Frequenze: Telelombardia riapre il caso delle Tv locali. Quante vittime faranno gli indennizzi ‘a pioggia’?

di Raffaella Natale |

Pd e Idv presentano interrogazione parlamentare mentre la Rai chiede maggiori frequenze.

Italia


Corrado Passera

Continua la protesta contro il sistema radiotelevisivo italiano di Sandro Parenzo, editore del gruppo televisivo Mediapason, che comprende anche Telelombardia ed è promotore di Servizio Pubblico di Michele Santoro.

Parenzo critica aspramente il decreto che dovrebbe liberare i canali dal 61 al 69 UHF, quindi anche Telelombardia (canale 64), per la banda larga mobile e garantire 175 milioni di euro di indennizzi alle Tv locali espropriate delle frequenze.

 

Per il risarcimento alle emittenti locali, in seguito all’asta delle frequenze, “non si passi dal danno alla beffa”, ha dichiarato stamani Vincenzo Vita (Pd), firmatario insieme al collega di Idv Francesco Pardi in un’interrogazione al ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera.

Vita ha sottolineato che la procedura di assegnazione, conclusasi di recente, ha prodotto entrate per circa 4 miliardi di euro e che i 420 milioni di euro previsti come risarcimento per le emittenti locali sono stati tagliati a 175 milioni.

 

Si apprende ora, ha indicato Vita, che tali misure di indennizzo sarebbero destinate a una distribuzione ‘a pioggia’ senza che vi sia una distinzione tra una qualsiasi antenna Tv e vere e proprie imprese televisive e non vi sarebbe differenziazione, né per quanto riguarda il numero di telespettatori, né relativamente al numero di dipendenti.

“Se così fosse – ha concluso Vita – saremmo di fronte per alcune emittenti a un inatteso regalo mentre per le quelle che realmente rappresentano imprese televisive, con un organico considerevole e un audience consolidato, comporterebbe un danno gravissimo contribuendo probabilmente a segnare la fine di gran parte dell’informazione locale. E’ necessario che il ministro chiarisca per evitare la beffa”.

 

Nei giorni scorsi, per spiegarle sue ragioni, Parenzo, architetto 44enne della provincia di Padova, ha comprato un’intera pagina del Corriere della Sera.

“Diciamo che ci derubano. Diamo lavoro a trecento persone. Ah, faremo una battaglia cosa credono? Ci incateneremo ai ripetitori se necessario”.

“Voglio sperare che non sia un’azione premeditata contro di noi (…) Questi del governo, liberando i canali, mettono sullo stesso piano Telelombardia con quelle piccole televisioni dell’amico assessore con due dipendenti, quando vanno bene”.

 

“La tv del parroco – ha spiegato Parenzo – che trasmette per 70 persone una messa e lo stesso film tutti i giorni, riceverà lo stesso indennizzo di Telelombardia che produce informazione in diretta per tutta la giornata in tutto il nord Italia. Non contano né i telespettatori né il costo del personale e neppure la storia aziendale”.

Il governo, quindi, pagherà la stessa cifra a Telelombardia con 135 dipendenti e a Telesolregina che conta un organico di tre persone e così per il Piemonte (penalizzata Telecupole) e Veneto.

“Noi – ha detto Parenzo – abbiamo investito 39 milioni di euro per potenziare il nostro prodotto e ora subiremo danni irreversibili”.

 

Il patron di Telelombardia ha anche annunciato il ricorso alla Corte Europea.

 

Secondo alcuni osservatori, il governo Monti sebbene abbia compiuto qualche passo per cambiare le regole del mercato televisivo, non ha ancora preso provvedimenti decisivi per eliminare le leggi che stanno affossando le emittenti locali.

Le associazioni delle Tv locali FRT e Aeranti-Corallo denunciano che i rimborsi statali verranno distribuiti indistintamente in parti uguali a tutte le emittenti. Nella bozza del regolamento l’unico criterio introdotto per individuare il valore di una frequenza (e quindi il relativo rimborso per l’emittente che su quello spazio trasmette) è su base regionale: se in Trentino Alto Adige un canale viene valutato 559 mila euro, in Emilia Romagna si sale a 2 milioni e 300 mila. Testa di serie è la Lombardia, la più popolosa regione d’Italia, dove l’indennizzo sale a 5 milioni e 400mila euro.

 

Antonio Sassano, docente universitario, propone una soluzione: “E’ un meccanismo punitivo per le emittenti migliori, quelle che vogliono fare veramente tv. In Toscana o in Liguria – spiega il professore – per assegnare le 18 frequenze disponili per le locali si è fatta una gara  dove le emittenti migliori si sono prese gli spazi più competitivi. Si dovrebbe procedere quindi con un’asta al ribasso, in modo da liberare almeno nove slot per poi procedere a una competizione nella quale le realtà più serie si possano aggiudicare gli spazi migliori”.

Così facendo, secondo il professore, lo Stato risparmierebbe diverse decine di milioni di euro e introdurrebbe il criterio del merito per riassegnare una porzione di etere alternativa a quella venduta alle telco.

 

Intanto oggi in Vigilanza, il Dg della Rai, Lorenza Lei, ha commentato che “La Rai ha aderito al beauty contest nella convinzione che avrebbe consentito l’ottimizzazione delle frequenze e ha preso atto del provvedimento del Governo rispetto al quale stiamo predisponendo le nostre osservazioni nel termine previsto”.

Lei ha definito il tema delle frequenze “complesso” e spiegato che “la riflessione sull’opportunità che alla Rai siano assegnate altre frequenze nasce dal nostro posizionamento di azienda di servizio pubblico che ha nello sviluppo tecnologico uno degli elementi di attività”.

“Considerando che il digitale sta evolvendo nella trasmissione in alta definizione e in un prossimo futuro nel 3D – ha aggiunto il direttore dell’azienda – è naturale che l’azienda di servizio pubblico guidi il mercato anche in questo ulteriore cambiamento tecnologico”.

La Rai “ha avviato la conversione di tutto il proprio apparato produttivo all’alta definizione” e se in prospettiva “anche la Rai volesse trasmettere tutta la propria offerta in alta definizione avrebbe bisogno approssimativamente del doppio dell’attuale capacità trasmissiva di cui dispone“, ha concluso Lei.

 

Oggi Repubblica parla di ‘un maxi tavolo di primavera’ sul quale mettere giù le carte di tutte le diverse partite in corso: la Rai, le frequenze, il completamento dello switch-off della tv digitale e forse perfino il rinnovo delle due maggiori Authority, l’Agcom e l’Antitrust.

Per quanto riguarda l’assegnazione delle frequenze Tv, Repubblica torna su una soluzione già discussa in passato: governo e Agcom possono permettere la trasformazione dei canali del vecchio DVB-H, lo standard per la Tv su cellulare, per fare la ‘tv classica’. Cosa del resto già autorizzata dall’ex Ministro Paolo Romani al gruppo H3G, ma sul quale l’Agcom ha dato parere negativo (Leggi Articolo Key4biz).

Con questo Mediaset otterrebbe il canale 38, raggiungendo il tetto fissato dall’Ue delle frequenze che può controllare direttamente.

Una simile opzione potrebbe andar bene però solo per Mediaset e Rai, ma non per TI Media che non ha frequenze DVB-H. Anche se Repubblica sostiene che su questa base che si starebbe lavorando.

In alternativa si potrebbero assegnare le frequenze ai tre broadcaster ma non più in modalità gratuita. Insomma, conclude Repubblica, una soluzione ponte che garantisca lo status quo fino al 2018, quando dovrebbe scattare la neutralità tecnologica delle frequenze su cui punta il Commissario Ue Neelie Kroes.