Unbundling: Agcom approva l’aumento proposto da Telecom, ma per i competitor a rischio investimenti e innovazione

di Alessandra Talarico |

Italia


Telecom Italia

La Commissione infrastrutture e reti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha approvato la richiesta di aumento del canone di unbundling – il prezzo all’ingrosso pagato dagli operatori concorrenti per usufruire delle infrastrutture di Telecom Italia – rete, cavi dell’ultimo miglio e centraline – e offrire ai clienti servizi propri.

Il canone per il noleggio della linea telefonica (ULL) aumenterà di 85 centesimi a 8,48 euro al mese, con decorrenza dal 1° gennaio 2009 e non da marzo, come aveva annunciato Agcom a dicembre.

L’incremento è tuttavia inferiore sia alla richiesta di Telecom di 1,75 euro, sia alla prima proposta della stessa Autorità che sembrava orientata verso un incremento di 91 centesimi di euro.

 

Approvata anche la riduzione del canone di l’accesso a banda larga all’ingrosso – o bitstream – che costituisce un elemento essenziale per l’ingresso degli operatori nel mercato al dettaglio.

Il canone per l’accesso Adsl, con decorrenza dal 1° gennaio 2008, è stato ridotto di 50 centesimi, da 9 euro a 8,50 euro oltre – precisa l’Autorità – a varie riduzioni dei contributi una tantum che, in alcuni casi, “superano il 50%”.

 

Netta la contrarietà degli operatori alternativi, sui quali ricadranno le decisioni dell’Agcom: in una nota congiunta Fastweb, Vodafone, Tele2, Wind e BT fanno sapere che l’incremento del canone rende sconveniente il ricorso all’unbundling, interrompendo quindi – oltre al processo di apertura del mercato della telefonia fissa portato avanti finora, e con successo, dall’Autorità – anche i “programmi di investimento degli operatori alternativi nelle aree del Paese ad oggi ancora non coperte direttamente”.

 

Una vera e propria “inversione di tendenza”, denunciano le società concorrenti di Telecom sul mercato del fisso, che non solo non prende in considerazione i risultati della consultazione pubblica condotta nei mesi scorsi, ma comporta un “arretramento del livello della concorrenza, innalzando indebitamente i costi degli operatori concorrenti di Telecom Italia e favorendo la creazione di ingiustificati margini di profitto per l’operatore ex-monopolista”.

 

Tra gli altri limiti evidenziati dagli operatori alternativi, anche la possibilità che l’aumento del canone possa scoraggiare gli investimenti nella banda larga di nuova generazione e ridurre significativamente le risorse da impiegare per gli investimenti nella rete.

L’unbundling, secondo gli operatori alternativi, svolge un ruolo centrale per “lo sviluppo della concorrenza nel mercato dell’accesso e della banda larga”. Solo favorendo un accesso equo e paritario alle infrastrutture, insomma, si possono produrre “significativi ed oggettivi benefici per i consumatori in termini di discesa dei prezzi, innovazione e servizi”.

 

I 4 competitor di Telecom sottolineano poi che “la decisione di far decorrere le nuove condizioni dal 1° gennaio 2009 rappresenta una vera peculiarità”, pregiudicando “la possibilità di ripetere sui propri prezzi retail l’incremento subito, creando quindi, un evidente ed oggettivo danno”.

 

Paradossale, aggiungono, “che ciò avvenga a opera di una Autorità di regolamentazione”, che tra l’altro ha anche avallato – a partire da febbraio – l’aumento del canone residenziale di 1,26 euro.