Antitrust: la Ue indaga sui contratti Apple per gli iPhone. Piccoli operatori svantaggiati?

di Alessandra Talarico |

La società di difende: i contratti stipulati con le aziende ‘sono pienamente conformi alle leggi locali ovunque operiamo inclusa l’Europa’.

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I regolatori europei stanno esaminando i contratti tra Apple e gli operatori telefonici cui è stata affidata la vendita dell’iPhone, per appurare che non vi siano i presupposti per una possibile violazione delle norme antitrust.

Lo rivela il New York Times citando una fonte secondo cui, anche se non vi è stata una denuncia formale, diverse società telefoniche si sono lamentate che questi contratti ostacolerebbero la concorrenza.

L’accusa sarebbe partita dagli operatori mobili francesi, ma non è chiaro se anche altri paesi siano coinvolti.

La Commissione europea ha confermato di stare esaminando il caso ma ha precisato che non è stata avviata un’indagine formale, non  essendo l’esecutivo obbligato ad agire fino a che non sia stata ricevuta una denuncia formale per comportamento anti competitivo.

Il fatto però che si stia indagando è segno che le ‘lamentele’ degli operatori sono state prese sul serio: la Ue, del resto non sembra intenzionata a fare sconti alle aziende extraeuropee che non rispettano le norme comunitarie e di recente più volte il Commissario alla giustizia, Viviane Reding, ha stigmatizzato il mancato rispetto da parte della società californiana delle regole sulla garanzia (Leggi articolo Key4biz).

 

“Siamo monitorando la situazione dopo essere stati contattati da diverse aziende del settore, ma non è stato aperto un fascicolo antitrust”, ha spiegato Antoine Colombani, portavoce del Commissario antitrust Joaquín Almunia.

 

Apple, dal canto suo, ha fatto sapere che i contratti stipulati con le aziende “sono pienamente conformi alle leggi locali ovunque operiamo inclusa l’Europa”.

 

Secondo quanto riferito dal NYT, sembra che il malcontento sia legato al fatto che i contratti sottoscritti con gli operatori di minore ‘peso’ siano più rigorosi di quelli con le aziende telefoniche più importanti.

I termini che alcuni operatori hanno dovuto accettare per poter vendere l’iPhone, insomma, sarebbero così intransigenti, che avrebbero impedito ad altri produttori di competere ad armi pari.

 

Apple, di sicuro, non obbliga gli operatori a vendere l’iPhone: non ne ha bisogno, vista la potenza del suo marchio. Sono piuttosto gli operatori a rincorrere l’azienda, visto l’appeal dell’iPhone sui clienti.

Generalmente, la società include nel contratto una quota minima di vendita da parte degli operatori: se questo target non è accettato, niente iPhone, se non è raggiunto, scattano penali.

Un rischio che non potrebbe non porsi visto che la domanda di iPhone nella maggior parte dei casi supera l’offerta – al quarto trimestre 2012 l’iPhone 5 si è piazzato al primo posto tra gli smartphone più venduti al mondo – ma che costringe gli operatori a devolvere gran parte del loro budget pubblicitario al dispositivo Apple, lasciando le briciole agli altri.

Succede comunque di non raggiungere i target di vendita e questo rappresenta un problema per gli operatori di piccole dimensioni: l’operatore Usa Leap Wireless, ad esempio, ha reso noto in un documento depositato alla SEC che il fatto di aver raggiunto solo la metà delle vendite previste dal contratto con Apple restando con un invenduto del valore di 100 milioni di dollari.

 

Le vendite legate ai contratti con gli operatori hanno generato oltre la metà dei 55 miliardi di fatturato registrato da Apple lo scorso trimestre.

Nel 2011, le compagnie telefoniche europee hanno raddoppiato la spesa per l’acquisto in ‘stock’ dei dispositivi a 13 miliardi di euro, il che vuol dire che la spesa per sovvenzionare l’acquisto degli smartphone è stata addirittura superiore a quella affrontata per l’aggiornamento delle reti. A livello globale, secondo i dati di Bernstein Research, la spesa per i sussidi all’acquisto è crescita del 40% dal 2009 al 2011, per raggiungere 48,5 miliardi di dollari (Leggi articolo Key4biz).