Centro Sperimentale di Cinematografia. Enrico Menduni: ‘Competenza, innovazione, trasparenza e indipendenza. Così si scelgono i nuovi vertici’

di di Enrico Menduni |

E’ possibile che l’università pubblica italiana, con tutti i suoi professori di cinema, sia assente dalla gestione di una istituzione eminentemente formativa?

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Centro Sperimentale di cinematografia

Il rinnovo delle cariche direttive del Centro sperimentale di cinematografia (presidente e consiglio di amministrazione in primis) giunge nel momento in cui altre nomine (le Autorità di garanzia, la Rai) sono state oggetto di un vivace movimento di opinione – condotto essenzialmente sulla rete – all’insegna di parole d’ordine come competenza, innovazione, trasparenza, indipendenza.

I risultati sono stati lontani dalle aspettative: accanto a persone sicuramente competenti siedono nei consigli delle Autorità altre che hanno accumulato meriti prevalentemente partitici. Nel caso della Rai la finanziarizzazione delle scelte ha prodotto due candidati alle cariche apicali sicuramente autorevoli ed equilibrati, ma totalmente estranei alla produzione culturale e, aggiungo, a quel particolare clima di stimoli intellettuali condivisi che solo permette l’ideazione e fabbricazione di contenuti audiovisivi per il grande pubblico.

 

Dove andranno a cercare le competenze che non hanno?

 

Certo ci sarà la fila davanti alla loro porta e riceveranno molti interessati consigli, ma l’assenza di qualsiasi competenza nel merito non favorisce scelte felici e innovative da parte loro.

 

Il Centro sperimentale di cinematografia – lo si è ripetuto molte volte in questi giorni – è la principale istituzione completamente pubblica per la formazione delle professionalità qualificate dell’audiovisivo, ha una lunga tradizione, ed è anche una istituzione archivistica di prima grandezza: nel suo ambito è attiva la Cineteca nazionale di Roma e l’Archivio del cinema di impresa di Ivrea. Il deposito ufficiale di tutti i film avviene presso la Cineteca nazionale. Vi sono poi filiazioni del Centro in Lombardia, Piemonte, Abruzzo e Sicilia, una rivista (“Bianco & Nero”), e molte altre cose. Insomma una istituzione culturale di tutto rilievo, particolarmente nella città di Roma.

 

Le nomine sono governative, effettuate dal ministro dei Beni e attività culturali con il concorso del Ministero dell’Economia (un po’ come per la Rai) e, per il consiglio di amministrazione, sentito il parere delle competenti commissioni parlamentari. Si può discutere su queste procedure, sicuramente da trasformare radicalmente, ma queste sono e quindi non c’è che chiedere con forza al Ministro che imprima un segno di innovazione, competenza, trasparenza nelle nomine.

 

E’ possibile che l’università pubblica italiana, con tutti i suoi professori di cinema, sia assente dalla gestione di una istituzione eminentemente formativa?

Sicuramente no.

Ed anche necessario rafforzare il ruolo del mondo del cinema, con un pieno riconoscimento della televisione e l’apertura al web.

 

Il presidente in carica, Francesco Alberoni, ha avuto una carriera gloriosa. Le sue idee e il suo stile possono non piacere ad alcuni, i suoi libri popolari possono irritare altri, ma non c’è dubbio che non solo gli studiosi di sociologia dei consumi ma quelli di televisione gli sono molto grati. I due volumi “Televisione e vita italiana” da lui curati nel 1968 sono una pietra miliare per chiunque voglia capire qualche cosa della tv. Tuttavia è presidente del CSC da dieci anni, ha già fatto tre mandati, e ha ottantadue anni (gli auguriamo di viverne altrettanti).

 

Tutti ci aspettiamo dunque un segno forte. Poi, speriamo prima che poi, si aprirà il capitolo della revisione delle procedure delle nomine pubbliche. Troppa opacità, Autorità che durano sette anni come nelle tragedie greche, indipendenza dalla politica e incompatibilità, competenza, curricula, fine delle spartizioni: credo che il Paese, tutto il Paese, se lo aspetti.

 

 

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