Guerra del telecomando: si infiamma il confronto su tv locali e posizionamento dei numeri 8 e 9 in tutte le regioni d’Italia

di Antonietta Bruno |

Italia


Digitale terrestre

Continua il dibattito sulla numerazione automatica dei canali del digitale terrestre e sul decreto legislativo recentemente sostituito dal testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. Argomento di grande attualità sul quale si registra anche l’intervento dell’associazione ALPI – radio tv, presieduta da Luca Montrone. “Esprimo grande apprezzamento per la considerazione che il governo ha avuto circa l’emanazione del decreto legislativo 44/2010 – ha esordito – e nei confronti delle tv locali di qualità che, ai sensi di tale disposizione, dovranno conservare in digitale, la presintonizzazione che avevano in analogico“.

La posizione dell’ALPI – continua – è quindi quella di riconoscere alle tv locali di qualità il posizionamento sui numeri 8 e 9 in tutte le regioni, e il numero 7 nelle regioni in cui effettivamente tale numero era occupato da una tv locale. Dal momento che le emittenti locali di qualità vanno ovviamente tutelate in tutto il Paese – ha detto ancora Montrone –  l’ALPI condivide l’orientamento dell’Agcom in merito ad una ricerca da commissionare ad un istituto di ricerca, ma solo per quelle regioni in cui ci fossero tv locali pretendenti il numero 7, e solo su tale posizionamento. Le posizioni 8 e 9, invece, dovranno essere destinate in tutte le regioni alle tv locali di qualità, utilizzando come criterio le indagini dell’Auditel, e le graduatorie dei Corecom dell’ultimo triennio”.

Solo in tal modo,infatti – conclude la nota dell’Alpi – si eviterebbero disparità di trattamento e disuguaglianze tra le tv locali operanti nelle regioni ancora analogiche e quelle operanti nelle regioni in cui c’è già stato lo switch-off dove, una eventuale indagine sulla presintonizzazione compiuta adesso, non avrebbe nessun senso, se non quello di ratificare i soprusi già subiti dalle tv locali nel passaggio al digitale”.

 

Chiare,  pertanto, posizioni e strategie di mercato con  l’asse Mediaset-RAI per il controllo della DTT e Telecom Italia Media spinta verso il business della tv on demand su Internet. Anche per quanto riguarda la strategia denunciata dal CRTL, numerosi i punti al riguardo. A cominciare dai grandi player nazionali che non avevano mai fatto mistero di ritenere eccessivo il numero delle disordinate ed eterogenee emittenti locali italiane occupatrici di troppe e ghiotte frequenze.

 

Quale la soluzione allora ?

 

Riuscire a sfoltire le tv locali evitando il pluralismo. Insomma, puntare tutto sulla zero natalità e sullo sviluppo controllato. Per la prima, secondo esperti del settore, “il problema si è già risolto in maniera semplice poiché l’assetto delle frequenze italiane avrebbe garantito la sopravvivenza dell’esistente. Per il secondo invece, per uno sviluppo controllato sarebbe bastato adottare un sistema collaudato efficacemente sulla carta stampata”.

 

Attraverso una bizzarra modalità di ripartizione dei contributi relativi alla legge 448/1998, gradualmente, alcune emittenti locali sarebbero state incoraggiate a fare affidamento alle sovvenzioni pubbliche secondo un meccanismo definito “equivoco”. Non a caso, da qualche mese ormai, in Italia, numerose procure della Repubblica sono intervenuti per fare chiarezza sul “fenomeno”. Ai primi posti delle graduatorie dei Corecom, non infrequentemente si registra la presenza di sostanziali “centri servizi editoriali” che sviluppano fatturati notevoli ed hanno alle dipendenze decine e decine di giornalisti ed editori.

 

Sulla tematica è intervenuto anche Luigi Bobba, deputato Pd del Piemonte e vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, scettico riguardo ai nuovi criteri di pianificazione per l’assegnazione delle frequenze ipotizzati dall’Agcom poiché “si assisterebbe  a una drastica riduzione degli spazi frequenziali delle tv locali e ciò comporterebbe la chiusura di moltissime imprese operanti da oltre trentacinque anni, con grave danno per il pluralismo del settore televisivo, per l’informazione sul territorio e per l’occupazione lavorativa nel comparto”.

Bobba ha presentato un’interrogazione al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al ministero dello Sviluppo economico per sapere “come mai l’Agcom abbia avviato un processo di pianificazione, basato su criteri difformi da quelli in precedenza adottati’ e ‘se non si intenda intervenire nel breve termine per evitare la drastica riduzione degli spazi radioelettrici per le tv locali‘.

 

Bobba ha spiegato che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha avviato un procedimento per il completamento della revisione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione televisiva terrestre in tecnica digitale, ma lo schema di piano si basa su criteri completamente diversi da quelli in precedenza adottati dalla stessa Authority per definire la pianificazione delle sei aree tecniche già completamente digitalizzate, tra le quali le Province di Torino e Cuneo, dove tutte le tv nazionali e locali esistenti hanno potuto convertire le proprie reti in tecnologia digitale.

Per il deputato piemontese, i nuovi criteri ipotizzati contrastano con i principi in precedenza espressi dall’Agcom, in quanto prevedono la realizzazione di numerose reti K-SFN, cioè composte da più frequenze, in luogo di reti SFN, composte con una sola frequenza, e non garantiscono alle tv locali almeno un terzo delle risorse sotto il profilo tecnico-qualitativo, destinando alle stesse tv solo frequenze non previste dal piano di Ginevra 2006 e quindi non utilizzabili nelle aree italiane di confine.

‘La modifica dei criteri di pianificazione, avrà gravi conseguenze sulle emittenti televisive locali, che potrebbero essere costrette a chiudere, con grave danno sia sotto il profilo del pluralismo informativo sia sotto quello occupazionale. Inoltre – ha concluso Bobba –  il contenzioso giudiziale generato da tale situazione verrebbe a causare inevitabili ritardi al processo di digitalizzazione televisiva’.