Midem, l’industria della musica chiede aiuto. Ma devono essere web company e Isp a finanziare il mercato?

di Raffaella Natale |

Le etichette chiedono una Google Tax, ma per il governo francese la questione è differente da quella degli editori. Certo è che se le multinazionali d’internet pagassero le tasse, le nuove entrate fiscali potrebbero essere riversate al settore.

Europa


Musica digitale

Il Ministro francese alla Cultura, Aurélie Filippetti, dal palco del Midem, il più importante evento mondiale per l’industria della musica (Cannes, 26-29 gennaio 2013), ha rilanciato sul tema OTT, dicendosi determinata a far partecipare le web company al finanziamento della creazione. La Filippetti è apparsa, invece, più prudente sulle modalità di queste sovvenzioni.  

Da diversi giorni, anche la filiera della musica è scesa in campo per chiedere una sorta di Google Tax (Leggi Articolo Key4biz), su modello di quella che vorrebbero ottenere gli editori per i loro contenuti indicizzati dal motore di ricerca (Leggi Articolo Key4biz).

 

“I grandi attori d’internet – ha detto la Filippetti in un’intervista concessa all’Afp – devono partecipare al finanziamento della creazione, come negli anni ’80 le Tv lo hanno fatto per il cinema”.

“Non è normale – ha aggiunto – che aziende beneficino di distorsioni fiscali che alterano la concorrenza. E poi ci sono meccanismi che chiamiamo di eccezione culturale, creati nel corso degli anni, che consistono nel far partecipare al finanziamento delle opere culturali coloro che le distribuiscono e questi devono potersi applicare anche a internet”.

 

Il ministro ha precisato che “Non è una sovvenzione. L’eccezione culturale non lo è. C’è un legame diretto tra l’attività economica generata dagli attori culturali che alimentano altri attori dell’economia. E’ un circolo virtuoso”.  

La difficoltà, ha però ammesso la Filippetti, è cercare di trovare la giusta via per far partecipare gli attori d’internet a questo finanziamento. E a questo, ha detto, ci sta pensando una task force del ministero che lavorerà in linea con le conclusioni della mission Lescure su l’Atto III dell’eccezione culturale, atteso per fine marzo.

 

Per quanto riguarda la musica, ha poi sottolineato la Filippetti, “non possiamo ricalcare ciò che stiamo preparando per la stampa, perché sono due questioni di principio molto differenti”.

Una posizione che, però, non è piaciuta alla filiera discografica che teme di doversi accontentare delle briciole che resteranno dopo l’accordo tra web company ed editori.

 

La SACEM ha, infatti, fatto sapere che si sta lavorando a una sorta di ‘alleanza’ europea nel settore musicale per far pressioni a Bruxelles.

 

Thierry Chassagne, presidente di Warner Music France, ha detto chiaramente: “Abbiamo perso quasi il 60% della nostra industria negli ultimi 8-9 anni. E’ chiaro che abbiamo bisogno di una boccata d’ossigeno, non possiamo limitarci a licenziare o a ridurre le registrazioni degli artisti. Abbiamo bisogno d’aiuto”.

Chiediamo – ha quindi specificato – che i motori di ricerca, come Google, e gli Isp vengano tassati e che questi introiti siano riversati nella creazione culturale (…) queste persone hanno completamente beneficiato dei nostri contenuti per attirare gli utenti a casa loro”.

 

Nel suo intervento al Midem, il Ministro all’Economia digitale, Fleur Pellerin, ha indicato che “sarebbe più interessante accompagnare l’industria culturale nella sua trasformazione per adattarsi al digitale, piuttosto che provare a ottenere sovvenzioni”.

Diversamente dalla Filippetti, la Pellerin s’è detta a favore di un “approccio globale” per “tentare di fare in modo che queste multinazionali del web paghino le tasse. Sarà poi compito dello Stato decidere come redistribuire queste entrate fiscali”.

 

Un aspetto questo, sul quale s’è soffermato anche il Commissario Ue per il Mercato interno, Michel Barnier, che a Cannes ha parlato dell’importanza della musica per l’economia europea.

Ogni giorno – ha detto Barnier – gli europei passano 2 ore in media ad ascoltare musica, vale a dire almeno 30-40 brani quotidianamente”.

La musica registrata, ha aggiunto il Commissario Ue, rappresenta un mercato da 6 miliardi di euro che dà lavoro a tante persone. E un buon numero di servizi online, come Spotify, Deezer, Last.FM o 7digital, sono europei.

 

La musica ci lega, ha detto il Commissario: “L’Europa ha bisogno degli artisti e dell’industria musicale, ma anche questi hanno bisogno dell’Europa”. Intanto per potersi appoggiare al mercato unico e ai suoi 500 milioni di consumatori che vogliono accedere ai milioni di titoli disponibili in Europa, anytime e anywhere.

“Ma purtroppo oggi non è ancora possibile”, ha detto Barnier, riferendosi ai contenuti online non sempre accessibili in tutti gli Stati membri.

“Se bisogna parlare di mercato unico – ha spiegato Barnier – allora anche queste barriere vano rimosse”.

Spero – ha concluso – che tutti gli attori del mondo della musica s’impegnino pienamente, senza pregiudizi, né passi indietro, in un dialogo costruttivo che permetta di far emergere soluzioni contrattuali innovative”.