NGN: in Europa il vento della banda larga cambia velocità. E in Italia?

di di Francesco Vatalaro (Professore ordinario di Telecomunicazioni, Università Tor Vergata - Roma) |

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Pubblichiamo il contributo del Prof Francesco Vatalaro, Professore Ordinario di Telecomunicazioni alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Roma “Tor Vergata”, per il Convegno MIX (Milano – 24.11.2009).

Prima dell’estate il Commissario Ue per la concorrenza Neelie Kroes ha lanciato una consultazione pubblica per meglio chiarire i termini di interpretazione dei Trattati e delle Direttive in materia di aiuti di Stato per la larga banda (LB) e per la ultra larga banda (ULB). Per fissare le idee, pensiamo a LB riferendoci a velocità di circa 1 – 2 Mbit/s e ultra larga banda oltre circa 30 Mbit/s (in alcuni documenti Ue si trova 40 Mbit/s nel verso downstream e 15 Mbit/s nel verso upstream). 

 

Seguono le “Broadband Guidelines” (BBG)[1] che vengono pubblicate in settembre 2009 e introducono il concetto di “aree bianche NGA” (Next Generation Access), chiarendo esplicitamente che anche per le aree urbane di più piccole dimensioni, in cui non emerga la propensione a realizzare le reti ottiche da parte di alcun operatore, sia possibile ricorrere ad interventi e agevolazioni pubbliche, pur nel rispetto delle ben note regole per non creare distorsioni della concorrenza con aiuti di Stato.[2] 

Secondo le BBG i finanziamenti pubblici sulle NGA mirano ad ovviare ad un fallimento del mercato o a conseguire obiettivi di coesione. Se per la LB gli aiuti di Stato riguardano prevalentemente aree e comunità rurali (scarsa densità abitativa e conseguente costo elevato degli investimenti) o aree economicamente arretrate (scarsa capacità o propensione del cliente al pagamento per sistemi e servizi ICT), nel caso delle reti NGA per la ULB si sostiene che la natura economica di queste reti è tale da scoraggiarne l’installazione non solo nelle zone scarsamente popolate ma anche in alcune aree urbane. 

 

In queste ultime l’installazione rapida e diffusa delle reti NGA è ostacolata soprattutto dall’incertezza dei tempi di ritorno degli investimenti più che dalla scarsa densità abitativa che, nelle aree rurali e disagiate, determina la quasi certezza dell’assenza di ritorno e quindi la necessità per lo Stato di anteporre le motivazioni sociali a quelle economiche per decidere se investire per lo sviluppo delle reti. Con le BBG si riconosce dunque che gli Stati membri possono desiderare di incentivare lo sviluppo di reti NGA in aree dove occorrerebbe attendere diversi anni prima che gli operatori di rete esistenti si decidano ad investire, dal momento che considerano le suddette aree meno attraenti di altre aree urbane maggiori.

In alcuni casi, per stimolare l’occupazione e creare nuove opportunità economiche in tempi brevi, gli Stati membri potrebbero decidere di investire direttamente o di finanziare operatori privati affinché rendano disponibili connessioni NGA. 

 

Conviene forse precisare che sono possibili interventi di facilitazione anche nelle “aree nere NGA”, ma non di natura direttamente finanziaria (sia pure importanti per la riduzione dei costi e per il miglioramento delle condizioni di profittabilità dei piani di business di chi intenda investire). Nelle aree in cui si può prevedere a breve l’investimento degli operatori gli Stati membri, infatti, possono sia agevolare il processo di acquisizione dei diritti di passaggio che imporre agli operatori di coordinare i lavori civili e/o condividere parte delle infrastrutture. 

Gli Stati membri possono inoltre decidere di posare le reti ottiche in occasione della realizzazione di nuove infrastrutture (tra cui le reti di teleriscaldamento, idriche, energetiche, di trasporto, e fognarie) e dei nuovi edifici. Sono cioè ammessi gli interventi pubblici volti a creare i prerequisiti necessari affinché i gestori dei servizi possano sviluppare le proprie infrastrutture (esecuzione di scavi in aree del demanio pubblico, posa di tubazioni, etc.). 

 

Tutto questo, almeno formalmente, in Italia esiste già con la Legge 6 agosto 2008, n. 133. Ma, purtroppo, la sua applicazione nelle realtà locali spesso è resa difficile o, addirittura, praticamente impossibile dai regolamenti comunali. In ogni caso, le modifiche da apportare alle regole previste oggi per gli scavi seguono iter burocratici assai lenti e non privi di ostacoli. Quelle a cui  ci si riferisce sopra, sono però, appunto, “aree nere NGA” ove nessun aiuto di Stato diretto a soggetti economici è ammissibile perché potrebbe produrre distorsione del mercato.

 

Ma chiariamo meglio  le definizioni. Ai fini della valutazione degli aiuti di Stato a sostegno delle reti NGA, sono ritenute “aree bianche NGA” le aree temporaneamente sprovviste di reti di questo tipo e nelle quali è improbabile che, in un futuro prossimo (5 anni), investitori privati provvederanno a svilupparle e renderle pienamente operative. 

Viceversa si considerano “aree nere NGA” quelle in cui sono già presenti reti NGA o verranno sviluppate nei successivi 5 anni.[3]

 

Facciamo una digressione. In Italia appena il 12% della popolazione (circa 7 milioni) vive in centri urbani con più di 500.000 abitanti, mentre il 55% della popolazione abita in centri con meno di 30.000 abitanti e ben 19 milioni di cittadini risiedono in comuni con meno di 10.000 abitanti. Se e quando si farà un’accurata indagine di mercato volta a definire le aree bianche / grigie / nere NGA, si potrebbe scoprire che, senza intervento pubblico, molti tra i comuni con meno di 25-30 mila abitanti non potranno avere l’allacciamento NGA in tempi ragionevoli (5-7 anni) e a maggior ragione questo sarà vero per quasi tutti quelli con meno di 10 mila abitanti anche se, da un lato, in queste realtà operano piccole e medie industrie che rappresentano una forza vitale del Paese e se, dall’altro, i programmi di eGovernment dovranno necessariamente essere resi a tutti i cittadini. 

Tra queste località ci sono città importanti, anche numerosi capoluoghi di provincia, molte aree turistiche del Centro-sud e anche distretti industriali nel Nord del Paese.

 

La Francia è stata tra i primi paesi a regolare le vele approfittando del cambio di vento in Europa.Il 30 settembre 2009 la Commissione  europea approva il finanziamento pubblico del valore di 59 milioni di euro per un progetto ULB nel dipartimento francese dell’Alta Senna (la regione di Parigi) per la costruzione e la gestione di una rete pubblica ULB in tutto il dipartimento. Con questa rete, tutti gli operatori di comunicazione elettronica saranno in grado di offrire servizi a tutti i cittadini, imprese e istituzioni pubbliche nella regione a condizioni trasparenti e non discriminatorie. La rete sarà affidata in concessione per la durata di 25 anni. La Commissione ha esaminato il progetto, lo ha giudicato di pubblico interesse e, nel rispetto delle regole stabilite dalla Corte di giustizia con il famoso ‘caso Altmark’, lo ha perciò approvato. 

Rilevante il commento del Commissario europeo sulla concorrenza Kroes che ha dichiarato: “In sei anni il progetto francese consentirà di sviluppare una rete passiva a velocità molto alta, neutrale nella regione dell’Alta Senna, offrendo a tutti gli operatori un accesso efficace e non discriminatorio. In questo modo si stimolerà ulteriormente la concorrenza e la fornitura di nuovi servizi innovativi, con beneficio per tutti coloro che vivono in questa regione”.[4]

 

Ma non è tutto qui: c’è molto di più. La Francia vuole volare con il vento della LB e della ULB. Nei giorni scorsi si è avuto l’annuncio di un imminente intervento diretto del Governo francese di grande portata a livello nazionale. Negli anni passati il regolatore Arcep ha tentato a lungo una mediazione tra operatori per trovare forme consortili tra i tre soggetti principali, Free, SFR e France Télécom, ma non sembra avere conseguito lo scopo. Il quotidiano ‘Le Figaro’ il 13 novembre 2009 titola: «Fibre optique: l’État jouera un rôle phare». Sembra ragionevole ipotizzare che il Governo, ritenuta fallita la mediazione (Arcep è semi-governativa), possa avere deciso di prendere direttamente in mano il problema con delle misure che dovrebbero essere confermate attraverso un Piano di cui è previsto l’annuncio entro dicembre 2009. 

In sintesi, il governo avrebbe previsto di investire 4 miliardi di euro:  il denaro sarà usato per l’ULB ottico nelle città medio-piccole e non solo nelle aree rurali, quindi con obiettivo di velocità ben maggiore dei classici “1-2 megabit/s per tutti” ossia di realizzare il servizio universale LB. Inoltre, non si farebbe più la società consortile su cui ha lavorato Arcep; ciò è ritenuto una vittoria di FT che si candida perciò ad accogliere la gran parte dei finanziamenti pubblici, senza dover sottostare ad accordi con i competitor.

È abbastanza ben conosciuto il caso della Finlandia che nelle ultime settimane è a più riprese comparso sulla stampa italiana. In ottobre la Finlandia decide di rendere disponibile 1 Mbit/s entro il 2010 all’intera popolazione (molto dispersa nel territorio) e la ULB, sempre estesa all’intero Paese (con fibra o wireless), entro il 2015. Il bit-rate di 1 Mbit/s sarà definito servizio universale (senza però usare alcun finanziamento pubblico). Ogni carrier potrà decidere la tecnologia che intende utilizzare e il prezzo al cliente finale  dovrà essere ragionevole per tutti. Entro la fine del 2015 quasi tutte le residenze permanenti dovranno distare meno di due chilometri da una centrale d’utente servita in fibra ottica così da consentire connessioni a 100 Mbit/s. Ogni consumatore potrà acquistare a proprie spese la connessione ULB d’abbonato. Nelle aree urbane gli operatori di TLC realizzeranno i collegamenti ad alta velocità sulla base delle leggi di mercato. In questo modo si prevede di ottenere una copertura di circa il 95% della popolazione (la Finlandia ha meno di 6 milioni di abitanti, quindi la popolazione è circa un decimo di quella italiana).  Per conseguire l’estensione della copertura al 99% sarà in parte necessario sovvenzionare i collegamenti ad alta velocità (circa 120 mila nuclei familiari abitano in zone rurali). Gli aiuti pubblici saranno forniti dallo Stato, dai comuni e dalla UE.

I costi del progetto ammontano a circa 200 milioni di euro, di cui gli operatori di TLC sosterranno almeno un terzo (ossia circa 130 milioni graveranno su fondi pubblici).Un decreto del ministero finlandese dei Trasporti e delle Comunicazioni stabilisce che entro la fine del 2009 l’Autorità di regolamentazione dovrà determinare quali sono gli operatori di TLC in capo ai quali verrà imposto l’obbligo di servizio universale. I service provider potranno decidere liberamente la tecnologia che intendono utilizzare per l’erogazione del servizio.

 

Nelle ultime settimane giungono notizie anche dalla Spagna.
In Spagna il Ministro dell’industria Sebastian, ha dichiarato qualche giorno fa che entro il 2011 la larga banda a 1 Mbit/s diventerà servizio universale e come tale deve essere resa disponibili a tutti a prezzo fisso.  Il regolatore spagnolo CMT avrà il compito di stabilire le regole contrattuali sulla base delle quali ogni cittadino avrà a disposizione l’accesso a banda larga come già avviene per la telefonia. La Spagna presenta vaste zone rurali e questo obiettivo può essere raggiunto grazie alle tecnologie wireless UMTS/HSPA, WiMAX e LTE. 

 

In Germania è stato messo a punto un piano che prevede di portare 50 Mbit/s al 75% delle abitazioni entro il 2014. In Inghilterra, invece, nel discorso della Corona della scorsa settimana non è stata ripresa la necessità di imporre la larga banda come servizio universale ed è stato annunciato il rinvio della tassa di £ 6 per tutti che doveva servire per finanziare il piano per la larga banda: tuttavia la tassa dovrebbe scattare l’anno prossimo. Per ragioni di tempo non mi soffermo su altri casi, che però indicano analoghi orientamenti, quali quelli del Portogallo, della Slovenia e, fuori dalla Ue, della Svizzera

 

In conclusione molti Paesi europei, oltre ad orientarsi a definire la banda larga come servizio universale, oggi iniziano ad investire nella ULB, nel rispetto delle regole chiarite per mezzo delle BBG del  Commissario Kroes. Sempre senza allontanarsi da casi europei, conviene segnalare che in Finlandia e in Olanda già oggi comincia a diminuire il numero delle connessioni DSL, sostituite da quelle in fibra. È questo un fenomeno che già da qualche anno si verifica in Giappone e in altre realtà dell’Estremo oriente. Vuol dire che, dove c’è, la ULB viene preferita dal cittadino.

 

In Italia, se, come auspicabile, partirà il Piano Romani di 1470 milioni (di cui 800 già previsti a carico dello Stato con la Legge 18 giugno 2009, n. 69,  e dei quali si attende l’approvazione CIPE forse entro l’anno), sarà bene tenere conto dei più recenti orientamenti europei. Le risorse, oltre che come previsto per il servizio universale a larga banda, ancor più profittevolmente per il sistema Paese dovrebbero indirizzarsi anche alla ULB in città di dimensioni medio-piccole e in distretti turistici e industriali in cui l’effetto di traino delle tecnologie ICT potrà determinare la partenza di nuove iniziative economiche e il salvataggio di imprese e posti di lavoro messi a rischio dalla crisi economica in atto. 

Un intervento secondo una tale logica economica, oggi sicuramente lecito sulla base dei recenti chiarimenti della normativa europea, potrebbe determinare un effetto leva – coinvestimento degli operatori, intervento delle Regioni, investimenti privati – ben maggiore di quello, invero di entità assai conservativa (soli 670 milioni, pari a un fattore leva 1,8), ipotizzato nell’attuale piano del Governo italiano.

 

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[1] “Orientamenti comunitari relativi all’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga”,  vedi sito

   

[2] Ricordiamo le principali regole: eseguire accurate analisi del mercato, lanciare gare d’appalto e attuare procedure aperte, scegliere l’offerta più economica, adeguarsi al principio della neutralità tecnologica, riusare ove possibile le infrastrutture esistenti, imporre l’obbligo dell’accesso all’ingrosso e prevedere meccanismi di recupero per evitare le sovra compensazioni.

  

[3] In analogia a quanto previsto in generale, si ha anche il caso intermedio di aree grigie NGA.

   

[4] “In six years’ time the French project will have made it possible to roll out a very high-speed, neutral and passive network in Hauts-de-Seine while offering all operators effective, non-discriminatory access. This will further stimulate competition and the provision of new innovative services, thus benefiting all those living in this department”.