Fibra ottica. Da BEREC parere negativo a riduzione dei prezzi del rame: ‘Non favorisce la fibra’

di Alessandra Talarico |

Secondo Serentschy, non vi è alcuna prova empirica del fatto che una spinta verso il basso accelererebbe il roll-out delle reti in fibra ottica.

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Il presidente del BEREC, Georg Serentschy, ha accolto le istanze degli incumbent delle telecomunicazioni europee sottolineando che “i prezzi all’ingrosso per la banda larga non dovrebbero subire tagli improvvisi e significativi”.

A sostegno della sua tesi, il presidente dell’organismo che riunisce i regolatori europei delle comunicazioni elettroniche ha sottolineato come nei paesi in cui i prezzi di accesso alla banda larga sono relativamente alti – Norvegia e Svizzera ad esempio – gli investimenti nelle reti a banda larga di nuova generazione stanno procedendo a buon ritmo. In paesi come l’Austria, di contro, dove i prezzi di accesso sono comparativamente bassi, gli investimenti hanno subito un rallentamento.

 

Il commento di Serentschy arriva proprio mentre la Commissione europea si prepara a decidere se sia opportuno o meno armonizzare i metodi utilizzati dai regolatori nazionali per calcolare i costi di fornitura della banda larga per quanto attiene alla fissazione dei prezzi orientati ai costi (Leggi articolo Key4biz).

 

Il parere del presidente del BEREC ricalca quello del presidente di ETNO Luigi Gambardella, secondo cui gli effetti di una diminuzione dei costi delle reti tradizionali avrebbe effetti “devastanti” in quanto una tale misura disincentiverebbe i piani d’investimento in tecnologie alternative – mettendo a rischio il business degli operatori via cavo e degli operatori che investono in larga banda su piattaforme mobili come LTE – con la conseguenza di rallentare significativamente la transizione verso le reti in fibra.

 

I costi di accesso alle reti in rame, anzi, dovrebbero aumentare in misura superiore all’inflazione, così da dare “un chiaro segnale agli investitori di un cambio di direzione verso politiche favorevoli agli investimenti”, secondo Gambardella che ha più volte sottolineato come non solo i costi della rete in rame, ma anche i criteri che regolano il prezzo delle reti in fibra dovrebbero essere pensati in maniera tale da spingere le potenzialità dell’industria ad investire nella nuova tecnologia.

 

Non sono invece di questo parere gli operatori alternativi, secondo cui la diminuzione dei profitti legati alla rete in rame, conseguente alla riduzione dei prezzi all’ingrosso, incentiverebbe gli operatori storici a investire nella fibra ottica.

 

Serentschy, ha avanzato i dubbi dei regolatori Ue nei confronti di questa posizione: “Siamo molto scettici sul fatto che, spingendo drasticamente  verso il basso i prezzi del rame si otterrebbe – automaticamente –  una forte spinta al roll-out della fibra”, ha affermato.

“Dobbiamo valutare l’effetto di sostituzione delle nuove tecnologie”, ha sottolineato Serentschy, aggiungendo che “c’è una seconda vita del rame e dobbiamo tenerne conto”.

 

L’opinione finale del BEREC su questa delicata questione, ha comunque spiegato, “dipenderà dalla via che la Commissione intende prendere”, ma – ha aggiunto – “non consiglierei alla Commissione di intraprendere la strada di un cambiamento dirompente del valore delle infrastrutture esistenti sperando che questo migliorerebbe o aumenterebbe la velocità di diffusione della fibra ottica”.

 

“Non vi è infatti – è questo il giudizio finale di Serentschy – alcuna evidenza empirica che la spinta verso il basso dei prezzi del rame porterebbe ad una implementazione imponente della fibra”.

 

Bisogna infatti considerare anche gli effetti sugli investimenti di un cambiamento delle regole a partita in corso e in una fase così delicata per lo sviluppo del mercato.