Bye bye SMS: il social messaging costerà alle telco 23,2 miliardi di dollari a vantaggio degli OTT

di Alessandra Talarico |

VoIP e social messaging mettono in crisi le principali fonti di guadagno delle telco che per rimediare non hanno altra scelta che proporre e anche in fretta servizi in grado di intercettare i cambiamenti di abitudini dei consumatori.

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Social messaging

L’abitudine sempre più diffusa tra gli utenti di tutto il mondo di inviare messaggi con le app cosiddette di ‘social messaging‘ – come WhatsApp, BlackBerry Messenger, iMessage di Apple, la chat di Facebook e Twitter – o di telefonare via internet con servizi tipo Skype, sta mandando in crisi i ricavi legati a due assi portanti dei bilanci delle telco: gli sms e le chiamate internazionali.

Secondo gli analisti di Ovum, a causa dell’utilizzo sempre più massiccio delle app che sfruttano internet per consentire agli utenti di inviare messaggi, foto e video, le telco perderanno ricavi per 54 miliardi di dollari da qui al 2016. Si tratta tra l’altro, dicono, di ‘cifre indicative’: l’impatto effettivo sui ricavi da sms potrebbe essere molto più alto.

Solo quest’anno, stima Ovum, “gli operatori perderanno revenues per 23,2 miliardi di dollari a vantaggio degli OTT”.

Per comprendere il successo delle app di social messaging, basti pensare che Whatsapp – una delle più popolari – di recente ha reso noto che il servizio è stato usato per inviare oltre 1 miliardo di messaggi in un solo giorno.

Un successo destinato a crescere di pari passo con la diffusione degli smartphone e della penetrazione della banda larga mobile.

 

Per questo, suggerisce la società di analisi, gli operatori dovrebbero proporre e anche in fretta servizi in grado di intercettare i cambiamenti di abitudini dei consumatori in fatto di messaging. Certo, non si tratta di una panacea, ma servirebbe per compensare il calo dei ricavi da sms.

In attesa di implementare piattaforme Rich Communication Suite (RCS), gli operatori mobili, secondo Ovum, dovrebbero concentrarsi su nuove strategie tariffarie, partnership e sul lancio di propri servizi di messaging IP based.

 

Molti operatori stanno già mettendo in atto delle strategie ‘IP-based’, ma un elemento chiave del loro successo sarà la loro capacità (o volontà) di imbastire proficui rapporti di collaborazione con i produttori di cellulari, organizzazioni di settore e fornitori di soluzioni per creare e adottare standard quali RCS e RCS-e che consentano loro di offrire servizi di messaging compatibili col maggior numero possibile di dispositivi.

 

Ad aggiungere pressione sulle telco, anche il declino dei ricavi legati alle chiamate internazionali il cui impatto si farà sentire anche sulle casse dei governi che su queste chiamate applicano tasse.

Ad evidenziare che le chiamate internazionali non sono più un prodotto ad alta redditività come in passato, è stato il Ceo dell’operatore Zain Jordan, Ahmad Al Hanandeh, a conferma che il problema non riguarda solo le telco dei mercati maturi, ma anche quelli dei paesi emergenti.

“Il numero di utenti mobili che usa internet per chiamare e inviare sms e mms continua a crescere e questo si sta ripercuotendo sui ricavi delle compagnie telefoniche”, ha affermato Ahmad Al Hanandeh.

L’impatto dell’ubiquità della banda larga mobile sui conti delle telco nei mercati maturi era stato denunciato già all’inizio dello scorso anno da KPN. Le preoccupazioni del Ceo di Zain Jordan confermano che il problema è sentito anche nei mercati emergenti.

Quello delle chiamate e dei messaggi internazionali è un segmento molto vulnerabile nel panorama delle comunicazioni, proprio perchè finora è stato considerato la gallina delle uova d’oro degli operatori. Attualmente, è molto più conveniente inviare o ricevere un email con un allegato da 1MB via internet mobile che mandare un messaggio, ad esempio, dal Regno Unito in Giordania.

 

“L’unico approccio ragionevole per gli operatori è quello di ristrutturare i loro modelli di business e i prezzi per adattarsi a questa nuova realtà”, suggerisce anche in questo caso Ovum.

La virtù, come sempre, sta nel mezzo e cioè a metà strada tra la limitazione dell’accesso ai dati e l’offerta di servizi voce ed sms illimitati.

“Ciò potrebbe costituire parte di una strategia globale per generare la gran parte dei ricavi mobili dall’accesso ai dati piuttosto che dalle chiamate vocali a pagamento”, spiegano gli analisti, sottolineando che molti operatori di rete fissa hanno già intrapreso questa strada.

 

Nei mercati emergenti, quello del crollo delle chiamate internazionali in entrata è un problema anche per i governi, che per la maggior parte le considerato una sorta di tassa sui cittadini espatriati.

Come conseguenza delle differenze tra questi regimi tariffari, chiamare in Ghana dal Regno Unito costa il 200% in più che chiamare in Nigeria.

Per aggirare queste tasse, tra l’altro, è tutto un proliferare di ‘sim-box’ illegali che servono per ‘camuffare’ le chiamate internazionali facendole sembrare nazionali mascherandone l’origine: uno stratagemma che – secondo la società Revector – sta facendo perdere ai governi introiti per 150 milioni di dollari.

 

Vista inoltre la crescente diffusione degli smartphone – e delle app VoIP – anche nei paesi emergenti, non ci vorrà molto prima che il volume delle chiamate internazionali in entrata scenda al di sotto del punto in cui il costo della riscossione dell’imposta sia più alto del guadagno stesso.

 

Ecco perchè sarà quanto mai importante la discussione sulla revisione delle regole internazionali sulle telecomunicazioni in vista del prossimo WCIT-12 nel corso del quale sarà valutata la proposta di ETNO di mettere in atto accordi commerciali tra operatori telefonici e OTT per garantire alle telco un equo compenso che consenta loro di continuare a investire nelle reti.