L’Italia dell’innovazione in ritardo. Solo colpa della politica? Quale il ruolo di Confindustria?

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La strategia Europa 2020 impone il raggiungimento del 3% del PIL in investimenti di ricerca e sviluppo, due terzi dei quali provenienti dalle imprese private.

Italia


Raffaele Barberio

Poco più di un mese fa si è chiusa l’asta delle frequenze televisive destinate ai nuovi servizi di telefonia mobile 4G con un extragettito di circa 1,4 miliardi di euro, una quantità di risorse inaspettate e sulla cui destinazione si sono subito mossi in tanti.

Key4biz, su sollecitazione della IEEE Italy Section e di alcuni professori universitari, ha subito sostenuto la campagna per l’assegnazione di quota parte di quelle risorse a sostegno della ricerca scientifica e tecnologica in Italia.

 Nell’arco di pochi giorni hanno sottoscritto l’appello oltre 900 professori di ruolo, associati e ricercatori ed altri si stanno aggiungendo in queste ore. La notizia è stata ripresa da agenzie di stampa e diffusa dai media.

La risposta più significativa è stata l’interrogazione parlamentare promossa dal sen. Vincenzo Vita e firmata dai colleghi Mariapia Garavaglia, Antonio Rusconi e Luigi Vimercati.

Purtroppo il Paese accusa ritardi enormi nell’innovazione e nella ricerca scientifica e tecnologica sia pubblica sia privata.

Per anni tutti o quasi i soggetti che ruotano attorno al mondo dell’innovazione e dello sviluppo dei servizi avanzati fondati sull’uso dell’ICT hanno puntato il dito contro la classe politica italiana, additandola come incapace di guardare al futuro e soffocata dal gioco asfittico di una guerra tra schieramenti che si è protratta per troppo tempo, impedendoci di guardare oltre.

Tutto vero: scelte del governo inidonee, ruolo delle opposizioni spesso deludente.

L’Italia dell’innovazione ha bisogno di altro.

Rischiamo di rimanere alla periferia del mondo globale, nonostante le straordinari intelligenze non valorizzate, le ottime strutture lasciate senza risorse e i tanti talenti sparsi per il mondo e impegnati a creare valore per altri e non per il loro Paese.

Figurarsi, in questo contesto, a parlare di Agenda Digitale, di servizi avanzati della PA (che comunque sono stati lanciati), di rapporti virtuosi tra ricerca tecnologica e scientifica nelle università e mondo delle aziende, di cultura dell’innovazione tra le imprese grandi, medie e piccole del Paese.

Purtroppo carenze di approccio si sono registrate anche nel mondo delle imprese, tra le quali vanno fatti dei distinguo in base alla consistenza delle strutture.

Partiamo dalle più grandi. Le multinazionali che operano in Italia, e le poche grandi società italiane, hanno apparati di lobby dedicati. Hanno uffici che si occupano quotidianamente di rapporti con la politica e le istituzioni.

Ma viene da chiedersi se sono impegnate a contribuire alla consapevolezza della classe politica nel suo complesso, oltre che nel proteggere il proprio marchio, o sono risucchiati dalla necessità di questa o quella piccola o grande commessa della Pubblica Amministrazione?

Le multinazionali, come è noto, sono strutture straordinarie: grandi e complesse, con una vision del mondo globale pienamente sviluppata. In Italia, purtroppo, il loro ruolo, tranne qualche rara eccezione, col passare degli anni ha perso smalto, forse di pari passo alla perdita di smalto dell’immagine del nostro Paese nel mondo.

In Italia avevano centri di ricerca riconosciuti in tutta Europa e attingevano a considerevoli risorse attraverso i vari bandi speciali di provenienza CIPE.

Oggi queste grandi società che operano in Italia sono spesso ridotte a strutture meramente commerciali, con scarsa autonomia decisionale e pressate dalle incombenze dei report quasi quotidiani sull’andamento delle commesse raccolte.

Insomma poco spazio per la ricerca e l’innovazione, tranne che per quella importata dalle case madri, che fa fatturato, ma che non crea valore di conoscenze in loco.

Ebbene, dobbiamo comunque fare in modo che queste grandi imprese non abbandonino il nostro Paese.

Se poi guardiamo alle piccole e medie aziende, allora non troviamo quasi mai strutture ad hoc per la lobby a sostegno dell’innovazione, ma un approccio inevitabilmente naif (spesso dipendente dal politico locale di turno) e spesso orientato alle relazioni informali che aiutano nella negoziazione “politica” delle assegnazioni pubbliche locali.

A fronte di una situazione critica nel posizionamento delle singole imprese, assume particolare importanza la loro capacità di “fare sistema“, per usare una frase che va molto di moda.

Il ruolo determinante è in questo caso delle associazioni di impresa, espressione genuina di gruppi di interesse cui è demandato, dal sistema delle imprese, il compito della negoziazione con il reticolo delle decisioni politiche, politico-industriali e dei sistemi di sviluppo del settore.

Domani 9 novembre, Confindustria terrà a Roma un importante convegno dal titolo “E’ ora di crescere” in occasione della IX Giornata nazionale della ricerca e innovazione di Confindustria. L’agenda prevede 38 interventi, tra cui quello di Màire Geoghegan-Quinn, Commissaria Europea alla Ricerca e Innovazione, Antonio Tajani, Vice Presidente della Commissione Europea e Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca.

Non è tuttavia dato di sapere quale sia l’obiettivo dell’evento, a parte la grande spinta di presenzialismo.

Né ci aiuta in questo il calendario dei mesi passati di Confindustria.

Poche iniziative a favore di scelte strutturali o di largo respiro nel campo dell’innovazione e della ricerca, infine silenzio assoluto sul ruolo della banda larga e della necessità di dotare il paese di un’infrastruttura distributiva, come indicato dalla Digital Agenda promossa dalla Commissaria Neelie Kroes. Fanno eccezione solo le negoziazioni armate tra i vari tavoli NGN, che non hanno peraltro portato ad alcuna decisione.

Siamo però convinti dell’importanza dell’appuntamento di domani.

C’è da augurarsi che, dietro le quinte, ci sia una linea strategica precisa.

Saremo ben lieti di poterla acquisire ex-post.

Ma se ciò non fosse, se l’evento di domani fosse solo una giornata celebrativa a sé stante, allora ci sarebbe veramente da preoccuparsi.

Per fortuna, siamo inguaribili ottimisti e siamo certi di sbagliarci.

Ecco perché rimaniamo in attesa di apprendere le prospettive e le proposte di Confindustria per i settori dell’innovazione e della ricerca scientifica e tecnologica.

A partire da domani.