Privacy: troppi gli abusi legati al marketing comportamentale. Associazioni Usa stilano guidelines per un’adeguata legislazione

di Alessandra Talarico |

Stati Uniti


Web e privacy

Una coalizione formata da una decina di organizzazioni americane ha messo a punto una serie di raccomandazioni per ribadire la necessità di tutelare la privacy degli utenti di fronte alla veloce avanzata del cosiddetto ‘marketing comportamentale’ che traccia e analizza i movimenti degli internauti per estrapolare informazioni atte a creare spot calibrati sulle loro abitudini.

 

Dal momento che sempre più utenti vanno su internet per compiere un numero crescente di operazioni (dall’acquisto di beni e servizi a operazioni bancarie), la coalizione – che include Electronic Frontier Foundation , Consumers Union e Privacy Rights Clearinghouse – sottolinea l’urgenza di prendere le adeguate misure per proteggere la privacy dei consumatori.

“Vogliamo che i consumatori siano in grado di approfittare di tutte le nuove tecnologie, senza che però le tecnologie approfittino della loro buona fede, cosa che al momento non avviene”, ha spiegato Pam Dixon di World Privacy Forum.

“Ci piace il mondo digitale in cui ci siamo spostati, ma non per questo ci piace vedere i diritti dei consumatori in versione ridotta”, ha aggiunto.

 

Gli abusi, sottolinea ancora la Dixon, sono evidenti: migliaia di consumatori si sono ritrovati in mailing list senza il loro consenso solo per aver risposto alle domande di quello che magari veniva presentato come un innocente quiz. Molti di questi pseudo-quiz chiedono tra l’altro approfondite informazioni sanitarie.

“Un dottore con in mano quelle informazioni non le rivenderebbe certo a una società di marketing, ma online non c’è alcuna garanzia che questo non accada. Questi non sono solo problemi teorici”, ha sottolineato ancora la Dixon.

 

La coalizione ha redatto una ventina di raccomandazioni sulle quali impostare un’adeguata legislazione a tutela della privacy dei consumatori: tra queste anche una rivolta alla Federal Trade Commission per estendere la definizione di ‘informazione sensibile’, una categoria estremamente sfuggente che dovrebbe includere anche la razza, l’etnia l’attività politica e l’orientamento sessuale. Le informazioni sensibili, sostiene la coalizione, non dovrebbero essere in alcun modo cedute alle società di marketing.

 

Le organizzazioni chiedono anche di fare in modo che i pubblicitari e i siti web siano autorizzati a conservare le informazioni solo per 24 ore, dopo di che devono ricevere il consenso degli utenti a usarle oppure distruggerle.

 

Inoltre, i dati non dovrebbero essere utilizzati per discriminare i consumatori. Susan Grant, della Consumer Federation of America, ha citato il rischio di “speculazione”, in cui a un utente vengono offerti prodotti o servizi a costi più elevati o a condizioni meno favorevoli rispetto ad un altro utente a causa delle informazioni personali reperibili in rete.

 

Si tratta – ha concluso Gail Hillebrand della Consumer Union – “di un’opportunità unica per proporre ai legislatori, ai politici e al pubblico ciò che deve essere fatto per recuperare il ritardo fin qui accumulato”.