Big Data: la Ue punta su giovani e startup

di Alessandra Talarico |

Come per tutti i mestieri digitali, anche la domanda di esperti in dati sta aumentando: lavori come il ‘data scientist’ – concetto che si faceva fatica a immaginare fino a pochi anni fa – sono in forte crescita.

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Big Data

Sembra che ogni due giorni l’umanità crei una mole di informazioni equivalente a quella creata dagli albori della civiltà fino a 10 anni fa.

Siamo, è ormai chiaro, nell’era dei Big Data, espressione dietro la quale si cela quello che il Commissario Neelie Kroes ha sovente definito il ‘nuovo petrolio’: i dati in possesso delle pubbliche amministrazioni, delle aziende, delle organizzazioni cittadine, unitamente ai nuovi dati generati dalle reti di comunicazione elettronica (commenti su Facebook, tweet, bacheche di Pinterest, ricerche online, post sui blog) crescono a un ritmo del 40% l’anno e rappresentano un’importante opportunità che, in soldoni, vale secondo Kroes, “decine se non centinaia di miliardi di euro l’anno”.

 

Secondo IDC, il mercato crescerà a livello mondiale con un tasso composto annuo (CAGR) del 31,7%, andando a valere 23,8 miliardi di dollari nel 2016. Si tratta di un ritmo di crescita pari a circa 7 volte quello del mercato ICT nel suo complesso. Riguardo invece la quantità di dati prodotti, si prevede che nel 2020 i dati digitali aumenteranno di 40 volte rispetto a oggi, arrivando a un miliardo di terabytes.

 

È importante però comprendere e far comprendere che anche se l’ICT è il ‘fattore abilitante’ di questa rivoluzione, i vantaggi derivanti dalla raccolta, gestione e analisi dei Big Data non si fermano al settore delle nuove tecnologie: mettendo in comune quest’enorme mole di informazioni è possibile ad esempio intervenire in maniera efficace sui consumi energetici, la gestione del traffico, la costruzione di edifici intelligenti, la riduzione dell’inquinamento, l’offerta di servizi mobili al cittadino (sanità, istruzione, egovernment, banking, payment), ma anche sviluppare sistemi per la prevenzione del crimine, come già avviene a New York.

 

Aziende e amministrazioni di ogni dimensione e settore, dunque, possono sfruttarli per prendere decisioni non più basate sull’intuizione ma su dati certi, come già stanno facendo gli scienziati.

 

“In un momento in cui l’Europa ha un disperato bisogno di crescita, è proprio qui che dobbiamo guardare per creare nuovi posti di lavoro e nuove opportunità“, ha affermato il Commissario per l’agenda digitale, sottolineando che, come il petrolio, i dati rappresentano “il carburante dell’innovazione, l’alimentazione e la spinta della nostra economia”.

A differenza del petrolio, pero, non sono una risorsa esauribile: abbiamo appena iniziato a estrarli.

 

A ben vedere, sottolinea ancore Kroes, qualsiasi cosa si provi a fare oggi – che si tratti di decifrare il genoma umano o predire il futuro economico, di individuare un ingorgo o il bosone di Higgs – i Big Data possono contribuire a un esito di successo.

 

Perchè tutti possano avvantaggiarsi della ‘rivoluzione’ dei Big Data, c’è però bisogno del giusto quadro regolamentare che assicuri l’interoperabilità, la disponibilità dei dati in forma gratuita e la tutela della privacy.

Per garantire tutto ciò, la Ue intende agire su tre livelli: innanzitutto con una legge – che si spera sarà concordata nei prossimi mesi – per sbloccare la miniera d’oro di dati delle nostre amministrazioni pubbliche, chiusi a chiave o inutilizzabili, ma per i quali i cittadini hanno già pagato.

Aprendo questa cassaforte, i vantaggi potrebbero essere decine di miliardi di euro l’anno.

In secondo luogo, per creare fiducia nei consumatori circa l’uso corretto dei dati, la Commissione sta spingendo sulla riforma della Direttiva sulla protezione dei dati, risalente al 1995.

Tale riforma, secondo Kroes, potrebbe creare un valore aggiunto da 2 miliardi di euro l’anno per l’economia europea.

Ma, e qui si arriva al terzo punto, l’Europa deve contare su un’industria forte e per questo la Commissione continuerà a finanziare l’innovazione sia sul versante dei prodotti che dei servizi legati ai dati, concentrandosi sui settori dei trasporti, sanità, finanza, retail e pubblico.

 

Attenzione, oltre che su aziende già forti in questi settori – come SAP, ATOS e Telefonica – anche sulle startup e sul ‘capitale umano’: come per tutti i mestieri digitali, anche la domanda di esperti in dati sta aumentando: lavori come il ‘data scientist’ – concetto che si faceva fatica a immaginare fino a pochi anni fa – sono in forte crescita.

 

Gli open data, ha concluso Kroes, sono “una grande opportunità per l’Europa. Un’occasione per i cittadini di beneficiare di incredibili nuovi prodotti e servizi. Un’occasione per promuovere molti settori della nostra società – dalla sanità alla democrazia stessa. E la possibilità di stimolare la nostra economia, alimentando una forte industria europea dei dati. Questa è una rivoluzione: e voglio che l’Unione europea sia all’avanguardia”.