Web 2.0: è giusto o no usare Facebook, messenger & Co a lavoro? Per le PMI lecito, ma per non più di 20 minuti

di Alessandra Talarico |

Italia


Facebook

Non più di 20 minuti al giorno sui social network. I dipendenti delle piccole e medie imprese italiane sono avvisati: i loro boss non sembrano disposti a concedere di più, a conferma del trend ‘protezionistico’ delle PMI nei confronti del Web 2.0. Secondo uno studio commissionato da Trend Micro all’Istituto indipendente A&F Research, i responsabili del personale sono favorevoli all’uso di strumenti tecnologici avanzati, ma non tollerano l’uso eccessivo di internet a fini personali.

Ben vengano, dunque, smartphone, palmari, netbook e quant’altro, strumenti che consentono di portarsi il lavoro a casa, ma passare troppo tempo su Facebook distrae e mette a rischio la sicurezza dei dati aziendali.

 

Non una vera e propria ‘censura’, comunque, perché le aziende si sono dimostrate generalmente favorevoli a un uso ‘moderato’ della rete per motivi non strettamente professionali: il 68%, infatti,  ritiene accettabile un utilizzo non superiore ai 20 minuti al giorno.  

Molte aziende, di fatto, hanno già messo in atto alcune misure restrittive per evitare che i dipendenti visitino siti pornografici, di scommesse o di incontri personali. Altre, soprattutto quelle più piccole hanno manifestato l’intenzione di ricorrere in futuro a misure di “censura” anche per i social network, attualmente meno diffuse.

 

La volontà di azioni restrittive nei confronti delle reti sociali è strettamente connessa ai problemi di sicurezza: le aziende sono già alle prese con lo spam che sovraccarica e rallenta le reti, a ciò si aggiungono i virus e la sottrazione di dati aziendali ad opera di cybercrime o per il furto di pc portatili e smartphone aziendali.  

“Gli utenti – sottolinea Trend Micro – devono essere più coscienti dell’importanza dei dati personali e acquisire una maggiore dimestichezza con i controlli della privacy disponibili sui siti di social e professional networking, utilizzandoli maggiormente”.

La società consiglia ad esempio di evitare di rispondere a questionari tipo “25 cose che mi riguardano” e di postarli sul proprio profilo e suggerisce di non condividere troppi particolari personali quali l’indirizzo privato o il nickname.

Basta porsi semplicemente questa domanda: “se un estraneo mi telefonasse chiedendomi questo tipo di informazione, gliela fornirei?”. Se la risposta è “no”, evitate di farlo anche online.

 

La chiave, insomma, sta come sempre non nella tecnologia in sé, ma nell’uso che se ne fa.

 

Sul posto di lavoro, in particolare, molte tecnologie – come i sistemi di messaggistica istantanea – permettono di cooperare in maniera più attiva con i colleghi: molti li usano per verificare se questi sono occupati prima di interromperli in maniera più intrusiva o per chiedere chiarimenti rapidi su un determinato argomento invece che intavolare una più lunga e impegnativa conversazione faccia a faccia.

 

La similarità tra sistemi IM, un tempo invisi alla maggior parte delle aziende, e le email ha infine accelerato lo sdoganamento di questi strumenti di conversazione ‘istantanea’, che si voleva inizialmente relegare più che altro a una moda per ragazzini incapaci di comunicare faccia a faccia.

Si è sempre pensato, inoltre, che i sistemi di messaging istantaneo causassero un aumento delle distrazioni e una notevole perdita di produttività sul posto di lavoro, per il fatto che vengono utilizzati in aggiunta a telefono, conversazioni faccia a faccia e posta elettronica.

 

Ma così non è, secondo R. Kelly Garrett –  docente di comunicazione presso la Ohio State University – che ha dimostrato l’inesattezza di questa tesi, ribaltandola.

 “Abbiamo riscontrato – ha spiegato Garrett – che l’effetto dei sistemi IM è positivo e porta vantaggi in ambiti in cui molti temevano potesse essere deleterio: le persone che li utilizzano ritengono di subire meno interruzioni”.

 

L’Instant messaging, insomma, dà libertà di gestire in maniera ottimale come e quando comunicare con i colleghi, informandoli sul proprio stato (libero o occupato), rimandando le eventuali risposte al momento più opportuno o – dal momento che è socialmente accettabile – cassando le conversazioni maggiormente invasive.

 

Non è così, evidentemente per i social network, che offrono sicuramente più distrazioni di un messenger qualsiasi.

A sostegno dell’uso di Facebook & Co. al lavoro, uno studio della University of Melbourne secondo cui dedicare il 20% del proprio tempo lavorativo a Facebook e Twitter non solo aiuta a riposare la mente, ma aumenta la propria concentrazione e produttività di circa il 9%.

 

I social network, secondo l’autore dello studio Brent Coker, non sono altro che questo: distrazione, scambio di pensieri e la tendenza a perseguire i propri piacevoli diversivi. Il miglior modo per rilassarsi un momento per poi ripartire col lavoro.