Privacy: ancora veleni contro Facebook. L’Alta Corte di Lahore applica la legge pakistana sulla blasfemia

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Chiusura ‘temporanea’ della piattaforma Facebook in Pakistan. A disporlo, una sentenza dell’Alta Corte di Lahore che su iniziativa di un gruppo di avvocati, e dopo che sul più diffuso social netowrk di internet è comparsa una pagina in cui si invitano gli utenti a inserire caricature di Maometto, ha applicato la legge pakistana sulla blasfemia.

 

Un provvedimento esemplare contro chi dissacra il Corano o ingiuria il profeta Maometto, che secondo il sito ‘Asianews‘ che ha ufficializzato la notizia, “potrebbe avere una risonanza mondiale così come avvenuto nel settembre del 2005, in seguito alle vignette pubblicate sul quotidiano danese Jyllands-Posten. In quell’occasione, i magistrati chiesero e ottennero dal Ministero degli Esteri, di sollevare la questione a ‘livello internazionale’“.

 

Un precedente per un fatto grave che ha portato il giudice Ejaz Ahmed Chaudhry, dell’Alta corte di Lahore appunto, ad accogliere l’istanza presentata dal Movimento degli avvocati islamici e a ordinare al Dipartimento per le telecomunicazioni di “bloccare il sito fino al prossimo 31 maggio”. Ma per Chaudhry Zulfikar Ali, legale che ha presentato la petizione, questo intervento non basta: “non è possibile bloccare parzialmente un sito web – ha detto – ma è necessario il blocco totale perché con questo gesto, gli autori hanno ferito i sentimenti di tutto il popolo musulmano”.

E dati alla mano, i musulmani che navigano su Facebook sono davvero tanti. Circa 45 milioni.

 

A discolpa di quanto accaduto, parlano anche gli ideatori del gruppo incriminato e spiegano che si tratta di una risposta alla protesta scatenata dai musulmani contro gli autori di South Park, il popolare e satirico cartone Usa, che in un episodio avrebbero raffigurato in modo inopportuno il Profeta. ‘Non vogliamo offendere i musulmani – scrivono gli amministratori della pagina – ma vogliamo solo mostrare ai fondamentalisti che lanciano minacce, che non abbiamo paura di loro. Non ci possono togliere la libertà di pensiero o espressione‘. (a.b.)