Reti ultraveloci: chi dovrà pagarle?  E’ scontro tra operatori e web company

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


Neelie Kroes

Il futuro delle comunicazioni elettroniche nella Ue, alla luce del nuovo quadro giuridico introdotto dal nuovo pacchetto telecom, sarà discusso il 30 aprile nella ConferenzaWhat comes Next in Electronic Communications? A Review of the New EU Framework“, che riunirà esperti del settore, membri della Commissione europea, il presidente del nuovo organismo di regolazione Berec, avvocati e giuristi specializzati, economisti e consulenti.

Ieri, intanto, alla presenza del vicepresidente della Ue, Neelie Kroes, responsabile della Digital Agenda, si è svolta una conferenza organizzata dall’autorità francese per le tlc (Arcep), che ha affrontato diverse questioni legate al futuro delle reti: dallo sviluppo dei network di nuova generazione, al tema della neutralità di internet. Tutti argomenti molto dibattuti negli ultimi tempi e che, come ha ricordato la Kroes, “suscitano emozioni e paura”: c’è chi teme un ‘Grande Fratello’ elettronico e chi – come gli operatori – sostiene che bisogna intervenire urgentemente per sostenere un ulteriore sviluppo delle infrastrutture ed evitare una congestione delle reti.  

 

Nel dibattito sulle infrastrutture del futuro a banda ultralarga e sul loro finanziamento, le posizioni delle parti in causa – operatori di rete e provider di servizi – sono lontanissime: i primi vorrebbero che i giganti del web, che utilizzano largamente i network per i loro servizi, sempre più voraci di banda, partecipassero al loro finanziamento attraverso, ad esempio, la condivisione dei profitti della pubblicità online. I 3 maggiori incumbent europei, nei giorni scorsi, hanno minacciato di chiedere l’intervento della Ue se non si giungerà ad un accordo in questo senso. Questi temi si legano strettamente alla questione della net neutrality, che pone sul tavolo molti interrogativi: si dovrebbe consentire ai fornitori di servizi internet di dare priorità a un’applicazione piuttosto che ad altre, o di far pagare per avere un servizio più veloce? E chi dovrebbe supervisionare sulla trasparenza dei sistemi di gestione del traffico? Pensiamo ad esempio alla questione sollevata nelle scorse settimane negli Usa da una sentenza che ha stabilito che l’Autorità per le tlc non ha la competenza di impedire a un operatore di bloccare un determinato servizio. Chi dovrebbe intervenire, allora, per garantire la non discriminazione dei contenuti e – sostengono in molti – siamo proprio sicuri che una rete ‘aperta’ risolverebbe i ‘colli di bottiglia’ e altri problemi?  

Stephan Richard, Ceo di France Telecom, ha sottolineato che “…non bisogna essere ingenui quando si parla dello sviluppo economico di internet: dispositivi come l’iPad, porranno questioni concrete in termini di consumo di banda. Ciò significa che bisognerà prima o poi affrontare la questione del finanziamento delle reti, senza le quali non ci sarà nessun futuro per internet mobile”.

 

Sul fronte opposto l’analista Idate Yves Gassot, secondo cui “Le web company come Google e Yahoo hanno già investito nello sviluppo di infrastrutture molto importanti per il controllo della qualità dei servizi e pagano gli operatori per l’utilizzo della banda. Se gli operatori – ha aggiunto – decideranno di far pagare ancora di più, potrebbero svegliarsi una mattina e non essere più i soli ad avere una rete”.

 

Come dimostra questo dibattito, Internet è un terreno sempre più complesso, in cui si mescolano interessi commerciali e politici: gli operatori chiedono libertà d’azione per poter guadagnare dall’aumento del traffico, offrendo, ad esempio, ‘corsie preferenziali’ riservate ai servizi e ai contenuti di chi è disposto a pagare di più. Gli utenti, dall’altra parte, chiedono regole certe e condivise per impedire, ad esempio, a chi gestisce le reti di favorire un contenuto o un’applicazione di sua proprietà o di proprietà di un partner commerciale per puro profitto, o a chi governa di perseguitare gli utenti in base alle loro idee politiche, ai gusti sessuali, all’orientamento religioso.

 

Resta, dunque, il fatto che la rete in qualche modo dovrà essere gestita, e andrà trovata una soluzione per far valere le ragioni di tutti i player, perchè – ha spiegato Matthew Kirk di Vodafone – “l’anarchia mal si addice alle reti”.

“Ognuno – ha spiegato la Kroes – ha un suo parere sul tema della net neutrality, e per questo motivo non si è riusciti finora a giungere a un accordo”.

Gli argomenti delle parti in causa sono tutti validi e appassionati, ma ci sono delle scelte molto complesse da fare, legate alla regolamentazione e alla gestione dello spettro radio, che vedono contrapposti forti interessi economici.  

“Le conseguenze di queste scelte – ha detto la Kroes – non sono chiare ma, dal momento che internet sta trasformando ogni aspetto della vita, saranno senz’altro significative, avendo ripercussioni sulla velocità di accesso, la qualità, l’affidabilità, l’innovazione, la competizione, e, più in generale, sulla nostra democrazia”.  

 

È dunque necessario anticipare i potenziali problemi ma, soprattutto, evitare interventi regolamentari affrettati. Si potrebbe prendere spunto, sottolinea la Kroes, da quanto stabilito nel 2005 dalla FCC, che ha fissato 4 principi per preservare la natura ‘aperta’ di internet. I consumatori, secondo questi principi, devono poter accedere a qualsiasi contenuto legale di loro scelta, poter usare qualsiasi applicazione e servizio, connettersi a qualsiasi dispositivo e avere a disposizione un’ampia scelta di servizi e applicazioni concorrenziali. La FCC vorrebbe ora introdurre due nuovi principi: quello della trasparenza e quello della non-discriminazione.

 

La Kroes ha affermato di “sottoscrivere in pieno i primi 4 principi e il concetto di trasparenza”, ma di avere qualche dubbio sulla ‘non-discriminazione’, un argomento che andrebbe attentamente approfondito prima di qualsiasi intervento regolamentare.

 

Il nuovo quadro regolatorio adottato nella Ue alla fine dello scorso anno prevede che le autorità nazionali promuovano “la possibilità per gli utenti di accedere e distribuire informazioni o applicazioni di loro scelta” e stabiliscano un limite minimo di qualità del servizio, per garantire che l’uso di sistemi di gestione del traffico e l’eventuale priorità a determinati contenuti non degradi i servizi di operatori non commerciali o dei new entrant.

Il frame work europeo dà infine molta importanza alla trasparenza, dal momento che spesso i consumatori si sentono frustrati da promesse non mantenute, come quelle relative alla velocità dei collegamenti, che spesso non corrispondono a quanto stabilito nel contratto di abbonamento.

 

La Kroes ha quindi annunciato il lancio, prima dell’estate, di una consultazione pubblica per fare il punto sui progressi del dibattito sulla neutralità della rete, sottolineando che i principi da cui non si potrà prescindere in un’eventuale nuova legislazione saranno la libertà di espressione, la trasparenza, la necessità di non ostacolare gli investimenti nelle reti di nuova generazione e di garantire una concorrenza leale tra i vari attori del mercato.