente avuto paura della trasparenza e un’azienda pubblica che ha paura della trasparenza è un’azienda che è in difficoltà morale”.

 

“E’ inaccettabile che la Commissione venga insultata da un funzionario pubblico“, ha protestato ancora, insieme ai colleghi Augusto Minzolini e Maurizio Gasparri.

 

“Sulla questione dei compensi – ha spiegato Gasparri – ho detto a Gubitosi che vorremmo interloquire anche con altre aziende ma che se siamo con lui in Vigilanza è perché la Rai è al cento per cento di proprietà pubblica e per larga parte finanziata dal canone pagato dai cittadini. Il che comporta particolari doveri. La trasparenza, anche sui compensi di noti personaggi, è uno di questi“.

 

A protestare per le parole del dg Rai anche la Lega. ” Mi preme ricordare al dottor Gubitosi – ha detto il senatore leghista Gian Marco Centinaio, membro della Vigilanza – che la differenza tra lui e un competitor privato come ad esempio Cairo sta nel fatto che lui beneficia dei soldi dei cittadini italiani e quindi deve perentoriamente portare rispetto alla commissione di vigilanza”.

 

Il presidente Rai, Anna Maria Tarantola nella sua audizione si è soffermata sul problema canone, per sottolineare che l’Italia è il paese con quello più basso tra quelli che ce l’hanno e anche con il tasso di evasione più alto: nel 2012 era pari al 27%, mentre negli altri Stati si attestava intorno all’1-1,5%.

“Come amministratore – ha aggiunto – non posso non evidenziare che l’evasione del canone, che è la maggiore d’Europa, è il fenomeno da combattere”.

 

“L’articolo 19 del nuovo Contratto di Servizio – ha proseguito Tarantola – prevede che il ministero dello Sviluppo economico si impegni ad individuare, anche con il coinvolgimento delle amministrazioni competenti, le più efficaci metodologie di contrasto. La lotta all’evasione del canone rappresenta la leva più importante per ridurre il ripetersi di una situazione di sbilancio, che viene di anno in anno messa in luce attraverso il sistema della contabilità separata e che ha evidenziato una incapienza cumulata (dal 2005 al 2012) delle risorse da canone pari a circa 2,4 miliardi di euro“.

 

“Siamo in un periodo molto delicato e dobbiamo svolgere al meglio la nostra funzione di servizio pubblico“, ha poi concluso la Tarantola.

 

Ma cosa intendono i vertici Rai per servizio pubblico?

 

Il Contratto di Servizio presenta un’importante novità introdotta dal Ministero dello Sviluppo economico: la riconoscibilità dei programmi finanziati col canone, che si identificano con quelli “rientranti nell’ambito dell’attività di servizio pubblico” (indicati con un bollino di diverso colore). Ebbene, l’intrattenimento non fa più parte dei programmi del servizio pubblico radiotelevisivo.

Per Barbara Apuzzo, segretaria nazionale della Slc Cgil, “…questa separazione costituisce la precondizione per considerare l’intrattenimento fuori dal perimetro del servizio pubblico … creando una ambiguità di fondo che fa supporre che questo, possa un domani essere messo sul mercato, magari in nome della libera concorrenza per un bene non più pubblico?”.

“Questa impostazione – continua la Apuzzo – se letta insieme a quanto contenuto nell’art.23 (consultazione pubblica) in cui si parla della “data di scadenza della concessione del servizio pubblico”, e nell’art.24 (entrata in vigore e scadenza), in cui si fa riferimento alla “scadenza della concessione”, fa immaginare per la Rai un futuro “spacchettato”, in cui per servizio pubblico non si intenderà sicuramente quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi”.