Fibra ottica. L’Europa e le nuove reti. Luigi Gambardella (ETNO): ‘Aumentare il prezzo del rame per incentivare gli investimenti’

di Alessandra Talarico |

Attualmente, emerge dai dati resi noti nel corso dell’evento, in Europa si contano 5,1 milioni di abbonati FTTH/B (+41% su base annua) su circa 28 milioni di abitazioni raggiunte dal servizio. Italia penultima in classifica.

Europa


FTTH

Politiche chiare che diano certezza agli investitori e puntino alla valorizzazione della rete, cosi da permettere che la capacità d’investimento dell’industria non sia depressa ma avvantaggiata.

E’ questa, in sintesi, la richiesta ribadita dagli operatori europei di telecomunicazioni nel corso del Fiber to the Home Council in corso a Monaco, in Germania.

 

Secondo gli obiettivi fissati nella Digital Agenda, entro il 2013 tutte le abitazioni europee dovrebbero essere dotate di connessioni a banda larga basic. Entro il 2020, la velocità di accesso dovrebbe essere di 30 Mbps per tutti i cittadini e di 100 Mbps per la metà di loro.

Per realizzare la copertura totale del territorio a 30 Mbps sono necessari investimenti complessivi per 58 miliardi di euro, mentre per raggiungere una copertura del 50% con connessioni a 100 Mbps sono necessari 268 miliardi.

 

Attualmente, emerge dai dati resi noti nel corso dell’evento, in Europa (EU+8 1)* si contano 5,1 milioni di abbonati FTTH/B (+41% su base annua) su circa 28 milioni di abitazioni raggiunte dal servizio. Lituania (con una penetrazione del 28,3%), Norvegia (14,7%) e Svezia (13,6%), guidano la classifica, mentre l’Italia è al penultimo posto in classifica in termini di penetrazione: peggio di noi fa solo la Romania.

 

Il processo di infrastrutturazione dell’Europa, stando a questi dati, è tutt’altro che immediato e necessiterà di tempi diversi nei diversi Paesi, ma le basi da cui partire dovrebbero essere le stesse per tutti se l’obiettivo è quello di creare un mercato unico digitale e di massimizzare i vantaggi per tutti – imprese, cittadini, aziende di settore.

Anche perchè – e questo è un fatto incontrovertibile – le telco europee che dovranno accollarsi la gran parte di questa spesa hanno registrato, nel 2011 e per il terzo anno consecutivo, una contrazione dei ricavi, scesi rispettivamente dell’1,4 e del 2% nel 2010 e 2011.

 

Come fare, quindi, per garantire che le nuove reti si sviluppino su un modello sostenibile e che non comporti rischi irreparabili?

Su questo, gli operatori sono concordi: occorrono regole chiare e che garantiscano da subito certezza agli investitori.

Con particolare riferimento alla Raccomandazione europea sui costi di accesso alle reti (Leggi articolo Key4biz), ad esempio, Luigi Gambardella, presidente dell’Executive Board di ETNO (L’Associazione europea degli operatori di telecomunicazioni), ha sottolineato che bisognerebbe prestare maggiore attenzione alla reazione degli investitori quando si approntano modifiche alle politiche regolatorie.

“Un cambiamento repentino delle regole, in questa fase molto delicata di sviluppo del mercato, avrà come effetto uno spostamento degli investimenti a settori più profittevoli”, ha affermato Gambardella, ribadendo che il prezzo delle reti in rame “non può essere ridotto artificialmente ma deve riflettere sia il valore delle reti che il valore che ne traggono i consumatori”.

 

Secondo Gambardella, gli effetti di una diminuzione dei costi delle reti tradizionali avrebbe effetti “devastanti” in quanto una tale misura disincentiverebbe i piani d’investimento in tecnologie alternative – mettendo a rischio il business degli operatori via cavo e degli operatori che investono in larga banda su piattaforme mobili come LTE – con la conseguenza di rallentare significativamente la transizione verso le reti in fibra.

I costi di accesso alle reti in rame, anzi, dovrebbero aumentare in misura superiore all’inflazione, così da dare “un chiaro segnale agli investitori di un cambio di direzione verso politiche favorevoli agli investimenti”, ha aggiunto Gambardella che ha quindi sottolineato come non solo i costi della rete in rame, ma anche i criteri che regolano il prezzo delle reti in fibra dovrebbero essere pensati in maniera tale da spingere le potenzialità dell’industria ad investire nella nuova tecnologia.

Chiaro e conciso il pensiero del presidente del board ETNO su questo punto: NO al “puro orientamento al costo, poiché ciò minaccerebbe la possibilità degli operatori di differenziare i prezzi, sia all’ingrosso che al dettaglio, per offrire servizi che si adattino alle esigenze e alle richieste dei consumatori”.

Un secco NO anche alla prospettiva di una sola rete in fibra per tutto il mercato, in quanto un tale modello aprirebbe la strada a un monopolio di fatto e sarebbe – anche questo – un disincentivo agli investimenti, poiché “minaccerebbe lo sviluppo di piattaforme alternative, limitando di fatto la scelta dei consumatori”.

Sì, invece, alla flessibilità nella definizione dei prezzi dell’accesso alla fibra all’ingrosso, cioè per gli operatori che vogliono accedere alla rete sviluppata da un altro operatore, ma anche dei prezzi al cliente finale.

 

Anche l’analista Brian Williamson di Plum Consulting ha sottolineato che per raggiungere gli obiettivi della Digital Agenda è necessario un mix di tecnologie e piattaforme e che “…ridurre i prezzi del rame danneggerebbe inequivocabilmente gli investimenti di tutti i potenziali investitori e minerebbe la concorrenza tra piattaforme e la scelta dei consumatori, i principi fondamentali del quadro regolamentare europeo”.

 

“Gli investitori stanno aspettando il segnale di un cambiamento verso criteri regolamentari che permettano un ritorno certo sui capitali investiti per lo sviluppo della fibra”,  ha concluso Gambardella, che nei giorni scorsi, nell’ambito di un workshop Etno aveva dato la sua ‘ricetta’ per stimolare gli investimenti nelle nuove reti: una lista di azioni che include l’approccio tecnologico neutrale, una regolamentazione mirata alle reti NGN, la segmentazione geografica dei mercati, misure per colmare il digital divide, politiche di stimolo alla domanda (leggi articolo Key4biz).

 

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* UE+8 = 27 paesi UE + Andorra, Croazia, Islanda, Israele, Norvegia, Serbia, Svizzera e Turchia