Fibra ottica: dopo l’annuncio Metroweb, oltre ai litigi, l’Italia ha finalmente un piano

di di Quirino Brindisi (Management Consultant) |

Metroweb e F2i hanno presentato un piano nazionale per sviluppare una rete FTTH che, se rispettato permetterà all’Italia, con un balzo davvero inaspettato, di avvicinarsi agli obiettivi dell’Agenda digitale europea al 2020.

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Fibre ottiche

Nel bel mezzo dell’ennesimo litigio tra Telecom Italia e i concorrenti sulla manutenzione della rete in rame, con strascichi non edificanti a livello europeo, Metroweb e F2i hanno presentato un piano nazionale per sviluppare una rete FTTH nel corso di un’audizione presso la Camera dei Deputati. Il piano è ambizioso sia per le dimensioni, con 30 città obiettivo più Milano, in cui risiedono 12 milioni di persone (pari al 20% della popolazione) ed oltre un milione di imprese (il 23% del totale), sia per la tabella di marcia, che fissa al 2017 il completamento della migrazione alla fibra dei clienti ADSL. Se i tempi verranno rispettati, e la verifica prevista nel 2015 su un eventuale allargamento della copertura darà esito positivo, l’Italia, con un balzo davvero inaspettato, potrebbe avvicinarsi agli obiettivi dell’Agenda digitale europea al 2020. Vale a dire il 100% della popolazione coperta a 30 Mbit/s, per cui è sufficiente portare la fibra agli armadi (FTTC), e il 50% della popolazione collegata a 100 Mbit/s.

 

L’investimento totale è stimato in circa 4,5 miliardi di euro, che verranno da F2i, Cassa Depositi e Prestiti e dai fondi europei. Circa 500 milioni serviranno ad acquisire 5800 km di fibra esistenti (4300 km da Fastweb) e 4 miliardi a posare 22 mila chilometri di reti multi GPON, per i clienti residenziali, e Point to Point, per le aziende sopra i 10 dipendenti. Si tratta di un impegno finanziario elevato che materializza il tanto invocato intervento della Cassa Depositi e Prestiti, dando un senso più chiaro alla nomina di Franco Bassanini a presidente di Metroweb, avvenuta pochi mesi fa, e riporta tra i protagonisti delle telecomunicazioni italiane l’amministratore delegato di F2i, Vito Gamberale, che fu al timone di TIM negli anni della liberalizzazione del mercato. Tuttavia si può intravvedere, dietro le quinte, anche la spinta del ministro Passera che solo pochi giorni fa in un’intervista aveva auspicato un’iniziativa di respiro nazionale da portare avanti “con lo spirito con cui, negli anni Cinquanta, abbiamo costruito l’autostrada del Sole”. Un auspicio che a molti è sembrato poco più che retorico, considerando il clima di conflittualità esasperata che da anni contrappone gli operatori alternativi ed alcune frange politiche a Telecom Italia sulla banda larga, ma che dopo la presentazione del piano Metroweb assume un significato del tutto nuovo.

 

L’affidamento ad un ministro sensibile ai temi dell’innovazione delle responsabilità su telecomunicazioni e infrastrutture ha suscitato, in effetti, speranze di uno sblocco della situazione di stallo della banda ultra larga che finora erano state fortemente deluse. Telecom Italia ha abbandonato ufficialmente i piani per lo sviluppo di reti FTTH almeno per i prossimi 3 anni, ripiegando sulla rete FTTC e sulla tecnologia ADSL “vectoring”, con l’obiettivo di coprire 100 città entro il 2014. Alcatel-Lucent ha annunciato di voler ridimensionare il centro di ricerca sulla fibra ottica di Vimercate, uno dei maggiori in Europa, disperdendo un patrimonio di conoscenze di punta. L’intervento pubblico limiterà gli investimenti infrastrutturali alla copertura delle aree in digital divide entro il 2013 e alle iniziative, per loro natura eterogenee, portate avanti a livello regionale e sulle quali si allunga l’ombra della conflittualità tra gli operatori. Il piano Metroweb apre nuovi scenari per Telecom Italia e gli altri operatori di telecomunicazione, ma anche quanto sono interessati alla distribuzione di servizi online e allo sviluppo di attività economiche.

 

Telecom Italia si troverà per la prima volta a fronteggiare la concorrenza di una rete di accesso alternativa, che si appoggerà su dorsali e MAN di Fastweb, e dovrà decidere se collaborare al progetto o competere. La prima ipotesi è la più probabile, perché da un lato l’azienda guidata da Franco Bernabè rischia di trovarsi a medio termine in ritardo sull’offerta retail e, dall’altro, ha difficoltà a rilanciare gli investimenti sulla fibra, considerando anche la sicura diminuzione dei ricavi da unbundling. Tuttavia una eventuale ostilità aperta di Telecom Italia può far deragliare il progetto Metroweb, sottraendo risorse e allungando i tempi tecnici della transizione alla fibra. Anche per questo, probabilmente, Vito Gamberale ha precisato che il piano Metroweb intende essere “compatibile e complementare a quello di Telecom Italia”, offrendo la piena disponibilità a condividerne la realizzazione con l’attuale leader di mercato, anche al di fuori delle città individuate in questa prima fase dal piano Metroweb.

 

Comunque vada, la novità è che anche in Italia sulla fibra ottica si passa finalmente dalle polemiche ai fatti concreti. L’attenzione dei prossimi mesi sarà probabilmente centrata su questioni diverse dall’emendamento “manutenzione”, che sottrae a Telecom Italia l’esclusiva, spesso esercitata per tramite di ditte esterne, sulla gestione e la manutenzione della rete in rame. Questo codicillo è stato inserito nel testo del decreto sviluppo, in corso di approvazione in Parlamento, apparentemente solo per far risparmiare qualche prezioso euro ai concorrenti di Telecom Italia ma potrebbe aver l’effetto di bloccare i piani di Telecom Italia sul vectoring. È noto, infatti, che questa tecnologia, in grado di aumentare notevolmente la capacità attuale dei collegamenti in maniera inversamente proporzionale alla distanza tra utente e centrale, non funziona senza una gestione centralizzata delle interferenze tra i cavi nella rete primaria. Il risultato finale, ammesso che una gestione condivisa degli interventi sia tecnicamente possibile, cosa che molti escludono, sarebbe di impedire lo sviluppo dell’attuale infrastruttura in rame.

 

Il vectoring è incompatibile con alcuni obblighi regolamentari, come l’unbundling nella rete secondaria, e quindi riduce gli spazi di competizione dei concorrenti delle Telecom nazionali. Tuttavia costa molto meno della fibra ottica ed è sempre più popolare in Europa, tanto da aver guadagnato l’attenzione benevola del commissario Kroes. Commissione, Berec e Agcom sono al lavoro per trovare una soluzione al problema in grado di salvaguardare concorrenza e investimenti, che sono irrinunciabili e non devono entrare in contrasto. Meglio portare la fibra agli armadi subito, con la prospettiva di una graduale penetrazione fino agli edifici, di una guerra di logoramento che assicura l’assenza di sviluppo. L’Italia, che viaggia sempre più lenta in rete, di media a 5 Mbit/s secondo Metroweb, potrebbe peraltro sfruttare doppini più corti della media europea, retaggio diventato prezioso dei sovrainvestimenti del “piano Europa” della SIP negli anni ’90, per estrarre maggiore capacità dall’infrastruttura in rame.

 

Le forzature e le liti sulle regole non hanno creato nuove opportunità di business e quindi non contribuiscono all’interesse comune, mentre l’unica via credibile è far collaborare le parti realmente interessate allo sviluppo della banda ultralarga in Italia. La differenza da oggi è che c’è un progetto concreto sul quale confrontarsi, che non nasce per penalizzare alcun operatore e, apparentemente, non nasconde interessi diversi da quelli di un ritorno economico, che non è assicurato a priori. Potrebbe essere una grande opportunità per recuperare le tante posizioni perdute in Europa sulla fibra ottica dopo il debutto da pioniere di Milano, che rimane la città più cablata del continente, ormai dieci anni fa.

 

Da parte della politica c’è bisogno di iniziative finalizzate a ridurre i costi di installazione delle reti, come il catasto delle reti del sottosuolo, lo snellimento degli iter autorizzativi, un rinnovato supporto alle iniziative delle amministrazioni locali. Sul piano istituzionale occorre una collaborazione stretta con l’Agcom, i cui nuovi vertici è auspicabile siano scelti tra le file dei tecnici, anche con l’obiettivo di aumentare la pubblica consapevolezza dei benefici della banda ultra larga e la capacità di scelta dei consumatori. Tutti aspetti su cui sono impegnati i gruppi di lavoro della “cabina di regia” per l’agenda digitale italiana. Al contrario, non c’è bisogno di minacciare nazionalizzazioni forzose o di rischiare procedure d’infrazione, invadendo i campi di competenza di altre amministrazioni. Se l’Italia è riuscita a ridurre, con uno sforzo comune, lo spread dei titoli di Stato può ridurre anche quello digitale.