Associated Press, il governo USA nella bufera. Quando peserà sulla stampa il rischio di altre intercettazioni?

di Raffaella Natale |

L’amministrazione Obama ha giustificato la vasta operazione adducendo motivi di ‘sicurezza nazionale’. Ma il caso segna un precedente. Quanti adesso si sentiranno liberi di dare rivelazioni ai giornali e quanto ne risentirà l’informazione?

Stati Uniti


Associated Press

Generalmente molto attenta alle tematiche della privacy, l’amministrazione Obama s’è trovata questa volta nella posizione di doversi difendersi dall’accusa d’aver intercettato i telefoni dell’agenzia di stampa Associated Press (AP), sostenendo che s’è trattato di un caso di forza maggiore e che ne andava di mezzo “la sicurezza degli americani”.

L’agenzia americana ha denunciato lunedì ‘un’intrusione senza precedenti’ nel campo della libertà di stampa da parte del Dipartimento USA di Giustizia, che per due mesi ha segretamente registrato le telefonate effettuate nell’agenzia e da alcuni giornalisti.

Dopo l’ondata di polemiche che s’è sollevata con lo scoppio del caso, il Ministro Eric Holder ha parlato di gravi rischi che hanno spinto il Dipartimento ad agire con uno dei sequestri ‘più gravi’ e notevoli d’informazioni telefoniche private del 2012.

“Non esageriamo dicendo che gli americani erano in pericolo e che bisognava capire chi erano i responsabili per un’eventuale controffensiva“, ha spiegato il Ministro in conferenza stampa, senza però precisare se altri media sono stati coinvolti nell’operazione.

 

Secondo l’AP, l’indagine riguarda un articolo su “un’operazione della CIA in Yemen che ha impedito nella primavera del 2012 che Al-Qaeda facesse scoppiare una bomba su un aereo diretto negli Stati Uniti” nel giorno del primo anniversario della morte di Osama Bin Laden.

 

Il regolamento del ministero, ha spiegato il vice procuratore generale James Cole, che ha dato l’OK a procedere, prevede “intercettazioni telefoniche dei media solo in alcune circostanze” e, vista “la natura penale di questa indagine che riguardava informazioni ultrasegrete“, s’è deciso di procedere.

Tuttavia, ha aggiunto Cole, “le intercettazioni sono avvenute per un periodo limitato e ragionevole e non hanno riguardato i contenuti delle telefonate”.

 

Ma il Ceo dell’AP non è d’accordo: “Come si può parlare di un’indagine ristretta quando sono stati coinvolti almeno un centinaio di giornalisti?”.

 

Il senatore democratico Harry Reid ha definito ‘imperdonabile’ la condotta del Dipartimento di Giustizia: “Ho difficoltà a difendere ciò che ha fatto il Ministero … non c’è alcun modo per poterlo giustificare”.

 

Il presidente di Reporters sans Frontières, Christophe Deloire, ha parlato di “palese violazione dei diritti costituzionali”.

 

David Pozen, esperto di sicurezza nazionale della Columbia University, s’è detto sorpreso della portata delle intercettazioni e ha parlato di “un’interpretazione ampia” dei poteri riconosciuti in questo senso al ministero.

 

Alla Casa Bianca, Jay Carney, portavoce di Barack Obama, ha assicurato che il presidente è un convinto sostenitore della libertà di stampa, aggiungendo però che “dobbiamo assicurarci che informazioni segrete non vengano diffuse, quando possono minacciare i nostri interessi di sicurezza nazionale“. Si tratta di “trovare il giusto punto d’equilibrio“. Ma in questo caso, è stato trovato il ‘giusto equilibrio’ oppure il governo è andato al di là dei poteri riconosciutigli dalla legge?

Il timore delle intercettazioni quanto peserà sulla stampa e sui suoi informatori?