Italia e ‘sondocrazia’: il rapporto tra sondaggi e mass media nella giornata di studi dell’Agcom

di Cinzia Guadagnuolo |

Mentana, Pagnoncelli, Floris, Corecom, istituti di ricerca e addetti ai lavori a confronto sul nuovo Regolamento Agcom.

Italia


Enrico Mentana e Raffaele Barberio

Per Shimon Peres i sondaggi sono come il profumo: buoni da annusare, ma velenosi da bere. Non solo per i politici, evidentemente, ma anche per chi li legge, se essi vengono usati abilmente in maniera manipolatoria.

Questa mattina l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha organizzato una intensa giornata di studio, nella Sala Conferenze del Garante della Privacy in piazza Montecitorio a Roma, per  discutere, insieme a istituti di ricerca, mass media e addetti ai lavori, il nuovo regolamento in materia di pubblicazione e diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa, approvato il 9 dicembre 2010 dalla Commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità, con delibera n. 256/10/CSP, a seguito di un’ampia consultazione pubblica che ha visto coinvolti gli operatori del settore. 

 

Questa competenza è spettata all’AgCom, in virtù di un’espressa previsione contenuta nella legge istitutiva, la legge Maccanico. Finora, i sondaggi d’opinione e i sondaggi sull’esito delle elezioni sugli orientamenti politici e di voto degli elettori rinvenivano le rispettive discipline in fonti diverse. L’Autorità ha pertanto stabilito una disciplina unitaria e organica per le tre macro-aree di sondaggi, ovvero: i sondaggi d’opinione, quelli politici e quelli tipicamente elettorali. E in far questo ha tenuto conto, da un lato della prassi applicativa in materia di sondaggi politico-elettorali concernente la par condicio, da un lato dell’innovazione scientifica e metodologica intervenuta nel corso degli anni.

 

L’apertura dei lavori della mattinata è stata affidata a Gianluigi Magri, Commissario AgCom, che così ha esordito: “Quando ci avviciniamo al tema dei messaggi, ci dobbiamo chiedere se stiamo dicendo o no delle cose vere. E poi: basta dire cose vere o dobbiamo preoccuparci anche di quanto siano complete? Nello stesso tempo dobbiamo preoccuparci di qual sia l’utilizzazione del messaggio“. In Italia, purtroppo, secondo Magri, “ci siamo abituati a parlare di sondaggi anche quando non lo erano“. Ecco perché è “fondamentale la serietà scientifica di dati e parametri“. La differenza per il Commissario AgCom tra l’accezione sbagliata e fuorviante che avevamo fino a qualche anno fa e l’accezione corretta è data dall’approccio scientifico. “Nella misura in cui il sondaggio scientifico risponde a criteri uniformati da quella che è l’informazione statistica ha sostenuto Magri – allora riusciamo ad avere elementi che possono aiutare gli strumenti di governo e tutta una serie di situazione che altrimenti non sapremmo approcciare con dati il più possibile oggettivi, così aiutiamo quindi la PA e  mercati, nonché per la democrazia partecipativa”. Per questa serie di ragioni e di ambiti di applicazione, in definitiva, è importante che i sondaggi si attengano a criteri assolutamente validi che attestino la serietà scientifica dell’indagine.  

I sondaggi in Italia: evoluzione e nuove regole

 

Il primo panel della giornata di studi si è concentrato sul tema dell’evoluzione e delle nuove regole. A moderare il dibattito è stato  Roberto Viola, segretario generale AgCom, il quale ha sostenuto che il nuovo regolamento “è un passo avanti in termini di qualità e di trasparenza. Ed è importante, oggi, sentire le opinioni degli addetti ai lavori“.

Ha lasciato quindi  la parola a Elisa Grande, Capo Dipartimento Informazione ed Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha esplicitato, nel dettaglio, i criteri istituiti dall’articolo 3 del nuovo regolamento, “modalità di pubblicazione o diffusione”. “È molto importante l’elemento definitorio dell’AgCom che ha stabilito che le rivelazioni sono quelle connotate da elementi scientifici“. Non basta che i sondaggi siano diffusi sui media, serve anche che ci sia la responsabilità editoriale di un direttore responsabile. Il nuovo regolamento prevede che il soggetto realizzatore, contestualmente e comunque non oltre 48 ore dall’avviso di pubblicazione notificatogli in forma scritta dal mezzo di comunicazione di massa, trasmette il documento all’Autorità per la pubblicazione sul sito www.agcom.it per quanto riguarda i sondaggi di opinione, mentre al Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio dei Minsitri ai fini della pubblicazione sul sito www.sondaggipoliticoelettorali.it. “Questa è una importante innovazione – ha sostenuto Grande -. I siti come Facebook, dove io cittadino privato diffondo un sondaggi non sono soggetti all’applicazione nel regolamento e quindi all’inclusione nel sito www.sondaggipoliticoelettorali.it“.

 

Un altro importante contributo alla giornata di studi è stato portato da Francesco Soro, del Coordinamento dei Co.re.com., che ha ricordato, in primis, il ruolo dei Corecom: “Da un lato noi facciamo la vigilanza sulla par condicio, dall’altro facciamo vigilanza sui sondaggi; in vista delle elezioni, nei prossimi giorni ci sarà un’esplosione delle attività dei Corecom“. I sondaggi, ha continuato Soro, sono una materia importante, che ha un fortissimo impatto sull’opinione pubblica, ma poiché c’è il rischio di manipolare tramite in sondaggi, c’è bisogno di forte vigilanza. “Stiamo vivendo tempi caratterizzati da un dato di fondo: il sondaggio è notizia e supera il mezzo. Il sondaggio raggiunge i cittadini in quanto notizia, molto più di quanto lo raggiunga il singolo programma televisivo o trasmissione radiofonica“. Quanto poi alla Rete e ai social network, Soro ha aggiunto: “Molte persone che cercano informazioni per verificarle, oggi navigano su Internet“; questo elemento è utile a comprendere intuitivamente la necessità di una forte riflessione sui rischi che ancora porta con sé la materia dei sondaggi. “Il tema della distorsione è importante e va affronta; come Corecom rivendichiamo la nostra disponibilità a essere anche su questo un braccio attivo dell’Autorità“.

 

L’intervento successivo, quello di Maria Concetta Pitrone, professore ordinario di Metodologia della ricerca sociale all’Università La Sapienza di Roma, ha approfondito l’aspetto metodologico e le tecniche di indagine nel rilevamento dell’opinione. La relazione di Pitrone, un fiume in piena su una materia così complessa, ha evidenziato tutte le potenzialità e nello stesso tempo le criticità dello strumento. “Il ricercatore – ha sostenuto Pitrone – si assume molte responsabilità e prende molte decisioni. È un peso che sarà costretto a portare quasi con sofferenza e di cui deve rendere conto alla comunità dei lettori. Il ricercatore sa sempre che i risultati che ottiene sono in larga parte determinati dalle decisioni che ha preso durante tutte le fasi della ricerca; ciò che ha scelto, il modo in cui costruisce le sue domande, determinerà i risultati che otterrà, con la consapevolezza delle innumerevoli distorsioni che si possono verificare”. Un altro concetto importante introdotto da Pitrone, che tuttavia i tempi ristretti non hanno permesso di sviscerare, è quello del “contrasto” tra campionamento e autoselezione.  

 

Del mercato dei sondaggi si è occupata Cecilia Gobbi, di ASSIRM che ha esordito così: “L’embrione di quello che chiamiamo il sondaggio scientifico oggi, grazie al nuovo regolamento, lo chiameremo manifestazione di opinione“. Quindi ha aggiunto: “Quelli che noi oggi chiamiamo sondaggi sono solo una parte dell’attività dei ricercatori; accanto al sondaggio mediatico, politico o d’opinione, poi c’è la ricerca di mercato“.

In ambito mondiale, ha spiegato Gobbi, noi Italiani siamo al settimo posto per volume di fatturato nelle ricerche di mercato. Nel mercato europeo, siamo al quarto posto, preceduti da Regno Unito, Germania e Francia. Il nostro è un mercato da 600 milioni circa. In questo mercato, il valore dei sondaggi mediatici è del 4-5%, a seconda se ci siano tornate elettorali o no. Il peso maggiore è rappresentato da indagini ad hoc, realizzate a misura delle esigenze del committente, del suo obiettivo conoscitivo. Seguono le rilevazioni continuative, cioè il 40% del fatturato del mercato, e sono l’indicatore di quanto le ricerche siano entrate nella vita delle aziende, perché rilevano vendite e consumi delle famiglie. Quindi un mondo molto diverso e molto lontano da quello dei sondaggi contemplati sui mass media.

 

 

Tavola rotonda istituti di ricerca

Le opinioni, le prospettive e dubbi degli istituti di ricerca sul rapporto che vige oggi sull’utilizzo del sondaggio sui mass media sono emerse da una interessante tavola rotonda moderata da Raffaele Barberio, Direttore di Key4biz, alla quale hanno preso parte gli esponenti dei maggiori istituti di ricerca italiani.  

Sollecitato dal moderatore sulle differenze tra i risultati di un sondaggio e un altro, pur avendo lo stesso tema e oggetto, Nicola Piepoli, dell’Istituto Piepoli , ha dichiarato: “Io di differenze sostanziali nei sondaggi io non ne ho mai viste. Per esempio prendiamo il caso di Pagnoncelli e della tendenza verso sinistra che sembra esserci in termini di intenzioni di voto, ecco, io non do gli stessi risultati, ma do la stessa tendenza. E quello che conta, in termini di ricerche, sono le tendenze“. Quindi, ha continuato Piepoli, “ciò che ho visto in tv o letto sui giornali son ricerche perfette; la differenza di uno, due, tre punti, è dovuta agli strumenti di ricerca. Per me quello che conta non è la singola ricerca, ma la tendenza“. Se poi ci sono i singoli ricercatori che possono apparentemente influenzare i risultati, allora il discorso è diverso e purtroppo in Italia si fa questo. Si dovrebbe usare il “metodo francese”: “Se io ricercatore ho una determinata tendenza, per esempio sono pacifista, allora dovrò affidare a un altro ricercatore la domanda se gli italiani sono pacifisti o meno. Bisogna sempre uscire dal sentimento personale. Non ti far mai servo, diceva Manzoni“.

 

Era di ieri la notizia del sondaggio sull’allarme nucleare in Italia per la nube radioattiva dovuta al caso del Giappone. Secondo Alessandra Ghisleri, CEO di Euromedia Research, molti sondaggi anche allarmistici non hanno valore statistico. Un altro problema simile è l’utilizzo del televoto, tanto “strombazzato dall’informazione“, secondo Ghisleri. Altro aspetto critico che la CEO di Euromedia Research ha sollevato è quello della personalizzazione nell’utilizzo del sondaggio, che è una strategia che “non premia“. Infine Chisleri ha auspicato il confronto tra i diversi istituti di ricerca e ha sottolineato l’utilità della pubblicazione dei sondaggi sui siti ufficiali che ha indicato il nuovo regolamento dell’AgCom.

  
Purtroppo in Italia, a parere di Nando Pagnoncelli dell’Ipsos, l’indagine complessiva del sondaggio è legata al sondaggio politico e alla “straordinaria capacità di oracolo di prevedere il risultato politico“; ebbene, ha aggiunto, “se questa è la valutazione del nostro settore, siamo messi un po’ male“.

Lo scorso anno  il suo istituto ha realizzato 1.500 ricerche, di queste solo una minoranza viene pubblicata (e senza interpellare l’istituto che l’ha effettuata). Come ha spiegato Pagnoncelli, “la scelta tocca al committente, quindi io non posso intervenire in nessun modo. Se nell’utilizzo del sondaggio si decide solo di presentare i dati che presentano l’azienda o l’esponente politico in termini positivi, che ci sposso fare? Devo segnalarlo al garante? No, ognuno decide di pubblicare quello che vuole”.

Il nostro, ha continuato Pagnoncelli, è un lavoro estremamente complicato, “bisogna portare rispetto. Noi spendiamo dei soldi, non ci inventiamo dei dati in un angolo“. Nello specifico dell’iniziativa di studi dell’AgCom ha aggiunto: “Credo sia molto importante l’aggiornamento del regolamento che l’autorità garante ha voluto varare, ma credo siamo ancora a metà strada, in quanto a sistemi di controllo, di verifica e di sanzioni. C’è forte asimmetria. Anche i politici che contrastano i sondaggi con un dato loro, devono rendere conto della metodologia della ricerca che ha portato a quel dato come risultato, e questo è quanto ho chiesto al Garante”.

 

Un contributo “ipercritico” è stato quello portato al tavolo della discussione da Remo Lucchi, di GfK Eurisko: “Sono  43 anni che mi occupo di ricerca, mi sento profondamente italiano in quanto a Eurisko, anche se apparteniamo e ci siamo fusi con GfK. Quando c’è stato questo matrimonio ho detto che noi avevamo la parte italiana, quella creativa, ma Gfk aveva i soldi“. Poi ha polemizzato: “Noi siamo la degenerazione della ricerca, una degenerazione voluta dal sistema, che vuole dati sempre più rapidamente, non pagandoli. Il concetto di investimento non esiste in Italia, esiste la consegna. L’indagine ‘face più face’ è quella più nobile, ma costa troppo e ci vuole troppo tempo“. E circa le modalità e le criticità della ricerca, Lucchi ha proseguito fornendo un altro elemento alla discussione: non esistono, per poter compiere le ricerche, gli elenchi degli abbonati alla rete mobile. Cosa di non poco conto visto che in Italia, secondo Lucchi, nella fascia tra i 30 e i 40 anni solo il 40% usa il telefono fisso. “Questo è un dato che incide notevolmente“. Inoltre, ha aggiunto, “guardando la metodologia usata dal mio network in 15 Paesi ho scoperto che il 58% delle interviste è fatta online. Questa è una follia, perché purtroppo nella stragrande maggioranza si lanciano dei sondaggi a un numero infinito di persone, e quelli che rispondono sono i volenterosi, il 2 per mille. Anzi, i pochissimi che rispondono sono dei fuori di testa, perché la norma è non rispondere. Le persone – ha concluso – devono essere scelte da noi, non si devono autocandidi dare, le autocandidature invalidano tutto“.

 

Dei sondaggi politici si è occupato Maurizio Pessato, Amministratore delegato di Swg, che vede nel regolamento del Garante è un punto di riferimento, un elemento che stimoli un “far bene“. I dati commissionati da una impresa, ha spiegato, generalmente non vengono fuori, mentre per quanto riguarda la politica ha sottolineato che visto il grosso interesse in gioco “la possibilità di strumentalizzazione è grandissima“. Riguardo alle polemiche degli ultimi tempi, Pessato ha evidenziato che il “contrasto sui sondaggi, in chiave politica, c’è sempre stato, non è questione solo di questi ultimi anni“.

Tavola Rotonda mass media

 

L’ultima parte della mattinata si è sviluppata con il coinvolgimento di ‘volti’ e ‘penne’ note all’opinione pubblica italiana che, chi più chi meno, per diverse scelte redazionali, hanno a che fare con i sondaggi. Anche questa tavola rotonda con i giornalisti è stata moderata dal direttore di Key4biz, Raffaele Barberio.

 

Qualche aneddoto curioso sull’utilizzo dei sondaggi è stato scelto da Franco Bechis, Vice Direttore di Libero, come base per la formazione di una opinione abbastanza pessimistica sulle prospettive fornite da questo strumento. “Ho lavorato in tante testate molto diverse tra loro e non ho una grande opinione dei sondaggi. Inoltre – ha proseguito Bechis – meno fiducia che nei sondaggi ho nelle Authority e nei regolamenti. Sono terrorizzato dall’idea che si crei un nuovo garante anche per i sondaggi. Quando ero direttore di Milano Finanza ho utilizzato una società per un panel sugli operatori di borsa. I sondaggisti non avevano capito la parte tecnica delle domande. Lo cambiarono in 1 ora, ed era qualcosa di impossibile come tempistica. Questa è una delle mie ragioni a supporto della sfiducia che nutro”.

 

L’autore e conduttore della trasmissione televisiva Ballarò, Giovanni Floris, ha spiegato alcuni presupposti che sottostanno all’utilizzo dei sondaggi nel suo format: “Noi prima parliamo di un tema, per poi scoprire che spesso il sondaggio conferma o smentisce quanto abbiamo detto. Noi lo usiamo in atto ogni settimana mettendo in gioco le convinzioni degli ospiti e le posizioni politiche che molto spesso vengono smontate dal sondaggio. Abbiamo seguito il crollo di popolarità di Prodi, il declino dei consensi di Berlusconi, quello che facciamo è lavorare nel medio e lungo periodo. Inoltre – ha aggiunto Floris – quando misuriamo la fiducia in un politico diciamo da prima che si può votare un politico in cui non si ha fiducia, perché la fiducia è diversa dal consenso”. Infine, ha concluso Floris, “se un sondaggio è presentato come ‘vedi che ho ragione io?’, il sondaggio sarà debolissimo, se presentato invece come ‘vediamo cosa pensa la gente’ allora è uno strumento valido. Ognuno deve mettere in gioco una responsabilità e una trasparenza“.

Per Enrico Mentana, direttore del Tg di La 7, il sondaggio è “uno strumento che dichiaratamente non ha effetti reali, è una simulazione. Da questo punto di vista il pubblico è avvertito, non possiamo sempre considerare il lettore o l’ascoltatore come uno scemo. Certamente il sondaggio non è un gioco, però è un’altra cosa rispetto alla realtà. Io dal ’92 mi sono sempre avvalso di sondaggisti, purché la materia fosse seria, e lo fosse l’istituto di ricerca“. In sostanza bisogna mettere al centro della discussione un punto, secondo Mentana: “Tutto sta nel sapere cosa sono veramente i sondaggi, vale a dire un tentativo disperato che fa l’opinione pubblica per sapere qualcosa di più, per sapere cosa probabilmente è successo. Non possiamo pensare che, pur essendo scientifiche le indagini, queste si possano sostituire all’aspetto reale. L’unica cosa che conta è la serietà dei sondaggisti. Purché si sappia qual è il criterio,l’ambito, l’utilizzo.

Io non ho mai visto sondaggi sballati, certo sbagliati sì. Tutto sta nel grado di relativizzazione della responsabilità dello strumento sondaggio. Il sondaggio – ha concluso il direttore – rimane molto utile al dibattito e alla discussione politica”.

Secondo Giovanni Valentini, giornalista de La Repubblica, “lo sforzo che l’autorità con il nuovo regolamento ha fatto è senz’altro utile e positivo perché tende a creare una cultura delle regole che in questo campo non esisteva e non esiste“. Si risolve così il problema? “La risposta è chiaramente no, è una condizione necessaria ma non sufficiente. Io penso che questo regolamento possa essere per quanto riguarda i sondaggi politico-elettorali un utile deterrente. Piuttosto penso che bisognerebbe fare uno sforzo all’interno della categoria dei giornalisti per arrivare a qualcosa che assomigli a un codice di autodisciplina o autoregolamento. Esempio, nel caso dei minori non c’è stato nulla di più efficace del codice di autoregolamentazione che gli operatori dei media si sono dati insieme ad altri esperti“.
Un sondaggio fatto male, ha concluso Valentini, “fa male all’opinione pubblica, all’istituto che lo produce e al media che lo diffonde“.

Le conclusioni della mattinata di studi sono state affidate a Sebastiano Sortino, Commissario Agcom: “Si è parlato di aspetti regolamentari, metodologici e politici. Difficile fare una sintesi, ecco perché concludo cercando una chiave di lettura che possa andar bene. Noi dobbiamo insegnare a leggere criticamente i sondaggi, è questo il vero punto in un Paese dove spesso si parla di ‘sondocrazia’ e dove questo strumento è caricato di responsabilità eccessive. Alla gente dobbiamo dare gli strumenti perché siano ognuno comprenda la regola e abbia in mano gli strumenti per poter discernere. La lettura critica dei sondaggi è la chiave per evitare che uno strumento di conoscenza diventi strumento di manipolazione“.