Crisi economica: troppe tasse, le telcos non ci stanno più

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Leggi sfavorevoli, tasse eccessive, tagli alle tariffe… Più di dieci anni dopo la liberalizzazione del settore, gli incumbent europei continuano a veder scendere i loro fatturati.

Europa


Telecoms

Le telco europee non navigano in buone acque. Da Telefonica in Spagna, a Deutsche Telekom in Germania e Orange in Francia, ogni operatore storico ha visto il proprio fatturato decrescere sul mercato domestico nel corso dei primi nove mesi dell’anno.

Nella penisola iberica, da gennaio le vendite di Telefonica sono diminuite del 7%. Anche in Germania, nonostante un’economia con il più forte tasso di crescita d’Europa, Deutsche Telekom ha registrato un calo del fatturato di quasi il 4%. E in Francia, le vendite di France Télécom-Orange hanno subito un calo del 3% nei primi tre trimestri dell’anno.

 

Le ragioni di questo arretramento sono ampiamente note: i mercati ormai maturi, con una penetrazione della telefonia mobile superiore al 100%, subiscono una concorrenza spietata, le conseguenze di una crescita economica stagnante e leggi purtroppo avverse.

Certo i profitti restano notevoli ma le telco che si sono impegnate a versare dividendi importanti (a France Télécom, per esempio, si parla di un dividendo di 3,7 miliardi di euro a titolo per il 2011), devono assicurare un cuscino finanziario sufficiente per mantenerli.

 

Una vera sfida in un contesto di grande inflazione per le telecom intanto che incombono i grandi cantieri per la fibra ottica e le licenze 4G. Tutto questo mentre le tasse aumentano, specie quelle destinate a finanziare l’audiovisivo, erodendo i margini di manovra per investire nelle reti del futuro.

 

Ieri, in occasione del DigiWorld Summit di IDATE a Montpellier, Jérémie Magnine, CEO di SFR e responsabile dell’Innovazione e del Marketing, ha ricordato che il budget del Consiglio nazionale del cinema, stimato in 600 milioni di euro largamente prelevati agli operatori tlc, potrebbe aumentare di 10 punti la copertura a banda larga delle zone francesi a media densità.

Tra tasse, regolamentazioni e riduzione delle attività, il momento è veramente grave e ciascuna società s’è impegnata ad avviare piani economici dai nomi più o meno fantasiosi.

Deutsche Telekom, senza molta originalità, ha chiamato il suo “Save for service“. Obiettivo: risparmiare 4,2 miliardi di euro tra il 2010 e il 2012.

Ad aprile, Telefonica ha presento un programma di licenziamenti per le sedi spagnole.  Nei prossimi tre anni, il numero dei dipendenti dell’incumbent iberico si ridurrà del 20%, parliamo di almeno 6 mila posti di lavoro.

France Télécom, dalla sua, si appresta a lanciare Chrysalid. Non è previsto alcun taglio del personale piuttosto delle strategie di risparmio, soprattutto nelle attività francesi perché, come SFR e Bouygues Telecom, l’operatore è sotto pressione per l’arrivo di Free sul mercato mobile.

 

La banca JP Morgan prevede che il fatturato di Orange in Francia perda il 12% entro il 2014. “Non dipende dal crollo delle vendite“, ha fatto notare un’analista finanziario, tuttavia i profitti stanno subendo un forte rallentamento. Questo spiega anche il crollo del 20% dall’inizio dell’anno del titolo di France Télécom mentre Iliad, casa madre di Free, ne guadagnava 6%.

 

Anche Telecom Italia non ha presentato risultati brillanti. Nei primi nove mesi dell’anno, i ricavi domestici, pari a 14.098 milioni di euro, sono scesi del 6,2% rispetto allo stesso periodo del 2010, con una flessione in termini organici del 5,7%.

 

Dalla Francia è partita la denuncia dei 4 principali operatori tlc: France Télécom, Vivendi (SFR), Bouygues Télécom e Iliad. In un articolo apparso ieri su Le Monde, puntano il dito contro la ‘fuga in avanti’ e spiegano che l’eccessiva tassazione del mercato tlc rischia di indebolire la competitività e l’impiego nell’economia digitale.

“Dal 2008, siamo stati assoggettati alla tassa sui servizi televisivi (…), alla tassa per finanziare France Télévisions o ancora all’imposta forfettaria IFER” a carico delle grandi imprese di distribuzione nel settore dell’energia, del trasporto ferroviario e delle telecomunicazioni.

“Questo carico fiscale arriva già al 10% dei nostri risultati operativi“, hanno precisato le telcos. 

Soffriamo – ha detto senza mezzi termini – per la mancanza di un programma politico coerente. Mentre proseguono i prelievi sul mercato tlc, si pretende che continuiamo a investire sempre di più, che acceleriamo lo sviluppo delle nuove reti e che abbassiamo le nostre tariffe!”.

I quattro operatori hanno ricordato che il settore impiega oltre 120 mila persone in Francia, rappresenta il 2,3% del PIL e investe ogni anno 6 miliardi di euro.

“Siamo consapevoli – hanno commentato – che il ritorno in equilibrio dei conti pubblici è fondamentale, come anche il finanziamento dell’industria della cultura e della creazione”, ma bisogna capire che sono altrettanto indispensabili la “competitività del nostro Paese” e la sua digitalizzazione.

 

Le telcos francesi chiedono quindi al governo di “rivedere completamente” il carico fiscale sulle aziende che operano nel digitale.

“Bisogna fermare la fuga in avanti che consiste nell’aumentare continuamente le tasse su un’economia stagnante e soprattutto che pesa soli sugli operatori tlc”.