Stati Generali del Cinema: promozione nelle sale e all’estero. Confronto su FUS, digitale e mancanza di una legge di sistema

di Flavio Fabbri |

Italia


Stati Generali del Cinema Italiano

Anche quest’anno prendono il via all’interno del Festival Internazionale del Film di Roma i consueti incontri degli Stati Generali del Cinema italiano. La prima giornata è stata dedicata alla ‘Promozione del Cinema’, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale, con particolare attenzione al ruolo delle Film Commission, delle associazioni di categoria, degli enti territoriali e alle alterne vicende relative al Fondo unico dello spettacolo (FUS).

 

Uno sguardo da vicino al panorama dell’industria cinematografica e alle prospettive future di sviluppo, accentuato dalla presenza dei professionisti del settore con le loro competenze in materia di promozione delle pellicole e dalle riflessioni sul livello di qualità delle stesse. “C’è il bisogno di coinvolgere, oltre al pubblico, i privati e l’imprenditoria territoriale con le Film Commission nello sviluppo di un mercato cinematografico di livello, sia nazionale che internazionale“, ha detto Gian Luigi Rondi, presidente della Fondazione Cinema per Roma, in apertura degli Stati Generali del Cinema.

Questo perché, un po’ per la crisi economica globale, un po’ per i limiti dimostrati dal nostro cinema negli ultimi quindici anni, “Esiste un problema strutturale, di incremento costante dei costi di produzione – ha affermato Carlo Fuortes, della Fondazione Cinema per Roma – mentre l’economia della cultura ha bisogno di allargare la sua partecipazione anche ai privati, a un vero mercato imprenditoriale, perché ha bisogno di fondi e risorse sempre nuove e non basta più il solo capitale di rischio, come neanche i fondi statali“.

 

Il grande consenso che si è creato in questi anni attorno alla Festa del Cinema prima e al Festival Internazionale del Film negli ultimi due anni, lascia ben sperare in un mercato cinematografico non del tutto condannato ad un basso profilo. Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, nel suo saluto alla manifestazione ha ricordato infatti che: “Il successo registrato, già in questi primi giorni di proiezioni all’Auditorium, è la riprova di quanto Roma ami il cinema e di quanto il cinema sia un fattore di crescita culturale e sociale irrinunciabile per l’amministrazione capitolina“. “Ovviamente – ha proseguito Alemanno – ciò non significa che i problemi non esistono e sono tre gli aspetti da tenere presenti: visibilità sul mercato nazionale e internazionale, coinvolgimento di nuovi protagonisti della filiera nelle decisioni importanti e radicamento nelle città“.

 

Tre elementi chiave che, nel corso della mattinata moderata da Raffaele Barberio di Key4biz, hanno trovato ulteriori momenti di riflessione, pur non togliendo spazio al tema probabilmente più importante e che negli ultimi tempi ha inevitabilmente tenuto banco nelle discussioni parlamentari e sui giornali: “Non dobbiamo pensare al FUS come unica fonte di approvvigionamento del comparto cinematografico italiano – ha aggiunto infine il sindaco di Roma – ma come volano per attrarre gli investimenti privati, attraverso meccanismi di ripartizione delle risorse più trasparenti e razionali, pensando al film non solo come opera, ma anche come prodotto da inserire e valorizzare sul mercato“.

 

Se il FUS non è l’unica fonte di sostentamento lo si deve all’impegno degli enti locali e territoriali, ma per far fronte alle insidie del mercato e delle sue crisi strutturali serve un nuovo modo di pensare al cinema, rivolgendosi ai privati e basandosi su progetti concreti e di lungo periodo: “Gli enti locali per ogni euro speso dal FUS ne investono altri quattro – ha spiegato Giulia Rodano della Regione Lazio – questo per dire che i fondi statali non bastano a fronteggiare l’emorragia finanziaria in atto e se non si pensano al più presto delle infrastrutture culturali adeguate al pericolo, il cinema rischia il tracollo economico già nel prossimo anno“. Sullo stesso tono anche l’intervento di Cecilia D’Elia della Provincia di Roma: “Il cinema ha una forte legittimità sociale, oltre che una valenza culturale ed economica e la mancanza di politiche di sostegno ad ampio respiro rischiano di condannare l’intero comparto al collasso. C’è bisogno di rilanciare una stagione di riforme concrete, basate sulla formazione professionale e il sostegno alle imprese, dando agli enti locali gli strumenti idonei per gestire gli investimenti pubblici, più mirati alla qualità e alle effettive esigenze progettuali“.

 

E di FUS se ne è parlato in modo più approfondito con gli addetti ai lavori, cioè gli autori e i produttori, cercando di coinvolgere l’intera filiera del cinema. Secondo Stefano Rulli dei Centoautori: “I 60 milioni reintegrati nel FUS sono insufficienti a garantire la sopravvivenza dell’intero comparto e gli stessi criteri di distribuzione delle risorse sono da rivedere, perché vanno a penalizzare alcuni settori piuttosto che altri. Attualmente tali fondi sono legati a scelte arbitrarie che derivano dalla politica, mentre servirebbe un modello di gestione più orizzontale, che responsabilizzi da vicino tutti gli attori della filiera“. Proposte quindi e non solo gridi di allarme, che Emidio Greco dell’ANAC stigmatizza confrontando il mercato italiano con quello d’oltralpe: “L’Italia investe appena un decimo dei fondi destinati dalla Francia al comparto cinematografico nazionale e questo deve dare la misura del pericolo che il nostro mercato sta correndo. Servono misure più concrete, anche dando spazio ai privati, chiedendo al Parlamento una legge di riforma del settore tesa a far nascere una nuova struttura in grado di guidare il cinema italiano fuori dalla crisi e di misurarsi con i mercati internazionali“.

 

Ma quali sono i tempi? Sarà in grado l’industria del cinema di dotarsi degli strumenti necessari al suo rilancio a livello nazionale e mondiale? Per Riccardo Tozzi dell’ANICA non ancora. Le riforme di cui il cinema ha bisogno passano per alcuni punti centrali e irrinunciabili: “Coinvolgere sempre di più le Regioni, abbassare l’Iva all’interno della filiera del cinema al 4% e destinare il differenziale al finanziamento dell’industria cinematografica nazionale; ripensare il contributo diretto attraverso il Fondo Unico per lo Spettacolo e limitarlo alle opere prime e seconde, alle strutture pubbliche, ai grandi eventi culturali come i Festival nazionali e internazionali, senza dimenticare la promozione; costituire un centro nazionale per il cinema che gestisca in maniera sia automatica che selettiva i fondi ricavati dall’abbattimento dell’Iva e rendere strutturali i provvedimenti di agevolazione fiscale come Tax credit e Tax shelter“.

 

Ma il cinema, nella sua dimensione distributiva, sembra essere afflitto anche da altri problemi di diversa natura, come ad esempio il fiorire dei multiplex ai danni delle sale urbane. Ad attirare l’attenzione su questo punto è stato Umberto Croppi, Assessore alle politiche culturali e alla comunicazione del Comune di Roma, per il quale: “E’ sotto gli occhi di tutti il processo di estinzione a cui sono sottoposte le sale urbane. Luoghi in cui il cinema di qualità ha sempre trovato il suo pubblico, un pubblico adulto, maturo, che non si riversa nei multisala“. “Per fronteggiare tale fenomeno – ha spiegato Croppi – c’è bisogno di una politica nuova nell’assegnazione delle destinazioni d’uso commerciali, più sensibile alle esigente degli esercenti che vogliono mantenere il proprio cinema rionale, attivo e con una forte connotazione identitaria. In questo anche gli enti locali e le Film Commission possono dare il loro contributo, con proposte concrete e piani di promozione più ragionati dei prodotti cinematografici“.

 

Sulla promozione del cinema in sala è poi intervenuta Cristina Loglio, presentando il progetto ‘Schermi di qualità’, un’iniziativa che ha visto il sostegno del MiBAC e promossa dall’Agis di concerto con l’Anec (Associazione esercenti cinema), la Fice (Federazione cinema d’essai) e l’Acec (Associazione cattolica esercenti cinema): “Progetto che ha l’obiettivo concreto di valorizzare la promozione e la diffusione della produzione cinematografica italiana ed europea di elevato livello artistico e qualitativo e che in questi 6 anni ha visto crescere le adesioni a 791 schermi, di cui la maggior parte proprio nella Regione Lazio“. Una moltiplicazione degli schermi cinematografici a cui si affianca anche quella delle altre piattaforme tecnologiche, come la televisione digitale terrestre, il satellite, Internet e la rete mobile, riflesso anche di un consumo del prodotto sempre più frammentato e personalizzato da parte dell’utente: “In questo contesto – ha affermato Giandomenico Celata dell’Università di Roma Sapienza – le sale cinematografiche devono caratterizzarsi sempre più come luoghi specifici di intrattenimento e di qualità, proponendosi come spazio in cui il film costruisce il suo valore di utilità e si capitalizza lungo tutta la catena del valore“. “La moltiplicazione degli schermi – ha spiegato Celata – non deve di per se costituire un pericolo, ma anzi uno stimolo e un’occasione per la promozione del prodotto cinematografico, legato però ad un’offerta di qualità e di intrattenimento superiore agli altri schermi, mentre per altro verso c’è bisogno anche di un ridimensionamento del prelievo SIAE e dell’Iva, con ritorni di investimento maggiori lungo tutta la filiera“.

 

Anche in Europa non mancano esempi di politiche attente alla promozione cinematografica che abbia come riferimento la sala. Claude-Eric Poiroux di Europa Cinemas ha infatti ribadito la centralità degli schermi di qualità nel sostegno al cinema francese ed europeo: “Oggi il 58% delle sale europee aderisce al nostro progetto e alle indicazioni del programma MEDIA per definire una programmazione cinematografica di qualità in tutti i Paesi membri, ma ciò che deve preoccupare non è tanto la concorrenza tra piattaforme, quanto la pirateria multimediale che danneggia il cinema in modo molto più serio“. Un aspetto questo a cui è stato dato ampio spazio in una delle giornate degli Stati Generali del Cinema dello scorso anno e che rientra in un più ampio problema che è quello del consumo immediato dei prodotti video e cinematografici da parte di un pubblico per lo più giovane o adolescente. Per Andrea Occhipinti della Lucky Red: “Il consumismo, come recente ispirazione del mercato e come atteggiamento diffuso nel pubblico, lo si ritrova anche nei tempi sempre più ristretti delle promozioni cinematografiche. Ad esempio i trailer, i cui tempi di esposizione ai media non arrivano neanche a un mese, rientrando in quel processo maligno di fagocitazione dei prodotti di qualità e delle loro proprietà culturali e sociali“. Ovviamente non tutte le nuove piattaforme di consumo cinematografico vengono per nuocere e lo stresso Rulli vi è ritornato sopra sottolineando “Il ruolo importante dei nuovi schermi per la promozione del cinema e dei suoi prodotti di qualità“. Posizione che invece non ha trovato d’accordo Tozzi, che ha visto nelle tecnologie digitali una causa della frammentazione del pubblico e delle abitudini di consumo: “Spostando ulteriormente il pubblico verso i multiplex e danneggiando le sale urbane, che per composizione anagrafica degli spettatori sono sempre più vecchie e fuori dalle logiche del mercato corrente”.

 

Un cinema di qualità quindi, che deve recuperare i suoi ritmi e i suoi tempi, difendendo le sue sale, luoghi di valorizzazione del film, e riprendendo il discorso delle riforme strutturali nel settore. Per Paolo Protti dell’ANEC: “Serve una policy che fornisca strumenti in grado di sostenere l’industria del cinema, già vessata da vincoli normativi ed economici, incrementando il numero delle sale sul territorio“. Un aspetto, quello delle riforme e della legge di sistema, che torna anche nell’intervento di Luca Barbareschi, Vice Presidente della Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati, che oltre ad essersi impegnato in prima persona per il reintegro del FUS di ben 60 milioni di euro, vede nel film non solo un bene culturale e sociale, ma anche un prodotto industriale da valorizzare: “Il film è un bene, frutto di professionalità, di creatività, di fantasia, di cultura, ma anche di volontà imprenditoriale, di visione strategica di mercato; se non si capisce questo il nostro cinema non riuscirà mai ad inserirsi nei grandi circuiti internazionali. Lo stesso FUS deve essere rivisto nelle dinamiche di distribuzione delle risorse finanziarie, premiando quei progetti che favoriscono la qualità, ma allo stesso tempo guardano al prodotto in maniera virtuosa“.

 

Il successo del cinema italiano all’ estero non si discute e non si contano i premi e i riconoscimenti ottenuti negli ultimi cinquant’ anni in tutto il mondo. Se però ci spostiamo di visuale all’ultimo ventennio, vediamo che le cose sono ormai cambiate e non troviamo moltissimi film italiani che hanno veramente sfondato sul mercato internazionale. I motivi sono stati affrontati nel panel dedicato alla promozione del cinema italiano all’estero, dove istituzioni ed enti pubblici hanno cercato di riflettere sui modi e gli strumenti necessari per un rilancio del settore nel breve periodo. Per Roberto Cicutto di Cinecittà Luce: “La presenza del cinema italiano nei festival e nelle rassegne internazionali è in costante aumento e questa di per se è una risorsa a disposizione dei produttori. La prossima settimana a New York prenderà il via una grande rassegna sul cinema Neorealista italiano e un nuovo progetto ci attende all’EXPO 2010 di Shanghai“. “Oltre alla promozione diretta e ai fondi del FUS – ha spiegato Cicutto – dovremmo imparare dai francesi ancora una volta, ad impegnarci in nuove attività all’estero, coinvolgendo altri Paesi in progetti di reciprocità nella promozione dei prodotti cinematografici, cercando di sperimentare fund raising tra Stati e strutture equivalenti“. Esempi pratici li ha portati Francesco Gesualdi, della Fondazione Rossellini per l’Audiovisivo, con le nuove partnership avviate in Marocco e in Arabia Saudita: “Dove con il sostegno di Cinecittà Luce siamo riusciti a costruire una scuola per il cinema e l’audiovisivo e a creare una rete di distribuzione di tali prodotti per tutta l’area del Mediterraneo e del Medio Oriente, sostenendo altri mercati in chiave di reciprocità“. A proposito di Festival e rassegne, anche Paola Corvino dell’UNEFA, l’unione degli esportatori del cinema e dei prodotti audiovisivi italiani, ha espresso l’auspicio di vedere “I film italiani girare non solo nei circuiti dei soliti festival blasonati, ma anche attraverso quelle rassegne che hanno nelle macroaree dei riferimento di mercato“. “Un passo importante in tema di promozione – ha suggerito Corvino – anche considerando che, rispetto agli altri cinema, il nostro mercato è penalizzato fortemente dalla sua parziale se non assente digitalizzazione e dai costi per la sottotitolazione“.

 

Scenari nuovi e pieni di prospettive internazionali, che però fanno fatica ad emergere anche per la mancanza di strutture di appoggio, che per Michele Lo Foco, un professionista del settore, limitano pesantemente la promozione del nostro cinema: “Avevamo Italia Cinema, che con il sostegno di diversi ministeri, della Rai, degli autori e degli enti dello spettacolo, ha determinato una grande fase di crescita del settore negli anni passati e questa ancora oggi rimane l’unica strada da percorrere per un rilancio del cinema italiano“. Ancora stato quindi e politiche di sostegno al settore che, con le parole di Franco Montini dell’Associazione Made in Italy, si riassumono in “Continuità istituzionale nella gestione della produzione, della distribuzione e della promozione, sia in Italia, sia all’estero, uscendo anche all’esterno dei circuiti festivalieri e cercando di inserirsi in mercati nuovi, attraverso le partnership e gli accordi di natura istituzionale“.

 

Una necessità e un auspicio per tutto il settore cinematografico, che nelle conclusioni della prima giornata degli Stati Generali del Cinema, affidate a Gaetano Blandini, direttore generale per il cinema del MiBAC, vedono un invito esplicito per produttori, distributori, esercenti ed esportatori: “Ad unirsi in un progetto nuovo per il cinema, in grado di rilanciare il comparto e di spingere il Parlamento verso una grande stagione di riforme e a varare quella legge di sistema che il cinema italiano tanto attende“. “Il FUS è una questione politica e questo crea attrito tra le parti – ha affermato Blandini – ma senza una legge di sistema tutte le potenzialità del nostro cinema e le opportunità di mercato che sono a portata di mano potrebbero svanire definitivamente da qui a poco tempo“. Un invito serio al dialogo quindi e ad una politica del fare, fuori da ogni steccato ideologico, per il bene del cinema e di tutti noi spettatori.

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